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lunedì 24 dicembre 2018

Una domanda mal posta (ma giustificata)

Oggi mia mamma, riferendosi all'eruzione con successivo tsunami in Indonesia, mi ha chiesto come mai queste catastrofi naturali colpiscono maggiormente i paesi poveri (o comunque non ricchi).
E, a pensarci bene, anche quando colpiscono nei paesi ricchi generalmente colpiscono le parti meno ricche, meno avanzate di questi paesi.

Ora ho sentito tante persone (tra cui quella citata sopra, mia mamma) dire ma che sfiga, Dio ce l'ha coi poveri... i più colti, quelli che hanno letto anche l'Antico Testamento, tirano fuori la storia di Giobbe.
I non credenti poi talvolta (cosa sentita con le mie orecchie) tirano fuori la storia che le zone povere per mancanza di mezzi e/o di cultura non sappiano proteggersi.

Eppure la spiegazione dovrebbe essere palese anche a chi non ha chissà quali studi.

Il problema va ribaltato.
Non è che le catastrofi colpiscano solo o quasi zone povere.
È che le zone sono povere a causa delle catastrofi.

Sono proprio le condizioni naturali che impediscono a determinati territori di svilupparsi.
È logico che in un territorio stabile, dove le catastrofi naturali sono rare, una popolazione ha la possibilità di insediarsi e svilupparsi senza il timore di dover ricominciare tutto daccapo ogni tre per due e quindi, dopo un po', può cominciare a pensare a lungo termine e non solo al sostentamento.
Mentre dove le catastrofi naturali avvengono spesso chi vi si insedia lo fa perché non ha la possibilità di andare altrove e dopo essersi insediato non può andare oltre un certo livello di sviluppo economico, si troverà per forza di cose in una cultura di sostentamento o poco più.

Poi certo il mondo, soprattutto oggi, è complesso e la spiegazione di cui sopra non spiega tutto, rimane un po' troppo semplicistica.
Ma è la spiegazione di base, il punto di partenza da cui poi sviluppare i discorsi più complessi necessari a gestire e capire il mondo d'oggi.
Ma che senza questa spiegazione di partenza non si potrebbero fare.

Saluti,

Mauro.

mercoledì 16 marzo 2011

Sono fusi

In questi giorni, a causa di quello che sta succedendo alla centrale nucleare di Fukushima, tutti i giornali cercano di fornire resoconti "scientifici" degli eventi e delle possibili cause e conseguenze.

Una delle notizie più gettonate è che il nocciolo (cioè il cuore radioattivo) della centrale abbia cominciato a fondersi.
Premettiamo: è molto probabile (oserei dire al 99,9%) che sià così, però per ora l'affermazione è frutto di stime e calcoli, non di osservazione o misurazione diretta.

Il problema è che molti articoli (oserei dire quasi tutti) sia in Italia che in Germania (i due paesi di cui seguo quotidiamente l'informazione) danno la notizia in maniera tale da portare la gente a pensare che nel cuore della centrale di Fukushima si sia innescata una reazione di fusione nucleare.

Assolutamente no. Non è cominciata nessuna fusione nucleare. Né comincerà mai.

La fusione nucleare è fattibile (per limitazioni fisiche ed energetiche) solo con atomi leggeri (l'elemento più pesante finora usato nelle ricerche è il Boro, di peso atomico 10,811 amu, generalmente arrotondato a 11).
La fusione nucleare avviene nel cuore delle stelle e l'uomo finora la ha riprodotta concretamente solo nella bomba all'idrogeno, mentre a livello civile sono in corso le ricerche per poterla usare come fonte di energia (vedasi progetto ITER).

La centrale di Fukushima, come ogni altra centrale al mondo, è una centrale a fissione, cioè lavora con la "rottura" degli atomi e non facendoli fondere. Per questo usa (come le bombe atomiche "classiche") elementi pesanti (come l'uranio, peso atomico 238 nella versione più abbondante, 235 l'isotopo usato nelle centrali, o il plutonio, peso atomico rispettivamente 244 e 239, quindi come vedete 23-24 volte più pesanti dell'elemento più pesante usato per la fusione).

Quindi, dimenticatevi la fusione nucleare.

La fusione di cui si parla è la cosiddetta fusione del nocciolo.
A causa delle altissime temperature raggiunte dal materiale radioattivo dovute al fallimento del sistema di raffreddamento è cominciata una "normalissima" fusione dei materiali che compongono l'involucro del nocciolo, le barre di moderazione ed eventualmente il combustibile stesso.
La stessa fusione - come principio - che vedete nelle acciaierie quando negli altiforni viene fuso il metallo, per esempio.

Il problema in questo caso è quali materiali si fondono: materiali naturalmente radioattivi e materiali naturalmente non radioattivi ma contaminati.
Cosa comporta ciò? Questi materiali ormai fluidi (almeno in parte, e qui è la parte fluida il grosso problema, non quella rimasta solida, sperabilmente maggioritaria) colano nel terreno (più propriamente, percolano) e nelle acque circostanti contaminandole a loro volta.
Il terreno diventa radioattivo (chiaramente in misura molto minore rispetto ai materiali contaminanti di partenza, ma comunque al di sopra di ogni livello di sicurezza) e contamina a sua volta le piante e gli animali che le mangiano e l'acqua pure provocando contaminazione dei pesci.
Quale estensione geografica e quale livello di radioattività può raggiungere questa contaminazione è difficile da stabilire a tavolino, visti i tanti fattori in gioco. La situazione andrà monitorata nel corso del tempo.

Cinicamente possiamo comunque dire che nella sfortuna ci sono state due piccole fortune:

1) La contaminazione del terreno sta avvenendo su un'isola, quindi per quanto si diffonda incontrerà limiti geografici oltre cui non può andare;
2) La contaminazione dell'acqua, quando arriverà al mare, arriverà nel più grande mare del mondo (l'oceano Pacifico) e quindi si diluirà molto di più e il livello di contaminazione diminuirà più velocemente di quanto succederebbe, per esempio, nel mar Mediterraneo o in quello dei Caraibi.

Saluti,

Mauro.