Negli ultimi anni (da ben prima che arrivasse Monti e anche da ben prima che arrivasse l'ultima crisi) in fondo non si fa altro che discutere sulla riforma (o addirittura sull'abolizione) dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
Premetto che io - pur ricoprendo oggi un incarico di una certa responsabilità in un'azienda al di fuori dell'Italia - vengo da una famiglia italiana operaia e moralmente e culturalmente (fortunatamente, vista la vuotezza morale e culturale dei quadri e delle dirigenze odierne) rimango un operaio (o proletario che dir si voglia) italiano.
Quindi chiunque voglia toccare l'articolo 18 o lo statuto dei lavoratori in genere trova in me un nemico. Un nemico senza se e senza ma.
Però ultimamente comincio a diffidare non solo dei miei "nemici" ma anche dei miei "amici".
Detto esplicitamente: ogni volta che leggo dichiarazioni di esponenti sia dell'imprenditoria, che della politica, che dei sindacati relativi a detto articolo, a detto statuto mi rendo conto che il primo problema da risolvere è il fatto che nessuno di detti rappresentanti ha mai letto lo statuto dei lavoratori e il famoso/famigerato articolo 18.
Quindi tutti - sia chi lo difende sia chi lo attacca - alla fine dei conti parlano a vanvera.
Forse la soluzione, prima di discutere di modifiche varie, sarebbe obbligare imprenditori, sindacalisti e politici a seguire un seminario, corso di studi o analogo per capire bene i contenuti di cui tutti parlano oggi senza conoscerli.
Saluti,
Mauro.
L’elemento numero uno (2, 6, 3, 7)
5 ore fa
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