Per vostra gioia - o dolore? :-) - non sono sparito: sono solo rientrato in patria per godermi qualche giorno di vacanza.
Ci risentiamo - anzi rileggiamo - il 5 gennaio.
Auguri a tutti,
Mauro.
Ogni tanto (anzi spesso) mi vengono in mente interpretazioni di avvenimenti e fatti oppure giudizi su persone ed eventi che non si possono certo definire conformisti. O magari semplicemente idee e pensieri personali, indipendenti. Alcune di queste idee saranno giuste e condivisibili, altre no, ma sono orgoglioso che non siano conformi. I commenti anonimi non sono graditi, essi verranno cancellati a meno che non portino contributi concreti e seri. Buona lettura a tutti.
giovedì 28 dicembre 2006
venerdì 15 dicembre 2006
Welby e l'eutanasia
Da qualche tempo siamo assaliti dal "tormentone-Welby": ha diritto di morire o no?
Sinceramente - e qui mi darete del cinico bastardo - mi sono talmente stufato di tutte queste parole a vuoto (perché tutti ne parlano e scrivono, ma quasi nessuno dice veramente qualcosa) che mi verrebbe voglia di dire: "Staccate quella benedetta spina, così ce lo togliamo dalle pagine dei giornali e dai servizi TV".
Chiaramente il problema non è così semplicistico e l'accanimento terapeutico e l'eutanasia sono temi estremamente complessi. E non solo da un punto di vista etico.
Certe volte ho però l'impressione che sia i fautori del "lasciar morire" sia i suoi nemici poco sappiano di cosa le espressioni "accanimento terapeutico" ed "eutanasia" significhino.
Voglio cercare qui di chiarire questo punto, senza prendere posizione pro o contro l'una o l'altra cosa.
Accanimento terapeutico è insistere a tenere in vita una persona con cure che non possono guarirla neanche parzialmente, ma che senza le quali morirebbe non di vecchiaia, ma prima, talvolta subito. Anzi, spesso sono cure che rallentano solo la morte.
Eutanasia significa invece interrompere una vita (malata, inguaribile, vegetativa, ma comunque vita) con un atto esterno (di medico, parente o chichessia) voluto, vita che spesso potrebbe continuare fino a una normale morte di vecchiaia, anche se rimarrebbe una vita non goduta.
Quindi:
- l'eutanasia è un gesto attivo, chi la opera compie un'azione (che per la legislazione corrente è paragonabile all'omicidio, ma questo è un discorso giuridico, non etico o lessicale);
- l'interruzione dell'accanimento terapeutico è invece un qualcosa di passivo, nel farlo non si compie un'azione, si smette solo di far qualcosa (e col paragone giuridico di prima ciò potrebbe essere - a mio parere - al massimo paragonato a un'omissione di soccorso, non a un omicidio).
Però sembra comodo a entrambe le parti in disputa confondere l'eutanasia con l'interruzione dell'accanimento terapeutico.
Signori miei, sono due cose diverse.
Una persona può benissimo essere contraria all'eutanasia e favorevole all'interruzione delle cure o viceversa, senza per questo dover essere tacciata di incoerenza o peggio. Basta che questa persona sappia spiegare (almeno a sé stessa) perché è favorevole a una delle due cose e contraria all'altra.
Saluti,
Mauro.
Sinceramente - e qui mi darete del cinico bastardo - mi sono talmente stufato di tutte queste parole a vuoto (perché tutti ne parlano e scrivono, ma quasi nessuno dice veramente qualcosa) che mi verrebbe voglia di dire: "Staccate quella benedetta spina, così ce lo togliamo dalle pagine dei giornali e dai servizi TV".
Chiaramente il problema non è così semplicistico e l'accanimento terapeutico e l'eutanasia sono temi estremamente complessi. E non solo da un punto di vista etico.
Certe volte ho però l'impressione che sia i fautori del "lasciar morire" sia i suoi nemici poco sappiano di cosa le espressioni "accanimento terapeutico" ed "eutanasia" significhino.
Voglio cercare qui di chiarire questo punto, senza prendere posizione pro o contro l'una o l'altra cosa.
Accanimento terapeutico è insistere a tenere in vita una persona con cure che non possono guarirla neanche parzialmente, ma che senza le quali morirebbe non di vecchiaia, ma prima, talvolta subito. Anzi, spesso sono cure che rallentano solo la morte.
Eutanasia significa invece interrompere una vita (malata, inguaribile, vegetativa, ma comunque vita) con un atto esterno (di medico, parente o chichessia) voluto, vita che spesso potrebbe continuare fino a una normale morte di vecchiaia, anche se rimarrebbe una vita non goduta.
Quindi:
- l'eutanasia è un gesto attivo, chi la opera compie un'azione (che per la legislazione corrente è paragonabile all'omicidio, ma questo è un discorso giuridico, non etico o lessicale);
- l'interruzione dell'accanimento terapeutico è invece un qualcosa di passivo, nel farlo non si compie un'azione, si smette solo di far qualcosa (e col paragone giuridico di prima ciò potrebbe essere - a mio parere - al massimo paragonato a un'omissione di soccorso, non a un omicidio).
Però sembra comodo a entrambe le parti in disputa confondere l'eutanasia con l'interruzione dell'accanimento terapeutico.
Signori miei, sono due cose diverse.
Una persona può benissimo essere contraria all'eutanasia e favorevole all'interruzione delle cure o viceversa, senza per questo dover essere tacciata di incoerenza o peggio. Basta che questa persona sappia spiegare (almeno a sé stessa) perché è favorevole a una delle due cose e contraria all'altra.
Saluti,
Mauro.
martedì 12 dicembre 2006
A pensar male si fa peccato, ma...
Pochi giorni fa si è verificato l'ennesimo delitto familiare, almeno apparentemente. A Erba sono state uccise quattro persone e ferita una quinta (Uccide quattro persone e brucia la casa).
Tutti gli indizi (cioè praticamente nulla, a parte la sua apparente irrintracciabilità) sembravano indicare che il colpevole fosse un tunisino, marito di una delle vittime, padre di un'altra e genero di una terza.
Subito la stampa (e anche le autorità) lanciano la caccia al tunisino, colpevole per definizione (indagini e processo non sono certo necessarie per sapere che è lui il colpevole), dando oltretutto per scontato che fosse scappato in Svizzera.
Cito il procuratore capo di Como: «Da questa notte non ci siamo fermati un minuto e sono convinto che prima di sera riusciremo a prenderlo. Già abbiamo individuato il suo furgone e sappiamo in quale zona si è diretto per la sua fuga».
Oggi marcia indietro: al momento del delitto il tunisino era in Tunisia, notizia confermata dal suocero (Strage Erba, «il presunto killer è in Tunisia» ), che ha perso nella strage moglie, figlia e nipotino.
E spuntano tanti indizi (non pochi come prima) che avrebbero dovuto portare autorità e stampa a capirlo subito, senza dover aspettare che l'uomo telefonasse al suocero.
Ora io mi e vi chiedo: siamo sicuri che se l'uomo fosse stato italiano o almeno europeo occidentale sarebbe stato condannato subito alla gogna allo stesso modo?
Io dico: da certa stampa forse sì, ma non da tutta. E di sicuro non da autorità e investigatori.
Saluti,
Mauro.
Tutti gli indizi (cioè praticamente nulla, a parte la sua apparente irrintracciabilità) sembravano indicare che il colpevole fosse un tunisino, marito di una delle vittime, padre di un'altra e genero di una terza.
Subito la stampa (e anche le autorità) lanciano la caccia al tunisino, colpevole per definizione (indagini e processo non sono certo necessarie per sapere che è lui il colpevole), dando oltretutto per scontato che fosse scappato in Svizzera.
Cito il procuratore capo di Como: «Da questa notte non ci siamo fermati un minuto e sono convinto che prima di sera riusciremo a prenderlo. Già abbiamo individuato il suo furgone e sappiamo in quale zona si è diretto per la sua fuga».
Oggi marcia indietro: al momento del delitto il tunisino era in Tunisia, notizia confermata dal suocero (Strage Erba, «il presunto killer è in Tunisia» ), che ha perso nella strage moglie, figlia e nipotino.
E spuntano tanti indizi (non pochi come prima) che avrebbero dovuto portare autorità e stampa a capirlo subito, senza dover aspettare che l'uomo telefonasse al suocero.
Ora io mi e vi chiedo: siamo sicuri che se l'uomo fosse stato italiano o almeno europeo occidentale sarebbe stato condannato subito alla gogna allo stesso modo?
Io dico: da certa stampa forse sì, ma non da tutta. E di sicuro non da autorità e investigatori.
Saluti,
Mauro.
giovedì 7 dicembre 2006
Chi elegge i politici?
Ci si lamenta sempre (o quasi) della disonestà e/o incompetenza dei politici. Sia nella mia Italia, sia qui in Germania, dove vivo.
I politici sono tutti uguali. La politica è sporca. Servirebbero facce nuove. Eccetera, eccetera.
Non voglio fare lunghe disquisizioni politiche o sociologiche al proposito... però, dato che a ogni elezione i candidati disponibili sono molto, ma molto più numerosi dei posti da occupare... eppure rispuntano quasi sempre le stesse facce dopo le elezioni... vorrei solo fare una domanda:
Chi li elegge questi politici, questi "sempre gli stessi"? Chi? Lo Spirito Santo? O forse c'è qualche responsabilità di chi poi si lamenta?
Saluti,
Mauro.
I politici sono tutti uguali. La politica è sporca. Servirebbero facce nuove. Eccetera, eccetera.
Non voglio fare lunghe disquisizioni politiche o sociologiche al proposito... però, dato che a ogni elezione i candidati disponibili sono molto, ma molto più numerosi dei posti da occupare... eppure rispuntano quasi sempre le stesse facce dopo le elezioni... vorrei solo fare una domanda:
Chi li elegge questi politici, questi "sempre gli stessi"? Chi? Lo Spirito Santo? O forse c'è qualche responsabilità di chi poi si lamenta?
Saluti,
Mauro.
lunedì 4 dicembre 2006
Bullismo, handicap e telefonini
Dopo lungo silenzio, dovuto a ragioni personali, rieccomi qui, a scrivere per voi :-)
E vorrei parlare di un episodio che nelle scorse settimane ha avuto un posto di assoluta rilevanza nelle cronache italiane, cioè il filmato messo in rete che mostra un bulletto che picchia un compagno di classe disabile col sostegno di alcuni compagni e gli altri che fanno da spettatori. E una compagna che filma tutto col telefonino.
Certi episodi non si condanneranno mai abbastanza, ma io qui vorrei soffermarmi su un singolo aspetto: le riprese fatte col telefonino.
Un amico, su un altro forum, ha chiesto:
"Secondo voi, l'esistenza dei videofonini fa crescere la voglia di fare queste cose per metterle in rete, o semplicemente queste cose si sono sempre fatte e grazie ai videofonini questi imbecilli le fanno venire a conoscenza di tutti?"
Bene, vorrei rispondere a questa affermazione, con la mia opinione al proposito.
I telefonini (che io comunque non apprezzo - quello che posseggo permette solo di telefonare e ho dovuto quasi litigare col negoziante per averne uno senza macchina fotografica, videocamera, internet o chissà cos'altro) non sono i colpevoli. O almeno non i prinicipali.
La colpa risiede soprattutto nella visione distorta del mondo che il boom televisivo commerciale degli ultimi due decenni ha prodotto.
Oggi tutto viene visto come uno spettacolo, anche la realtà viene confusa con la finzione.
In quella scuola chi ha ripreso le immagini, chi è stato a guardare e basta, in fondo credeva che fosse uno spettacolo e come tale se lo è goduto.
Allo stesso modo in cui la sera si gode in TV il grande fratello o altre cagate simili.
Il violento, il bullo, il prevaricatore c'erano anche a miei tempi. E anche ai tempi di mio padre e di mio nonno. Ma non c'erano - o c'erano meno - spettatori.
Se nella mia classe vent'anni fa qualcuno avesse picchiato un disabile, il 90% dei compagni non coinvolti avrebbe comunque capito subito che era una cosa vera, non un film. E se coraggiosi e forti abbastanza sarebbero intervenuti, se no sarebbero usciti. Ma non sarebbero rimasti lì a guardare.
Io vorrei interrogare gli "spettatori" di Torino, per scoprire se si sono resi conto che la violenza a cui hanno assistito era reale e non solo uno spettacolo.
Ma ho paura di ciò che scoprirei...
Saluti,
Mauro.
E vorrei parlare di un episodio che nelle scorse settimane ha avuto un posto di assoluta rilevanza nelle cronache italiane, cioè il filmato messo in rete che mostra un bulletto che picchia un compagno di classe disabile col sostegno di alcuni compagni e gli altri che fanno da spettatori. E una compagna che filma tutto col telefonino.
Certi episodi non si condanneranno mai abbastanza, ma io qui vorrei soffermarmi su un singolo aspetto: le riprese fatte col telefonino.
Un amico, su un altro forum, ha chiesto:
"Secondo voi, l'esistenza dei videofonini fa crescere la voglia di fare queste cose per metterle in rete, o semplicemente queste cose si sono sempre fatte e grazie ai videofonini questi imbecilli le fanno venire a conoscenza di tutti?"
Bene, vorrei rispondere a questa affermazione, con la mia opinione al proposito.
I telefonini (che io comunque non apprezzo - quello che posseggo permette solo di telefonare e ho dovuto quasi litigare col negoziante per averne uno senza macchina fotografica, videocamera, internet o chissà cos'altro) non sono i colpevoli. O almeno non i prinicipali.
La colpa risiede soprattutto nella visione distorta del mondo che il boom televisivo commerciale degli ultimi due decenni ha prodotto.
Oggi tutto viene visto come uno spettacolo, anche la realtà viene confusa con la finzione.
In quella scuola chi ha ripreso le immagini, chi è stato a guardare e basta, in fondo credeva che fosse uno spettacolo e come tale se lo è goduto.
Allo stesso modo in cui la sera si gode in TV il grande fratello o altre cagate simili.
Il violento, il bullo, il prevaricatore c'erano anche a miei tempi. E anche ai tempi di mio padre e di mio nonno. Ma non c'erano - o c'erano meno - spettatori.
Se nella mia classe vent'anni fa qualcuno avesse picchiato un disabile, il 90% dei compagni non coinvolti avrebbe comunque capito subito che era una cosa vera, non un film. E se coraggiosi e forti abbastanza sarebbero intervenuti, se no sarebbero usciti. Ma non sarebbero rimasti lì a guardare.
Io vorrei interrogare gli "spettatori" di Torino, per scoprire se si sono resi conto che la violenza a cui hanno assistito era reale e non solo uno spettacolo.
Ma ho paura di ciò che scoprirei...
Saluti,
Mauro.
domenica 12 novembre 2006
Politicamente corretto? No grazie :-)
Leggetevi attentamente questo articolo:
Il tifo del maestro di Jens: "Falli neri di rabbia".
Leggetevelo veramente con grande attenzione, per favore.
Il maestro Arturo Ghinelli non è stato politicamente corretto col suo giovane alunno ghanese. È stato umanamente corretto. E ha ottenuto risultati.
È questo che serve. L'umanità.
Il politicamente corretto è solo ipocrisia. Niente altro che ipocrisia. Offende.
L'umanamente corretto, l'umanità, è ben altro. Spesso anzi è esattamente l'opposto.
Saluti,
Mauro.
Il tifo del maestro di Jens: "Falli neri di rabbia".
Leggetevelo veramente con grande attenzione, per favore.
Il maestro Arturo Ghinelli non è stato politicamente corretto col suo giovane alunno ghanese. È stato umanamente corretto. E ha ottenuto risultati.
È questo che serve. L'umanità.
Il politicamente corretto è solo ipocrisia. Niente altro che ipocrisia. Offende.
L'umanamente corretto, l'umanità, è ben altro. Spesso anzi è esattamente l'opposto.
Saluti,
Mauro.
lunedì 6 novembre 2006
Il saluto, questo sconosciuto
Buongiorno a tutti.
Banalmente ho iniziato questo messaggio con un "buongiorno", cioè una forma di saluto. Lo faccio molto spesso. Non proprio sempre, ma molto spesso. Sia incontrando la gente di persona, che scrivendo, telefonando o andando in rete.
E lo fanno anche molti di voi. Se non all'inizio del dialogo (o monologo che sia, come per esempio una lettera), almeno alla fine. Dove ci si firma anche.
Sto dicendo, apparentemente delle banalità. Qualcuno di voi salterà su dicendo "Mauro, stai scoprendo l'acqua calda!". E avrebbe anche ragione, se non fosse che è un'acqua calda che va scomparendo.
Sempre meno gente si prende il tempo di salutare.
Quante e-mail ricevete senza saluti? E spesso senza firma (tanto il mittente pensa che capirete dall'indirizzo chi è che scrive)?
Quante volte per strada qualcuno vi ferma, magari per chiedere informazioni, e cominicia a parlare senza neanche dire "Salve"?
Quante volte incontrate un vicino o un collega sull'ascensore o nel corridoio dell'azienda e questi vi regala al massimo un cenno del capo (se va bene)?
Eccetera, eccetera.
Un evento capitatomi una decina di giorni fa mi ha fatto riflettere molto su questi argomenti.
In un forum in rete che frequento sono abituato, come qui sul mio blog, a concludere i miei messaggi con una forma di saluto e la firma.
Un giorno uno degli altri frequentatori mi ha detto secco: "Ma cosa continui a firmare, lo sappiamo che sei tu!". E altri a dargli ragione, ritenendo questa mia abitudine fastidiosa.
Ora, lo so benissimo che sanno chi sono. Del resto sono un frequentatore abbastanza abituale di quel forum. Ma io non saluto e firmo per farmi riconoscere.
Per me salutare e firmare è un segno di rispetto nei confronti di mi legge o ascolta.
Ora voi vi chiederete, perché ne parlo qui, dove la firma è un'abitudine comune, non solo mia (del resto, ho più volte detto chiaramente che i commenti anonimi non sarebbero mai stati pubblicati, indipendentemente dai contenuti), e per di più a distanza di vari giorni dal fatto.
Beh, un po' perché so che avete la pazienza e la voglia di leggere i miei pensieri e un po' perché venerdì scorso, navigando in rete mi sono imbattuto in un intervento su un altro blog che parlava proprio del saluto (Cafoni d'Europa) e che ho trovato interessante.
Certo che se l'autore di questo testo ha ragione, in Italia non siamo messi troppo bene...
Saluti,
Mauro.
Banalmente ho iniziato questo messaggio con un "buongiorno", cioè una forma di saluto. Lo faccio molto spesso. Non proprio sempre, ma molto spesso. Sia incontrando la gente di persona, che scrivendo, telefonando o andando in rete.
E lo fanno anche molti di voi. Se non all'inizio del dialogo (o monologo che sia, come per esempio una lettera), almeno alla fine. Dove ci si firma anche.
Sto dicendo, apparentemente delle banalità. Qualcuno di voi salterà su dicendo "Mauro, stai scoprendo l'acqua calda!". E avrebbe anche ragione, se non fosse che è un'acqua calda che va scomparendo.
Sempre meno gente si prende il tempo di salutare.
Quante e-mail ricevete senza saluti? E spesso senza firma (tanto il mittente pensa che capirete dall'indirizzo chi è che scrive)?
Quante volte per strada qualcuno vi ferma, magari per chiedere informazioni, e cominicia a parlare senza neanche dire "Salve"?
Quante volte incontrate un vicino o un collega sull'ascensore o nel corridoio dell'azienda e questi vi regala al massimo un cenno del capo (se va bene)?
Eccetera, eccetera.
Un evento capitatomi una decina di giorni fa mi ha fatto riflettere molto su questi argomenti.
In un forum in rete che frequento sono abituato, come qui sul mio blog, a concludere i miei messaggi con una forma di saluto e la firma.
Un giorno uno degli altri frequentatori mi ha detto secco: "Ma cosa continui a firmare, lo sappiamo che sei tu!". E altri a dargli ragione, ritenendo questa mia abitudine fastidiosa.
Ora, lo so benissimo che sanno chi sono. Del resto sono un frequentatore abbastanza abituale di quel forum. Ma io non saluto e firmo per farmi riconoscere.
Per me salutare e firmare è un segno di rispetto nei confronti di mi legge o ascolta.
Ora voi vi chiederete, perché ne parlo qui, dove la firma è un'abitudine comune, non solo mia (del resto, ho più volte detto chiaramente che i commenti anonimi non sarebbero mai stati pubblicati, indipendentemente dai contenuti), e per di più a distanza di vari giorni dal fatto.
Beh, un po' perché so che avete la pazienza e la voglia di leggere i miei pensieri e un po' perché venerdì scorso, navigando in rete mi sono imbattuto in un intervento su un altro blog che parlava proprio del saluto (Cafoni d'Europa) e che ho trovato interessante.
Certo che se l'autore di questo testo ha ragione, in Italia non siamo messi troppo bene...
Saluti,
Mauro.
La condanna di Saddam
Saddam è stato condannato a morte. Che sorpresa, vero?
Sinceramente, che la sentenza di questo processo-farsa fosse scritta fin dall'inizio lo sapevamo tutti. E che fosse stata scritta tra Londra e Washington più che a Baghdad anche (del resto i giudici, anche se formalmente iracheni, a chi credete rispondessero?).
Appunto questo è il problema, non l'essere a favore o contro la pena di morte o il ritenere questa condanna giusta o sbagliata.
Il problema sono i processi dei vincitori agli sconfitti. Anche quando i processi partono da necessità vere, da spinte (anche morali) condivisibili, i processi dei vincitori ai vinti non sono mai giuridicamente corretti. Non possono esserlo, perché si fondano su leggi ad hoc (non ditemi che a Norimberga, per esempio, ci si è basati su leggi preesistenti dei paesi dove i criminali nazisti perpetrarono i loro crimini) e procedure straordinarie, quindi estranee al concetto stesso di giustizia.
Al proposito c'è un bell'articolo di Antonio Carioti sul Corriere della Sera di oggi: "Il dilemma di Norimberga: impossibile perdonare, impossibile punire".
Ancora più esplicito Sabino Cassese sulla Repubblica: "Il processo senza giustizia con un verdetto farsa".
E ne' Carioti ne' tantomeno Cassese possono certo essere accusati di antiamericanismo.
E allora che fare?
Saddam è un criminale. I gerarchi nazisti erano dei criminali. Eccetera. Quindi vanno puniti, bisogna trovare il modo di avere un processo che dia (almeno moralmente) giustizia alle vittime di questi criminali, ma che per farlo non "uccida" il concetto di diritto.
Io non sono un giurista, quindi non so se un processo del genere possa esistere e, se sì, come possa apparire.
So però che, moralmente, piuttosto che impiccare Saddam con una sentenza-farsa seguita a un processo-farsa, sarebbe stato molto meglio ucciderlo a sangue freddo appena catturato. Senza processi e teatralità varie.
Saluti,
Mauro.
Sinceramente, che la sentenza di questo processo-farsa fosse scritta fin dall'inizio lo sapevamo tutti. E che fosse stata scritta tra Londra e Washington più che a Baghdad anche (del resto i giudici, anche se formalmente iracheni, a chi credete rispondessero?).
Appunto questo è il problema, non l'essere a favore o contro la pena di morte o il ritenere questa condanna giusta o sbagliata.
Il problema sono i processi dei vincitori agli sconfitti. Anche quando i processi partono da necessità vere, da spinte (anche morali) condivisibili, i processi dei vincitori ai vinti non sono mai giuridicamente corretti. Non possono esserlo, perché si fondano su leggi ad hoc (non ditemi che a Norimberga, per esempio, ci si è basati su leggi preesistenti dei paesi dove i criminali nazisti perpetrarono i loro crimini) e procedure straordinarie, quindi estranee al concetto stesso di giustizia.
Al proposito c'è un bell'articolo di Antonio Carioti sul Corriere della Sera di oggi: "Il dilemma di Norimberga: impossibile perdonare, impossibile punire".
Ancora più esplicito Sabino Cassese sulla Repubblica: "Il processo senza giustizia con un verdetto farsa".
E ne' Carioti ne' tantomeno Cassese possono certo essere accusati di antiamericanismo.
E allora che fare?
Saddam è un criminale. I gerarchi nazisti erano dei criminali. Eccetera. Quindi vanno puniti, bisogna trovare il modo di avere un processo che dia (almeno moralmente) giustizia alle vittime di questi criminali, ma che per farlo non "uccida" il concetto di diritto.
Io non sono un giurista, quindi non so se un processo del genere possa esistere e, se sì, come possa apparire.
So però che, moralmente, piuttosto che impiccare Saddam con una sentenza-farsa seguita a un processo-farsa, sarebbe stato molto meglio ucciderlo a sangue freddo appena catturato. Senza processi e teatralità varie.
Saluti,
Mauro.
martedì 31 ottobre 2006
Halloween? No grazie.
Ma è mai possibile? Io vivo in Germania e sono italiano.
E oggi in entrambi i paesi mi trovo circondato da idioti che scimmiottano gli yankees.
Già io non amo Carnevale, ma almeno è qualcosa di nostro, di latino, di europeo.
Ma no... i bambini (e magari fossero solo loro) snobbano sempre di più il Carnevale e si mascherano pateticamente per Halloween.
E perché questo? Solo perché Halloween viene da oltreoceano, quindi è per definizione "cool", "figo".
Se sapessero che Halloween ha in realtà origini irlandesi di sicuro non lo festeggerebbero più.
Del resto una pagliacciata a stelle e strisce è una figata, una pagliacciata europea è appunto una pagliacciata.
Lasciatemi andare a vomitare.
Saluti,
Mauro.
E oggi in entrambi i paesi mi trovo circondato da idioti che scimmiottano gli yankees.
Già io non amo Carnevale, ma almeno è qualcosa di nostro, di latino, di europeo.
Ma no... i bambini (e magari fossero solo loro) snobbano sempre di più il Carnevale e si mascherano pateticamente per Halloween.
E perché questo? Solo perché Halloween viene da oltreoceano, quindi è per definizione "cool", "figo".
Se sapessero che Halloween ha in realtà origini irlandesi di sicuro non lo festeggerebbero più.
Del resto una pagliacciata a stelle e strisce è una figata, una pagliacciata europea è appunto una pagliacciata.
Lasciatemi andare a vomitare.
Saluti,
Mauro.
lunedì 30 ottobre 2006
Marcia su Roma
28 Ottobre 1922
Marcia su Roma - Benito Mussolini e il Partito Nazionale Fascista (PNF) prendono il potere.
28 Ottobre 2006
Umberto Bossi dichiara: «Dovremo davvero andare a Roma, fare la marcia su Roma. Il nord potrebbe vivere meglio da solo senza tirarsi dietro il centralismo dello Stato italiano. Dobbiamo svegliarci. Non ci rimane che la via della secessione. Basta con le chiacchiere».
Vista la coincidenza delle date, non credo serva aggiungere altro.
Saluti,
Mauro.
Marcia su Roma - Benito Mussolini e il Partito Nazionale Fascista (PNF) prendono il potere.
28 Ottobre 2006
Umberto Bossi dichiara: «Dovremo davvero andare a Roma, fare la marcia su Roma. Il nord potrebbe vivere meglio da solo senza tirarsi dietro il centralismo dello Stato italiano. Dobbiamo svegliarci. Non ci rimane che la via della secessione. Basta con le chiacchiere».
Vista la coincidenza delle date, non credo serva aggiungere altro.
Saluti,
Mauro.
venerdì 27 ottobre 2006
Iraq?
O New York?
Leggo sulla Repubblica online di oggi: Ricostruzione di Ground Zero - Primo appalto a un'azienda italiana.
E come cappello alla notizia: "Sarà la Trevi a realizzare il diaframma per il nuovo centro trasporti. I lavori, per un valore di 34 milioni di dollari, inizieranno a dicembre".
Ecco perché Berlusconi ha spedito i nostri soldati a morire in Iraq: Per elemosinare qualche appalto dall'amico Bush. Oltre che per qualche bicchierino di petrolio, si intende.
Saluti,
Mauro.
Leggo sulla Repubblica online di oggi: Ricostruzione di Ground Zero - Primo appalto a un'azienda italiana.
E come cappello alla notizia: "Sarà la Trevi a realizzare il diaframma per il nuovo centro trasporti. I lavori, per un valore di 34 milioni di dollari, inizieranno a dicembre".
Ecco perché Berlusconi ha spedito i nostri soldati a morire in Iraq: Per elemosinare qualche appalto dall'amico Bush. Oltre che per qualche bicchierino di petrolio, si intende.
Saluti,
Mauro.
giovedì 26 ottobre 2006
Entro il 2050 ci serve un altro pianeta
È il titolo di un articolo pubblicato sul Corriere della Sera online di ieri (Entro il 2050 ci serve un altro pianeta), a commento della pubblicazione del Living Planet Report 2006 del WWF. Rapporto, logicamente, commentato da quasi tutti i quotidiani italiani e stranieri, non solo dal Corriere.
Non sono in grado di valutare se la data posta nell'articolo (2050) sia giusta. A naso direi che abbiamo a disposizione qualche anno in più.
Comunque 2020, 2050 o 2100 non cambia molto: il conto alla rovescia scorre. Sempre più veloce.
Quindi bisogna rimboccarsi le maniche e darsi da fare.
Non serve però il catastrofismo imperante, non serve a niente urlare all'Apocalisse come fanno ambientalisti vari. Servono programmi, proposte, cose concrete insomma.
Un esempio: Il no al nucleare.
Qui non voglio dire ne' che il nucleare sia buono, ne' che sia cattivo, però il nucleare in questo momento c'è e in vari paesi è estremamente importante (qui da me in Germania copre ancora più del 30% del fabbisogno energetico, in Francia oltre il 70%, eccetera).
Le fonti cosiddette alternative o rigenerabili non sono in questo momento in grado di coprire questo fabbisogno, la tecnologia (e i costi) per ora non lo permettono. Chiudendo le centrali si aprirebbe un buco.
Però gli ambientalisti si intestardiscono solo sul NO al nucleare, senza proporre concretamente alternative sul come coprire quel buco.
E quale è il risultato?
In Italia quella piccola percentuale che era del nucleare è stata coperta col carbone. Cioè con la fonte più inquinante di tutte! (Tra le altre cose, non so se lo sapete, ma misurando le emissioni radioattive fuori da una centrale a carbone si vedono molte più radiazioni che fuori da una centrale nucleare).
In Germania hanno posto tempi di chiusura delle centrali biblici (e li stanno ulteriormente prolungando) e - guarda caso - reinvestito nel carbone.
In Svezia hanno addirittura fatto una parziale marcia indietro.
Cito questo esempio perché è quello che conosco meglio, ma ce ne sono mille altri.
Per battere le corporazioni, le multinazionali non servono battaglie ideali, servono proposte precise e concrete.
Le battaglie ideali sono bellissime... ma andavano fatte molto prima, ora è tardi ed è meglio lasciarle a Don Chisciotte. Ora servono tecnologia, cervello e pragmatismo.
Il WWF qualche volta prova a fare proposte.
Ma i verdi nei vari parlamenti hanno il vocabolario limitato a una sola parola: "NO". Bloccare le proposte altrui (giuste o sbagliate che siano) lo sanno fare benissimo. Proporre alternative? Non sia mai!
Se si sa dire solo no, ma non si sanno proporre piani alternativi, allora è meglio tacere.
Scusate lo sfogo :-)
Saluti,
Mauro.
Non sono in grado di valutare se la data posta nell'articolo (2050) sia giusta. A naso direi che abbiamo a disposizione qualche anno in più.
Comunque 2020, 2050 o 2100 non cambia molto: il conto alla rovescia scorre. Sempre più veloce.
Quindi bisogna rimboccarsi le maniche e darsi da fare.
Non serve però il catastrofismo imperante, non serve a niente urlare all'Apocalisse come fanno ambientalisti vari. Servono programmi, proposte, cose concrete insomma.
Un esempio: Il no al nucleare.
Qui non voglio dire ne' che il nucleare sia buono, ne' che sia cattivo, però il nucleare in questo momento c'è e in vari paesi è estremamente importante (qui da me in Germania copre ancora più del 30% del fabbisogno energetico, in Francia oltre il 70%, eccetera).
Le fonti cosiddette alternative o rigenerabili non sono in questo momento in grado di coprire questo fabbisogno, la tecnologia (e i costi) per ora non lo permettono. Chiudendo le centrali si aprirebbe un buco.
Però gli ambientalisti si intestardiscono solo sul NO al nucleare, senza proporre concretamente alternative sul come coprire quel buco.
E quale è il risultato?
In Italia quella piccola percentuale che era del nucleare è stata coperta col carbone. Cioè con la fonte più inquinante di tutte! (Tra le altre cose, non so se lo sapete, ma misurando le emissioni radioattive fuori da una centrale a carbone si vedono molte più radiazioni che fuori da una centrale nucleare).
In Germania hanno posto tempi di chiusura delle centrali biblici (e li stanno ulteriormente prolungando) e - guarda caso - reinvestito nel carbone.
In Svezia hanno addirittura fatto una parziale marcia indietro.
Cito questo esempio perché è quello che conosco meglio, ma ce ne sono mille altri.
Per battere le corporazioni, le multinazionali non servono battaglie ideali, servono proposte precise e concrete.
Le battaglie ideali sono bellissime... ma andavano fatte molto prima, ora è tardi ed è meglio lasciarle a Don Chisciotte. Ora servono tecnologia, cervello e pragmatismo.
Il WWF qualche volta prova a fare proposte.
Ma i verdi nei vari parlamenti hanno il vocabolario limitato a una sola parola: "NO". Bloccare le proposte altrui (giuste o sbagliate che siano) lo sanno fare benissimo. Proporre alternative? Non sia mai!
Se si sa dire solo no, ma non si sanno proporre piani alternativi, allora è meglio tacere.
Scusate lo sfogo :-)
Saluti,
Mauro.
Ciao Bruno
Un altro grande genovese se ne va. Povera mia amata Genova.
Bruno Lauzi ha perso ieri la sua battaglia con il morbo di Parkinson. Non era uno dei cantanti che io amassi di più, ma alcune sue canzoni ("Genova per noi", da lui portata al sucesso ma scritta da Paolo Conte, e "La Tartaruga", filastrocca solo apparentemente per bambini) mi sono comunque rimaste dentro. Sicuramente lo ho apprezzato di più come autore che come interprete.
Quello di lui però che a me rimarrà più nella memoria è la sua ironia.
E a questo proposito il pensiero eretico odierno lo vorrei lasciare direttamente esprimere a lui, con la lettera che scrisse a Mr. Parkinson (potete anche ritrovarla qui, insieme ad altri utili collegamenti: Lettera aperta a Mr. Parkinson), che inserisco dopo i saluti.
Saluti,
Mauro.
---
LETTERA APERTA A MISTER PARKINSON
Egregio Signore,
non è con piacere che le scrivo questa lettera, ma d’altra parte avrei dovuto parlarle a quattr’occhi, affrontarla di persona, sopportare quel suo subdolo modo di fare che è quanto c’è di peggio per far perdere la pazienza anche ad un santo, figuriamoci a me. Le scrivo, come può notare, col computer, perché la mia calligrafia s’è fatta illeggibile e così minuscola che i miei collaboratori devono usare la lente d’ingrandimento per riuscire a decifrarla...
Perché le scrivo?
È presto detto: io ho superato con una certa disinvoltura l’imbarazzo che lei (l’ho scritto senza maiuscola, non la merita) mi ha creato chiedendo pubblicamente la mia mano ed ovviamente ottenendola. Convivere con un ufficiale inglese a riposo, già condannato nel Punjab per ripetuti tentativi di violenza neurologica su qualunque essere di qualunque specie( le cose si vengono a sapere, come vede...) non è stato facile, la mia è una famiglia è all’antica e non ha apprezzato. MA ORA LEI STA ESAGERANDO, signore, glielo devo dire. Quando è troppo è troppo, e il troppo stroppia!
C’è un proverbio arabo che dice: "Se hai un amico di miele non lo leccare tutto", INVECE LEI S’APPROFITTA D’OGNI RILASSATEZZA, DELL’ABBASSAMENTO DELLA GUARDIA NELLA BATTAGLIA QUOTIDIANA, ci proibisce di pensare ad altro, contando sulla superficialità con cui io ho affrontato l’insorgere del male... si sa, gli artisti sono farfalloni incoscienti... no, vecchio caprone, non le sarà facile, né con me né con gli altri, la Resistenza è cominciata. Perché, vede, io e i miei fratelli e sorelle malati abbiamo tante cose da fare, una vita da portare avanti meglio di così! D’ora in avanti prometto che starò più attento ai consigli dei miei dottori, e che mi impegnerò maggiormente nell’aiutarli nella raccolta dei fondi necessari per la ricerca. Anzi sul tema della solidarietà mi ci gioco una mano, la mano che, pitturata e serigrafata fa da piedistallo ad una poesia contro di lei, colonnello dei miei stivali, funzionando da incentivo a dare…già, poiché a chiunque faccia un’offerta per la ricerca verrà inviata "LA MANO" come ricordo e memento…
Siamo in tanti, tante mani si leveranno contro di lei e cercheranno di restituirle colpo su colpo fino a quando non riusciranno ad acchiapparla per la collottola e mandarla all’Inferno cui appartiene, bestiaccia immonda, sterco del demonio, nostra croce senza delizie...
Parola mia, di questo omino per molti un po’ buffo, per altri un po’ patetico, ma che vive il sogno di poterla, un giorno non lontano, prendere a schiaffi.
A mano ferma.
Mi stia male e a non rivederla.
BRUNO LAUZI
Bruno Lauzi ha perso ieri la sua battaglia con il morbo di Parkinson. Non era uno dei cantanti che io amassi di più, ma alcune sue canzoni ("Genova per noi", da lui portata al sucesso ma scritta da Paolo Conte, e "La Tartaruga", filastrocca solo apparentemente per bambini) mi sono comunque rimaste dentro. Sicuramente lo ho apprezzato di più come autore che come interprete.
Quello di lui però che a me rimarrà più nella memoria è la sua ironia.
E a questo proposito il pensiero eretico odierno lo vorrei lasciare direttamente esprimere a lui, con la lettera che scrisse a Mr. Parkinson (potete anche ritrovarla qui, insieme ad altri utili collegamenti: Lettera aperta a Mr. Parkinson), che inserisco dopo i saluti.
Saluti,
Mauro.
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LETTERA APERTA A MISTER PARKINSON
Egregio Signore,
non è con piacere che le scrivo questa lettera, ma d’altra parte avrei dovuto parlarle a quattr’occhi, affrontarla di persona, sopportare quel suo subdolo modo di fare che è quanto c’è di peggio per far perdere la pazienza anche ad un santo, figuriamoci a me. Le scrivo, come può notare, col computer, perché la mia calligrafia s’è fatta illeggibile e così minuscola che i miei collaboratori devono usare la lente d’ingrandimento per riuscire a decifrarla...
Perché le scrivo?
È presto detto: io ho superato con una certa disinvoltura l’imbarazzo che lei (l’ho scritto senza maiuscola, non la merita) mi ha creato chiedendo pubblicamente la mia mano ed ovviamente ottenendola. Convivere con un ufficiale inglese a riposo, già condannato nel Punjab per ripetuti tentativi di violenza neurologica su qualunque essere di qualunque specie( le cose si vengono a sapere, come vede...) non è stato facile, la mia è una famiglia è all’antica e non ha apprezzato. MA ORA LEI STA ESAGERANDO, signore, glielo devo dire. Quando è troppo è troppo, e il troppo stroppia!
C’è un proverbio arabo che dice: "Se hai un amico di miele non lo leccare tutto", INVECE LEI S’APPROFITTA D’OGNI RILASSATEZZA, DELL’ABBASSAMENTO DELLA GUARDIA NELLA BATTAGLIA QUOTIDIANA, ci proibisce di pensare ad altro, contando sulla superficialità con cui io ho affrontato l’insorgere del male... si sa, gli artisti sono farfalloni incoscienti... no, vecchio caprone, non le sarà facile, né con me né con gli altri, la Resistenza è cominciata. Perché, vede, io e i miei fratelli e sorelle malati abbiamo tante cose da fare, una vita da portare avanti meglio di così! D’ora in avanti prometto che starò più attento ai consigli dei miei dottori, e che mi impegnerò maggiormente nell’aiutarli nella raccolta dei fondi necessari per la ricerca. Anzi sul tema della solidarietà mi ci gioco una mano, la mano che, pitturata e serigrafata fa da piedistallo ad una poesia contro di lei, colonnello dei miei stivali, funzionando da incentivo a dare…già, poiché a chiunque faccia un’offerta per la ricerca verrà inviata "LA MANO" come ricordo e memento…
Siamo in tanti, tante mani si leveranno contro di lei e cercheranno di restituirle colpo su colpo fino a quando non riusciranno ad acchiapparla per la collottola e mandarla all’Inferno cui appartiene, bestiaccia immonda, sterco del demonio, nostra croce senza delizie...
Parola mia, di questo omino per molti un po’ buffo, per altri un po’ patetico, ma che vive il sogno di poterla, un giorno non lontano, prendere a schiaffi.
A mano ferma.
Mi stia male e a non rivederla.
BRUNO LAUZI
mercoledì 25 ottobre 2006
Le "gaffes" di Putin
Negli ultimi giorni Putin ha tenuto banco, ha veramente dato spettacolo... quasi come il Berlusconi dei tempi migliori :-)
Prima l'ammirazione mostrata verso il presidente israeliano Katzav per la sua dimostrazione di mascolinità (per chi non lo sapesse: Katzav è accusato di molestie sessuali e violenza carnale).
Poi l'attacco alla corruzione dei funzionari pubblici spagnoli (ma non è forse che in Spagna i magistrati possono condannare sindaci e boiardi se necessario, mentre in Russia ci può essere, per così dire, qualche controindicazione nel farlo?).
Poi l'osservazione sulla mafia invenzione italiana (qui in Germania però domina la mafia russa, non quella italiana... non sarà che Putin vede nella mafia italiana non un'associazione criminale, ma solo un concorrente per i suoi "affari"?).
E probabilmente altre che mi sono sfuggite.
E tutti i giornali e i telegiornali a parlare delle "gaffes" di Putin, delle battute riuscite male o delle sparate senza riflettere.
Io non credo tanto che siano battute o gaffes. Putin è troppo poco spiritoso per fare battute e troppo intelligente per cadere in certe gaffes.
Io penso che siano una sorta di test. Sì, di test nei confronti dell'occidente.
La Russia è tornata (o si illude di essere tornata) a essere una potenza e Putin vuole rinverdire i fasti del passato sovietico.
E mette alla prova le reazioni dell'occidente alle sue provocazioni, per capire se l'occidente ha paura. Un modo di dirgli "Io posso permettermi di dire ciò che voglio, vediamo se tu hai il coraggio di aprir bocca".
O no?
Saluti,
Mauro.
Prima l'ammirazione mostrata verso il presidente israeliano Katzav per la sua dimostrazione di mascolinità (per chi non lo sapesse: Katzav è accusato di molestie sessuali e violenza carnale).
Poi l'attacco alla corruzione dei funzionari pubblici spagnoli (ma non è forse che in Spagna i magistrati possono condannare sindaci e boiardi se necessario, mentre in Russia ci può essere, per così dire, qualche controindicazione nel farlo?).
Poi l'osservazione sulla mafia invenzione italiana (qui in Germania però domina la mafia russa, non quella italiana... non sarà che Putin vede nella mafia italiana non un'associazione criminale, ma solo un concorrente per i suoi "affari"?).
E probabilmente altre che mi sono sfuggite.
E tutti i giornali e i telegiornali a parlare delle "gaffes" di Putin, delle battute riuscite male o delle sparate senza riflettere.
Io non credo tanto che siano battute o gaffes. Putin è troppo poco spiritoso per fare battute e troppo intelligente per cadere in certe gaffes.
Io penso che siano una sorta di test. Sì, di test nei confronti dell'occidente.
La Russia è tornata (o si illude di essere tornata) a essere una potenza e Putin vuole rinverdire i fasti del passato sovietico.
E mette alla prova le reazioni dell'occidente alle sue provocazioni, per capire se l'occidente ha paura. Un modo di dirgli "Io posso permettermi di dire ciò che voglio, vediamo se tu hai il coraggio di aprir bocca".
O no?
Saluti,
Mauro.
venerdì 20 ottobre 2006
Prodi e il velo
Prodi ha dichiarato di non avere nulla contro il velo, purché il volto rimanga riconoscibile.
Si parlava, logicamente, di Islam, visto che c'era chi voleva proibire l'uso del velo in pubblico in quanto ostentazione di simbolo religioso.
All'affermazione di Prodi sono seguiti apprezzamenti per la dimostrazione di equilibrio oppure accuse di cedimento all'Islam.
Il vero contenuto dell'affermazione di Prodi non lo ho visto però sottolineare da nessuno: la scoperta dell'acqua calda.
Sì, se leggete bene le parole di Prodi, vi accorgerete che in realtà non ha detto nulla di importante.
La riconoscibilità del volto è già imposta (giustamente!) per legge. Chi dovesse andare in giro a volto coperto (burqa, passamontagna o altro che sia) commette già reato. Non serve nessuna legge, nessun intervento di nessun tipo per impedire alle donne musulmane di coprirsi il volto. Basta semplicemente applicare leggi esistenti da molto prima che nascesse il "problema islamico".
Non avere nulla in contrario al velo sulla testa? Beh, dato che Prodi è cattolico praticante mi sarei stupito del contrario. Perché se si imponesse di toglierlo alle donne musulmane... beh, si dovrebbe imporlo a tutte le donne.
Ve li immaginate i carabinieri aspettare le suore fuori dai conventi per imporgli di togliersi il velo? O la polizia fare lo stesso con le tante donne soprattutto anziane che ancora oggi si mettono il velo per andare a messa?
Beh... Prodi ha scoperto l'acqua calda, ma a quanto pare questa acqua calda è stata tanta manna per giornalisti e politici per poter svicolare da notizie e problemi molto più importanti.
Saluti,
Mauro.
Si parlava, logicamente, di Islam, visto che c'era chi voleva proibire l'uso del velo in pubblico in quanto ostentazione di simbolo religioso.
All'affermazione di Prodi sono seguiti apprezzamenti per la dimostrazione di equilibrio oppure accuse di cedimento all'Islam.
Il vero contenuto dell'affermazione di Prodi non lo ho visto però sottolineare da nessuno: la scoperta dell'acqua calda.
Sì, se leggete bene le parole di Prodi, vi accorgerete che in realtà non ha detto nulla di importante.
La riconoscibilità del volto è già imposta (giustamente!) per legge. Chi dovesse andare in giro a volto coperto (burqa, passamontagna o altro che sia) commette già reato. Non serve nessuna legge, nessun intervento di nessun tipo per impedire alle donne musulmane di coprirsi il volto. Basta semplicemente applicare leggi esistenti da molto prima che nascesse il "problema islamico".
Non avere nulla in contrario al velo sulla testa? Beh, dato che Prodi è cattolico praticante mi sarei stupito del contrario. Perché se si imponesse di toglierlo alle donne musulmane... beh, si dovrebbe imporlo a tutte le donne.
Ve li immaginate i carabinieri aspettare le suore fuori dai conventi per imporgli di togliersi il velo? O la polizia fare lo stesso con le tante donne soprattutto anziane che ancora oggi si mettono il velo per andare a messa?
Beh... Prodi ha scoperto l'acqua calda, ma a quanto pare questa acqua calda è stata tanta manna per giornalisti e politici per poter svicolare da notizie e problemi molto più importanti.
Saluti,
Mauro.
giovedì 19 ottobre 2006
Extracomunitario a chi?
Ieri il TG1 ha mandato in onda un servizio con le sensazioni dei pendolari (parola in questo caso riferita a tutti coloro che usano la metropolitana con regolarità, non tanto a chi lavora/studia a una certa distanza da dove risiede) relativamente al prendere la metropolitana dopo l'incidente a Roma l'altro ieri.
La giornalista ha diviso questi pendolari in categorie: impiegati, studenti, casalinghe, pensionati e... extracomunitari!
Due considerazioni.
1) Da quando in qua gli extracomunitari sono una categoria lavorativa (o non lavorativa, come studenti e disoccupati)? "Cosa fai di lavoro?" "Faccio l'operaio", "Faccio l'avvocato", "Sono ancora studente", "Sono casalinga"... "Faccio l'extracomunitario"! Come direbbe Totò: ma mi facci il piacere!
2) Avendo intervistato extracomunitari sarei interessato a sapere se ha considerato tali anche svizzeri, norvegesi, australiani o giapponesi o se questi li ha considerati come svizzeri, norvegesi, australiani o giapponesi appunto. Credo sia vera la seconda.
Quanto razzismo.
E che vergogna per quello che dovrebbe essere giornalismo e invece diventa chiacchiera da cortile.
Comunque, a proposito di extracomunitari, grazie a quei due passeggeri romeni che nel caos dell'incidente si sono prodigati a soccorrere feriti e scioccati prima ancora che arrivassero i soccorsi ufficiali. E che si sono allontanati all'arrivo di questi (forse perché senza permesso di soggiorno, cosa che a mio parere ora dovrebbero ottenere come ricompensa per il loro aiuto).
Quanti comunitari (ed "extracomunitari" di serie A) hanno fatto lo stesso?
(Per chi non conoscesse la storia: La storia dei due angeli romeni).
Saluti,
Mauro.
La giornalista ha diviso questi pendolari in categorie: impiegati, studenti, casalinghe, pensionati e... extracomunitari!
Due considerazioni.
1) Da quando in qua gli extracomunitari sono una categoria lavorativa (o non lavorativa, come studenti e disoccupati)? "Cosa fai di lavoro?" "Faccio l'operaio", "Faccio l'avvocato", "Sono ancora studente", "Sono casalinga"... "Faccio l'extracomunitario"! Come direbbe Totò: ma mi facci il piacere!
2) Avendo intervistato extracomunitari sarei interessato a sapere se ha considerato tali anche svizzeri, norvegesi, australiani o giapponesi o se questi li ha considerati come svizzeri, norvegesi, australiani o giapponesi appunto. Credo sia vera la seconda.
Quanto razzismo.
E che vergogna per quello che dovrebbe essere giornalismo e invece diventa chiacchiera da cortile.
Comunque, a proposito di extracomunitari, grazie a quei due passeggeri romeni che nel caos dell'incidente si sono prodigati a soccorrere feriti e scioccati prima ancora che arrivassero i soccorsi ufficiali. E che si sono allontanati all'arrivo di questi (forse perché senza permesso di soggiorno, cosa che a mio parere ora dovrebbero ottenere come ricompensa per il loro aiuto).
Quanti comunitari (ed "extracomunitari" di serie A) hanno fatto lo stesso?
(Per chi non conoscesse la storia: La storia dei due angeli romeni).
Saluti,
Mauro.
venerdì 13 ottobre 2006
Iraq, Iran, Corea del Nord
Perché si attacca l'Iraq che non ha armi di distruzione di massa (e lo si sapeva prima dell'invasione, come ammesso dai servizi segreti britannici) e non costituisce pericolo per il mondo?
Perché si minaccia, ma non si attacca, l'Iran che non possiede le armi di cui sopra ma sembra volersene dotare (nonostanze le assicurazioni contrarie) e potenzialmente può diventare un pericolo?
Perché non si attacca e non si minaccia di attaccare la Corea del Nord che tali armi sembra possederle e comunque è concretamente impegnata nella loro realizzazione ed è effettivamente un pericolo, se non altro per i paesi vicini?
Non sarebbe molto più logico il contrario? O almeno più utile per la sicurezza e la tanto decantata democrazia?
Forse sì... ma è sempre la stessa vecchia storia: si è forti con i deboli e deboli con i forti.
Tutto qua.
In questo momento la Corea del Nord è più forte dell'Iran e questo è più forte dell'Iraq.
Saluti,
Mauro.
Perché si minaccia, ma non si attacca, l'Iran che non possiede le armi di cui sopra ma sembra volersene dotare (nonostanze le assicurazioni contrarie) e potenzialmente può diventare un pericolo?
Perché non si attacca e non si minaccia di attaccare la Corea del Nord che tali armi sembra possederle e comunque è concretamente impegnata nella loro realizzazione ed è effettivamente un pericolo, se non altro per i paesi vicini?
Non sarebbe molto più logico il contrario? O almeno più utile per la sicurezza e la tanto decantata democrazia?
Forse sì... ma è sempre la stessa vecchia storia: si è forti con i deboli e deboli con i forti.
Tutto qua.
In questo momento la Corea del Nord è più forte dell'Iran e questo è più forte dell'Iraq.
Saluti,
Mauro.
Roberto Saviano
Chi è Roberto Saviano?
L'autore di un libro di denuncia contro la camorra ("Gomorra", edito da Mondadori). Un libro molto forte.
Non lo ho ancora letto, quindi non posso giudicarlo, ma so che l'autore è in pericolo: è stato minacciato di morte, tanto che il prefetto di Caserta sta studiando come proteggerlo, mettendolo sotto scorta.
Rosa Russo Iervolino, sindaco di Napoli, invece lo ha abbandonato (del resto... anche se non è mai stata processata, immaginiamo tutti dove trova i suoi voti), definendolo un fissato.
Forse il libro è pieno di falsità, forse è solo un romanzo spacciato per inchiesta... ma nessun autore deve morire per quello che scrive.
E noi persone comuni dobbiamo aprire gli occhi e renderci conto che certe cose purtroppo non capitano solo nelle dittature o nel terzo mondo, ma anche qui da noi. Capitano dappertutto.
Per chi volesse saperne di più sul caso Saviano: Roberto Saviano non è solo.
Non abbandoniamolo.
Magari compriamoci e laggiamoci il libro anche se l'argomento non ci interessa, anche se si rivelasse scritto male, anche se contenesse solo illazioni e non fatti.
Facciamolo per la libertà di pensiero, se no ritroveremo migliaia di Roberto Saviano intorno a noi.
Saluti,
Mauro.
L'autore di un libro di denuncia contro la camorra ("Gomorra", edito da Mondadori). Un libro molto forte.
Non lo ho ancora letto, quindi non posso giudicarlo, ma so che l'autore è in pericolo: è stato minacciato di morte, tanto che il prefetto di Caserta sta studiando come proteggerlo, mettendolo sotto scorta.
Rosa Russo Iervolino, sindaco di Napoli, invece lo ha abbandonato (del resto... anche se non è mai stata processata, immaginiamo tutti dove trova i suoi voti), definendolo un fissato.
Forse il libro è pieno di falsità, forse è solo un romanzo spacciato per inchiesta... ma nessun autore deve morire per quello che scrive.
E noi persone comuni dobbiamo aprire gli occhi e renderci conto che certe cose purtroppo non capitano solo nelle dittature o nel terzo mondo, ma anche qui da noi. Capitano dappertutto.
Per chi volesse saperne di più sul caso Saviano: Roberto Saviano non è solo.
Non abbandoniamolo.
Magari compriamoci e laggiamoci il libro anche se l'argomento non ci interessa, anche se si rivelasse scritto male, anche se contenesse solo illazioni e non fatti.
Facciamolo per la libertà di pensiero, se no ritroveremo migliaia di Roberto Saviano intorno a noi.
Saluti,
Mauro.
mercoledì 11 ottobre 2006
Bomba o non bomba?
La Corea del Nord ha fatto esplodere una bomba atomica.
Sicuri?
In realtà la notizia data correttamente sarebbe: "La Corea del Nord ha sostenuto di aver fatto esplodere una bomba atomica".
E non è una differenza da poco.
Io sto cercando di capire se si tratta solo di propaganda del regime nordcoreano (peraltro politicamente "benvenuta" in occidente, in quanto ulteriore prova del fatto che la Corea del Nord è uno stato canaglia) o se veramente è stato fatto un test atomico (o nucleare che sia).
E aggiungo: non sono convinto che tale test sia stato fatto. Almeno non con successo.
La bomba infatti non può essere stata fatta esplodere in aria o in superficie, perché grazie ai satelliti esisterebbero prove fotografiche dell'esplosione e l'aumento di radioattività dell'aria (essendo la Corea del Nord relativemente piccola) si sarebbe misurato senza problemi anche in Cina, Corea del Sud e forse Russia.
Non può essere stata fatta esplodere in mare, perché le onde anomale che si sarebbero formate avrebbero investito tutti i paesi vicini (Giappone compreso) e ci sarebbe stata una moria di pesci tale da far notizia di per sè.
Rimane l'esplosione sotterranea. Questa non è mai provabile con certezza al 100% (a meno di non essere nelle vicinanze con contatori Geiger e apparecchiature dosimetriche varie), ma esistono indizi che possono dirci con altissima probabilità se l'esplosione c'è stata o no.
Questi indizi sono principalmente di stampo sismografico: si misurano le onde sismiche provocate dall'esplosione. È vero che tali onde sono identiche nel caso di esplosione sotterranea e di terremoto, ma se unite ad altri indizi (sismicità della zona, oscillazioni anche piccole della radioattività naturale, eccetera) e all'analisi dei dati statistici possono dirci molto al proposito.
Si sono misurate queste onde sismiche? Sembra assurdo, ma la risposta in questo momento è "non si sa".
Ma come, direte voi, non si è visto se i sismografi si sono mossi o meno?
Sì, i sismografi si sono mossi, ma in maniera talmente leggera da non dire di fatto niente.
Terremoto leggero?
Esplosione convenzionale di grande potenza?
Esplosione nucleare/atomica di bassa potenza (sempre che sia fattibile/conveniente - anche economicamente - una potenza così bassa)?
Bomba vera ma test fallito (il detonatore - convenzionale - è esploso, ma non è riuscito a innescare la reazione)?
Insomma... la bomba mediatica c'è stata di sicuro, quella atomica... boh!
Saluti,
Mauro.
Sicuri?
In realtà la notizia data correttamente sarebbe: "La Corea del Nord ha sostenuto di aver fatto esplodere una bomba atomica".
E non è una differenza da poco.
Io sto cercando di capire se si tratta solo di propaganda del regime nordcoreano (peraltro politicamente "benvenuta" in occidente, in quanto ulteriore prova del fatto che la Corea del Nord è uno stato canaglia) o se veramente è stato fatto un test atomico (o nucleare che sia).
E aggiungo: non sono convinto che tale test sia stato fatto. Almeno non con successo.
La bomba infatti non può essere stata fatta esplodere in aria o in superficie, perché grazie ai satelliti esisterebbero prove fotografiche dell'esplosione e l'aumento di radioattività dell'aria (essendo la Corea del Nord relativemente piccola) si sarebbe misurato senza problemi anche in Cina, Corea del Sud e forse Russia.
Non può essere stata fatta esplodere in mare, perché le onde anomale che si sarebbero formate avrebbero investito tutti i paesi vicini (Giappone compreso) e ci sarebbe stata una moria di pesci tale da far notizia di per sè.
Rimane l'esplosione sotterranea. Questa non è mai provabile con certezza al 100% (a meno di non essere nelle vicinanze con contatori Geiger e apparecchiature dosimetriche varie), ma esistono indizi che possono dirci con altissima probabilità se l'esplosione c'è stata o no.
Questi indizi sono principalmente di stampo sismografico: si misurano le onde sismiche provocate dall'esplosione. È vero che tali onde sono identiche nel caso di esplosione sotterranea e di terremoto, ma se unite ad altri indizi (sismicità della zona, oscillazioni anche piccole della radioattività naturale, eccetera) e all'analisi dei dati statistici possono dirci molto al proposito.
Si sono misurate queste onde sismiche? Sembra assurdo, ma la risposta in questo momento è "non si sa".
Ma come, direte voi, non si è visto se i sismografi si sono mossi o meno?
Sì, i sismografi si sono mossi, ma in maniera talmente leggera da non dire di fatto niente.
Terremoto leggero?
Esplosione convenzionale di grande potenza?
Esplosione nucleare/atomica di bassa potenza (sempre che sia fattibile/conveniente - anche economicamente - una potenza così bassa)?
Bomba vera ma test fallito (il detonatore - convenzionale - è esploso, ma non è riuscito a innescare la reazione)?
Insomma... la bomba mediatica c'è stata di sicuro, quella atomica... boh!
Saluti,
Mauro.
venerdì 6 ottobre 2006
Prodi rap
Che scandalo!!! Un telegiornale ha mandato in onda il cosiddetto rap di Prodi!
E ora c'è persino un'interrogazione parlamentare per chiarire se non si tratti addirittura di vilipendio delle istituzioni.
Ma non fatemi ridere!
Per prima cosa, qualsiasi fosse l'intento del telegiornale, ha comunque fatto bene a mandarlo in onda: non ci si autocensura in democrazia (a proposito, cari parlamentari: conoscete questa parola, sapete cosa significa?).
E poi... quale cavolo di istituzione è stata offesa? Riserviamo la parola "istituzione" a quelle parti dello Stato che veramente la meritano: la presidenza della repubblica, il Parlamento, la corte costituzionale.
Il governo? No grazie: il governo è un "elemento" tecnico dello Stato, non un'istituzione.
E anche lo fosse, lo è come "ente", come istituto, non nelle persone che lo compongono.
Una persona non è mai un'istituzione. Al massimo può rappresentare un'istituzione.
Quindi se dovesse esserci qualcuno offeso (ma ribadisco: a mio parere nessuno ha in questo caso il diritto di offendersi), questi potrebbe essere solo Romano Prodi come privato cittadino, non Romano Prodi come presidente del consiglio e tanto meno una qualche istituzione.
Saluti,
Mauro.
E ora c'è persino un'interrogazione parlamentare per chiarire se non si tratti addirittura di vilipendio delle istituzioni.
Ma non fatemi ridere!
Per prima cosa, qualsiasi fosse l'intento del telegiornale, ha comunque fatto bene a mandarlo in onda: non ci si autocensura in democrazia (a proposito, cari parlamentari: conoscete questa parola, sapete cosa significa?).
E poi... quale cavolo di istituzione è stata offesa? Riserviamo la parola "istituzione" a quelle parti dello Stato che veramente la meritano: la presidenza della repubblica, il Parlamento, la corte costituzionale.
Il governo? No grazie: il governo è un "elemento" tecnico dello Stato, non un'istituzione.
E anche lo fosse, lo è come "ente", come istituto, non nelle persone che lo compongono.
Una persona non è mai un'istituzione. Al massimo può rappresentare un'istituzione.
Quindi se dovesse esserci qualcuno offeso (ma ribadisco: a mio parere nessuno ha in questo caso il diritto di offendersi), questi potrebbe essere solo Romano Prodi come privato cittadino, non Romano Prodi come presidente del consiglio e tanto meno una qualche istituzione.
Saluti,
Mauro.
mercoledì 27 settembre 2006
Giustizia
Giustizia è fatta. Troppo tardi, con troppi lati oscuri, ma finalmente giustizia è fatta.
Silvia Baraldini, condannata solo per le sue idee politiche, è libera.
Bentornata tra noi, Silvia.
Saluti,
Mauro.
Silvia Baraldini, condannata solo per le sue idee politiche, è libera.
Bentornata tra noi, Silvia.
Saluti,
Mauro.
Morire è parte del lavoro di un soldato
È morto un altro militare italiano in missione all'estero. In Afghanistan per la precisione. In un attentato.
Qualunque cosa si possa pensare delle missioni all'estero e del concetto di "militare" in generale, la memoria di Giorgio Langella merita il nostro rispetto, va onorata.
Lui era lì per fare il suo lavoro (per brutto che potesse essere), per guadagnarsi da vivere.
Quello che invece merita decisamente meno rispetto è il solito blabla sul fatto che bisogna proteggere i nostri soldati, che bisogna far sì che non rischino la vita, eccetera, eccetera.
Quanta ipocrisia.
Il lavoro del soldato è pericoloso. È, detto in maniera molto brutale, sparare e farsi sparare.
Che senso ha dire "Mandiamo i nostri soldati all'estero solo se siamo in grado di proteggerli". Proteggerli come? Se la situazione non fosse pericolosa, non ci sarebbe bisogno di mandarceli. O sbaglio? Oppure i civili (italiani o meno che siano) possono morire, mentre i soldati no? Eppure credevo che fossero i soldati a dover proteggere i civili, non viceversa.
Esistono missioni giuste e missioni sbagliate. Questo è chiaro.
Non posso certo mettere sullo stesso piano la missione in Libano e quella in Iraq.
Però si sa che entrambe sono pericolose.
L'unico modo di "proteggere" i nostri soldati è non mandarli in missioni sbagliate, amorali, di vera e propria guerra d'occupazione.
Però se come popolo riteniamo che il paese debba avere una politica estera è inevitabile partecipare a missioni internazionali. Bisogna solo "limitarsi" a quelle che hanno una giustificazione morale o che (al peggio) servono a evitare danni peggiori.
Però poi una volta accettate queste missioni bisogna saper convivere coi rischi. Come già detto il mestiere del soldato è un mestiere pericoloso: i militari di professione (che generalmente sono molto meno guerrafondai di molti civili, questo va detto) lo sanno e lo accettano.
Sarebbe ora che lo capissero anche i civili. E soprattutto i politici.
Oppure bisogna avere il coraggio di dire: non vogliamo una politica estera, chiudiamoci in noi stessi. Ma allora, oltre che tutte le missioni militari all'estero, per coerenza dovremmo chiudere anche tutte le ambasciate e i consolati.
Saluti,
Mauro.
Qualunque cosa si possa pensare delle missioni all'estero e del concetto di "militare" in generale, la memoria di Giorgio Langella merita il nostro rispetto, va onorata.
Lui era lì per fare il suo lavoro (per brutto che potesse essere), per guadagnarsi da vivere.
Quello che invece merita decisamente meno rispetto è il solito blabla sul fatto che bisogna proteggere i nostri soldati, che bisogna far sì che non rischino la vita, eccetera, eccetera.
Quanta ipocrisia.
Il lavoro del soldato è pericoloso. È, detto in maniera molto brutale, sparare e farsi sparare.
Che senso ha dire "Mandiamo i nostri soldati all'estero solo se siamo in grado di proteggerli". Proteggerli come? Se la situazione non fosse pericolosa, non ci sarebbe bisogno di mandarceli. O sbaglio? Oppure i civili (italiani o meno che siano) possono morire, mentre i soldati no? Eppure credevo che fossero i soldati a dover proteggere i civili, non viceversa.
Esistono missioni giuste e missioni sbagliate. Questo è chiaro.
Non posso certo mettere sullo stesso piano la missione in Libano e quella in Iraq.
Però si sa che entrambe sono pericolose.
L'unico modo di "proteggere" i nostri soldati è non mandarli in missioni sbagliate, amorali, di vera e propria guerra d'occupazione.
Però se come popolo riteniamo che il paese debba avere una politica estera è inevitabile partecipare a missioni internazionali. Bisogna solo "limitarsi" a quelle che hanno una giustificazione morale o che (al peggio) servono a evitare danni peggiori.
Però poi una volta accettate queste missioni bisogna saper convivere coi rischi. Come già detto il mestiere del soldato è un mestiere pericoloso: i militari di professione (che generalmente sono molto meno guerrafondai di molti civili, questo va detto) lo sanno e lo accettano.
Sarebbe ora che lo capissero anche i civili. E soprattutto i politici.
Oppure bisogna avere il coraggio di dire: non vogliamo una politica estera, chiudiamoci in noi stessi. Ma allora, oltre che tutte le missioni militari all'estero, per coerenza dovremmo chiudere anche tutte le ambasciate e i consolati.
Saluti,
Mauro.
giovedì 21 settembre 2006
Budapest 1956-2006
In questi giorni Budapest sta bruciando.
Proprio alla vigilia del cinquantennale della rivolta contro la dittatura comunista del 1956 (avvenne a fine ottobre) guidata da Imre Nagy. Quella rivolta venne soffocata nel sangue dall'invasione sovietica nel novembre 1956.
Ora, tra la rivolta di allora e quella odierna non è possibile nessun parallelo. Ne' storico, ne' politico. Ne' interno, ne' internazionale.
Però vedere Budapest di nuovo in stato di emergenza 50 anni dopo, qualche piccolo brivido lo fa venire.
E soprattutto qualche piccolo brivido lo fa venire la reazione dell'occidente.
Nel 1956 Europa e USA dichiararono che i fatti ungheresi erano fatti interni (di fatto dando il via libera all'URSS e condannando a morte Nagy).
Oggi l'Unione Europea ha dichiarato che i fatti ungheresi sono fatti interni.
Speriamo che io sia solo un po' troppo fantasioso...
Saluti,
Mauro.
Proprio alla vigilia del cinquantennale della rivolta contro la dittatura comunista del 1956 (avvenne a fine ottobre) guidata da Imre Nagy. Quella rivolta venne soffocata nel sangue dall'invasione sovietica nel novembre 1956.
Ora, tra la rivolta di allora e quella odierna non è possibile nessun parallelo. Ne' storico, ne' politico. Ne' interno, ne' internazionale.
Però vedere Budapest di nuovo in stato di emergenza 50 anni dopo, qualche piccolo brivido lo fa venire.
E soprattutto qualche piccolo brivido lo fa venire la reazione dell'occidente.
Nel 1956 Europa e USA dichiararono che i fatti ungheresi erano fatti interni (di fatto dando il via libera all'URSS e condannando a morte Nagy).
Oggi l'Unione Europea ha dichiarato che i fatti ungheresi sono fatti interni.
Speriamo che io sia solo un po' troppo fantasioso...
Saluti,
Mauro.
martedì 19 settembre 2006
Contro gli anonimi
Io mi chiedo: perché chi critica senza portare argomenti non si firma mai?
Non pretendo che uno mi lasci indirizzo elettronico, indirizzo di casa, telefono, ecc., ecc. Non sarebbe neanche giusto.
Ma pretendo, e so di essere nel giusto a pretenderlo, che uno almeno si firmi, che uno concluda (o apra, se preferisce) il suo messaggio con un nome.
A parte dimostrare senza possibilità di smentite grande vigliaccheria e maleducazione, la mancanza della firma ha un altro effetto: a me piace interloquire direttamente con chi ho di fronte (anche se è un di fronte solo virtuale) e come faccio se di fronte ho un anonimo, un fantasma?
Ma forse chi non porta argomenti quando accusa me di non dire niente e insulta accusando me di scrivere testi offensivi non vuole interloquire. Vuole solo sfogare la sua frustrazione.
Bene, si sappia che senza firma i commenti non vengono pubblicati.
È una semplice questione di educazione.
Saluti,
Mauro.
Non pretendo che uno mi lasci indirizzo elettronico, indirizzo di casa, telefono, ecc., ecc. Non sarebbe neanche giusto.
Ma pretendo, e so di essere nel giusto a pretenderlo, che uno almeno si firmi, che uno concluda (o apra, se preferisce) il suo messaggio con un nome.
A parte dimostrare senza possibilità di smentite grande vigliaccheria e maleducazione, la mancanza della firma ha un altro effetto: a me piace interloquire direttamente con chi ho di fronte (anche se è un di fronte solo virtuale) e come faccio se di fronte ho un anonimo, un fantasma?
Ma forse chi non porta argomenti quando accusa me di non dire niente e insulta accusando me di scrivere testi offensivi non vuole interloquire. Vuole solo sfogare la sua frustrazione.
Bene, si sappia che senza firma i commenti non vengono pubblicati.
È una semplice questione di educazione.
Saluti,
Mauro.
domenica 17 settembre 2006
Benedetto, Manuele e Maometto
Il Papa sembra averla fatta grossa: Con le sue citazioni all'università di Ratisbona ha provocato un putiferio non da poco.
Ho cercato di non interessarmi alla cosa, perché sinceramente le affermazioni di capi e capetti religiosi (come quelle di Ratzinger e le reazioni dei religiosi islamici) ormai mi annoiano, sono prevedibili e insipide come una minestra riscaldata e non condita. Ma...
...ma per la stampa e la televisione certe dichiarazioni sono imprescindibili... bisogna parlarne e parlarne (generalmente senza cognizione di causa) per giorni e giorni, facendo passare in secondo piano tutto il resto.
Ecco: tutto il resto.
Qui sta il punto. Non è l'importanza del papa o dei capi dell'Islam che impone di dare così ampio risalto alla cosa. Non sono neanche i contenuti di dette dichiarazioni, al di là di chi le ha pronunciate.
È l'importanza di poter "non" parlare di altre notizie. Notizie più importanti, più pericolose, più indigeste. E che hanno tre problemi:
1) Mettono i lettori/ascoltatori a conoscenza di ciò che succede nel mondo e che ha (o può avere) conseguenze anche sulle loro vite;
2) Rischiano di denudare il re, cioè di far vedere a che livello (verso il basso) è arrivato il giornalismo attuale;
3) Fanno sì che i politici non possano lavorare "dietro le quinte" (traduzione per chi non ha capito l'ironia: Rischiano di constringere i politici a render conto del proprio operato ai cittadini).
E allora... arriva Benedetto XVI che cita Manuele II e che viene controbattuto da Bardakoglu... e salva tutti.
Per esempio (rimanendo alla politica mondiale): quanti hanno seguito l'iniziativa di Bush che intende riscrivere parte della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino e non certo in senso umano? Non credo molti, dato che la maggioranza dei giornali e dei telegionarli ha nascosto la notizia perché il caos intorno a Benedetto XVI aveva la precedenza.
Come diceva Renzo Arbore: meditate, gente, meditate.
Saluti,
Mauro.
P.S.:
Sulla stampa sono apparsi solo estratti del discorso del papa, frutto di un abile taglia e cuci. Per chi volesse leggere il testo completo e farsi un'idea propria: Fede, ragione e università. Ricordi e riflessioni.
Ho cercato di non interessarmi alla cosa, perché sinceramente le affermazioni di capi e capetti religiosi (come quelle di Ratzinger e le reazioni dei religiosi islamici) ormai mi annoiano, sono prevedibili e insipide come una minestra riscaldata e non condita. Ma...
...ma per la stampa e la televisione certe dichiarazioni sono imprescindibili... bisogna parlarne e parlarne (generalmente senza cognizione di causa) per giorni e giorni, facendo passare in secondo piano tutto il resto.
Ecco: tutto il resto.
Qui sta il punto. Non è l'importanza del papa o dei capi dell'Islam che impone di dare così ampio risalto alla cosa. Non sono neanche i contenuti di dette dichiarazioni, al di là di chi le ha pronunciate.
È l'importanza di poter "non" parlare di altre notizie. Notizie più importanti, più pericolose, più indigeste. E che hanno tre problemi:
1) Mettono i lettori/ascoltatori a conoscenza di ciò che succede nel mondo e che ha (o può avere) conseguenze anche sulle loro vite;
2) Rischiano di denudare il re, cioè di far vedere a che livello (verso il basso) è arrivato il giornalismo attuale;
3) Fanno sì che i politici non possano lavorare "dietro le quinte" (traduzione per chi non ha capito l'ironia: Rischiano di constringere i politici a render conto del proprio operato ai cittadini).
E allora... arriva Benedetto XVI che cita Manuele II e che viene controbattuto da Bardakoglu... e salva tutti.
Per esempio (rimanendo alla politica mondiale): quanti hanno seguito l'iniziativa di Bush che intende riscrivere parte della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino e non certo in senso umano? Non credo molti, dato che la maggioranza dei giornali e dei telegionarli ha nascosto la notizia perché il caos intorno a Benedetto XVI aveva la precedenza.
Come diceva Renzo Arbore: meditate, gente, meditate.
Saluti,
Mauro.
P.S.:
Sulla stampa sono apparsi solo estratti del discorso del papa, frutto di un abile taglia e cuci. Per chi volesse leggere il testo completo e farsi un'idea propria: Fede, ragione e università. Ricordi e riflessioni.
Rieccomi
Dopo quasi un mese di assenza per vacanze (spero meritate) e impegni vari, rieccomi qui.
Non vi siete liberati di me :-)
Saluti,
Mauro.
Non vi siete liberati di me :-)
Saluti,
Mauro.
mercoledì 23 agosto 2006
Pedofilia
Pedofilia. Quello che viene considerato il delitto più riprovevole del mondo moderno.
Però anche un'ottima scappatoia... basta usare questo nome a sproposito (o a proposito, dal punto di vista di chi vuole ottenere determinati risultati) e si riesce così a scatenare il linciaggio mediatico e popolare anche per cose che con la pedofilia non hanno nulla a che vedere (e che oltretutto non sempre sono riprovevoli).
Insomma... pedofilia... delitto e ipocrisia.
Ma se ci pensate bene, l'ipocrisia sta già nel nome: "pedofilia" in greco antico significa "amore per i bambini". E stiamo attenti alla parola "amore": qualcuno potrebbe subito saltar su e dire che l'"amore" è una cosa per adulti, che per i bambini bisogna provare "affetto".
Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere.
Il problema è che l'italiano ha una sola parola per il concetto d'amore, mentre il greco antico ne ha tre: eros, agape e philia.
E "philia" è proprio la radice di pedofilia. E "philia" indica l'amore inteso come "amicizia, affetto", senza il trasporto corporale dell'"eros".
Insomma: usiamo una parola che descrive qualcosa di bellissimo per descrivere qualcosa di bruttissimo. Non sarà che la colpa di tutto il casino moderno sulla pedofilia sia anche frutto di questa contraddizione?
Saluti,
Mauro.
Però anche un'ottima scappatoia... basta usare questo nome a sproposito (o a proposito, dal punto di vista di chi vuole ottenere determinati risultati) e si riesce così a scatenare il linciaggio mediatico e popolare anche per cose che con la pedofilia non hanno nulla a che vedere (e che oltretutto non sempre sono riprovevoli).
Insomma... pedofilia... delitto e ipocrisia.
Ma se ci pensate bene, l'ipocrisia sta già nel nome: "pedofilia" in greco antico significa "amore per i bambini". E stiamo attenti alla parola "amore": qualcuno potrebbe subito saltar su e dire che l'"amore" è una cosa per adulti, che per i bambini bisogna provare "affetto".
Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere.
Il problema è che l'italiano ha una sola parola per il concetto d'amore, mentre il greco antico ne ha tre: eros, agape e philia.
E "philia" è proprio la radice di pedofilia. E "philia" indica l'amore inteso come "amicizia, affetto", senza il trasporto corporale dell'"eros".
Insomma: usiamo una parola che descrive qualcosa di bellissimo per descrivere qualcosa di bruttissimo. Non sarà che la colpa di tutto il casino moderno sulla pedofilia sia anche frutto di questa contraddizione?
Saluti,
Mauro.
martedì 15 agosto 2006
Pacifisti?
A (quasi) ogni conflitto riscoppia il pacifismo.
Bello, nulla da dire, che tanta gente voglia la pace e che si impegni per portarla in giro, per propagandarla contro ogni violenza, contro ogni guerra.
Contro ogni guerra? Proprio "ogni", ne siamo sicuri?
Bene, perché allora non ricordo pacifisti davanti alle ambasciate sovietiche in occasione dell'invasione dell'Afghanistan? O davanti a quelle irachene quando Saddam invase il Kuwait?
È giusto protestare davanti alle rappresenzanze USA per il Vietnam o per l'Iraq ed è giusto anche protestare contro Israele per Gaza e il Libano... ma non sarebbero queste proteste ancora più giuste (e soprattutto con più possibilità di successo) se si protestasse veramente contro "ogni" guerra?
O non sarà che il pacifismo è in buona parte semplicemente antiamericanismo?
Oltre a ciò... siamo sicuri che fermare una guerra sia già pace? Siamo proprio sicuri che la semplice assenza di guerra possa essere definita pace?
Non sarebbe anche il caso di capire i perché? O ci accontentiamo di paci ingiuste e imposte che altro non sono che incubatrici di nuove guerre?
Pensiamoci un po'... forse così non fermeremo le guerre più velocemente (anzi), ma almeno le fermeremo per più lungo tempo. È già qualcosa, no?
Saluti,
Mauro.
Bello, nulla da dire, che tanta gente voglia la pace e che si impegni per portarla in giro, per propagandarla contro ogni violenza, contro ogni guerra.
Contro ogni guerra? Proprio "ogni", ne siamo sicuri?
Bene, perché allora non ricordo pacifisti davanti alle ambasciate sovietiche in occasione dell'invasione dell'Afghanistan? O davanti a quelle irachene quando Saddam invase il Kuwait?
È giusto protestare davanti alle rappresenzanze USA per il Vietnam o per l'Iraq ed è giusto anche protestare contro Israele per Gaza e il Libano... ma non sarebbero queste proteste ancora più giuste (e soprattutto con più possibilità di successo) se si protestasse veramente contro "ogni" guerra?
O non sarà che il pacifismo è in buona parte semplicemente antiamericanismo?
Oltre a ciò... siamo sicuri che fermare una guerra sia già pace? Siamo proprio sicuri che la semplice assenza di guerra possa essere definita pace?
Non sarebbe anche il caso di capire i perché? O ci accontentiamo di paci ingiuste e imposte che altro non sono che incubatrici di nuove guerre?
Pensiamoci un po'... forse così non fermeremo le guerre più velocemente (anzi), ma almeno le fermeremo per più lungo tempo. È già qualcosa, no?
Saluti,
Mauro.
mercoledì 9 agosto 2006
Giustizialismo o perdonismo?
Il recente indulto mi ha fatto venire in mente l'eterna italica lotta tra i giustizialisti e i perdonisti.
Bisogna essere duri, intransigenti, usare il pugno di ferro per proteggere gli onesti e rendere i disonesti inoffensivi?
Bisogna essere buoni, generosi, tendere la mano per contribuire al recupero dei rei e costruire una società buona?
Intanto chiariamo che nessuna delle due cose ha nulla a che fare con la giustizia.
La parola "giustizia", se qualcuno non lo avesse notato, ha la stessa radice della parola "giusto". E né la durezza estrema, né il buonismo spinto sono giusti (che possano essere, in determinate situazioni, utili e/o giustificati è un altro discorso, ma giusti non sono di sicuro entrambi).
Una pena giusta è la premessa indispensabile per poter far sì che sia gli onesti che i disonesti, sia le vittime che i colpevoli possano mantenere o ritrovare il rispetto reciproco e quello verso sè stessi come esseri umani.
Se invece il problema non é la giustizia, ma, come molti vorrebbero farci credere, la sicurezza... allora a maggior ragione giustizialismo e perdonismo perdono entrambi senso.
La maggior garanzia di sicurezza è fornita dalla certezza della pena. E questa si ottiene a mio modesto parere tramite due cose:
- Regole chiare e semplici e "cataloghi delle punizioni" espliciti, in modo che si sappia sempre a cosa si va incontro trasgredendo le regole;
- Una volta condannati in via definitiva pena fissa e chiara, senza premi o aggravamenti, se non in casi eccezionali.
A che serve non sapere se, per esempio, prenderò solo una multa o un anno di galera?
A che serve sapere, per esempio, che nonostante i 30 anni teorici a cui sono stato condannato, mi terranno dentro solo 10 anni o giù di lì?
Ripartiamo da questo. E poi vedrete che non ci sarà più bisogno né di perdonismo né di giustizialismo.
Saluti,
Mauro.
Bisogna essere duri, intransigenti, usare il pugno di ferro per proteggere gli onesti e rendere i disonesti inoffensivi?
Bisogna essere buoni, generosi, tendere la mano per contribuire al recupero dei rei e costruire una società buona?
Intanto chiariamo che nessuna delle due cose ha nulla a che fare con la giustizia.
La parola "giustizia", se qualcuno non lo avesse notato, ha la stessa radice della parola "giusto". E né la durezza estrema, né il buonismo spinto sono giusti (che possano essere, in determinate situazioni, utili e/o giustificati è un altro discorso, ma giusti non sono di sicuro entrambi).
Una pena giusta è la premessa indispensabile per poter far sì che sia gli onesti che i disonesti, sia le vittime che i colpevoli possano mantenere o ritrovare il rispetto reciproco e quello verso sè stessi come esseri umani.
Se invece il problema non é la giustizia, ma, come molti vorrebbero farci credere, la sicurezza... allora a maggior ragione giustizialismo e perdonismo perdono entrambi senso.
La maggior garanzia di sicurezza è fornita dalla certezza della pena. E questa si ottiene a mio modesto parere tramite due cose:
- Regole chiare e semplici e "cataloghi delle punizioni" espliciti, in modo che si sappia sempre a cosa si va incontro trasgredendo le regole;
- Una volta condannati in via definitiva pena fissa e chiara, senza premi o aggravamenti, se non in casi eccezionali.
A che serve non sapere se, per esempio, prenderò solo una multa o un anno di galera?
A che serve sapere, per esempio, che nonostante i 30 anni teorici a cui sono stato condannato, mi terranno dentro solo 10 anni o giù di lì?
Ripartiamo da questo. E poi vedrete che non ci sarà più bisogno né di perdonismo né di giustizialismo.
Saluti,
Mauro.
lunedì 7 agosto 2006
Liberisti? Ma non fatemi ridere!
Con la caduta del muro di Berlino si è consumata la sconfitta del comunismo. Il capitalismo e il liberismo hanno vinto.
C'è qualcosa che non mi quadra.
Che un capitalista sia contento della sconfitta del comunismo è naturale. È nella natura delle cose, qualunque cosa si possa pensare tanto del comunismo quanto del capitalismo.
Che un capitalista esalti il liberismo... però...
Ma come si fa, a meno di ipocrisie e/o ignoranze, a considerare come sinonimi o quasi capitalismo e liberismo? Ma sono opposti e inconciliabili!
Cerchiamo di capire un po' meglio chi è un liberista.
Un liberista è una persona che nell'economia (e non solo, ma limitiamoci all'economia) predica il libero mercato, cioè la concorrenza, l'apertura a offerte diverse.
Il liberista da una parte quindi è contro lo statalismo, il controllo centralizzato dell'economia (e la versione estrema del liberista è contro ogni regola, quindi inconsapevolmente tendente all'anarchia).
Dall'altra parte è inevitabilmente contro il capitalismo. Perché? Molto semplice: il capitalismo non può che avere come fine (conscio o inconscio poco importa) il monopolio. Cioè il controllo centrale, anche se non da parte dello Stato.
Quindi se sentite un capitalista lodare il liberismo... non stupitevi se sentite puzza di bruciato e soprattutto controllate se avete ancora il vostro portafogli in tasca :-)
Saluti,
Mauro.
C'è qualcosa che non mi quadra.
Che un capitalista sia contento della sconfitta del comunismo è naturale. È nella natura delle cose, qualunque cosa si possa pensare tanto del comunismo quanto del capitalismo.
Che un capitalista esalti il liberismo... però...
Ma come si fa, a meno di ipocrisie e/o ignoranze, a considerare come sinonimi o quasi capitalismo e liberismo? Ma sono opposti e inconciliabili!
Cerchiamo di capire un po' meglio chi è un liberista.
Un liberista è una persona che nell'economia (e non solo, ma limitiamoci all'economia) predica il libero mercato, cioè la concorrenza, l'apertura a offerte diverse.
Il liberista da una parte quindi è contro lo statalismo, il controllo centralizzato dell'economia (e la versione estrema del liberista è contro ogni regola, quindi inconsapevolmente tendente all'anarchia).
Dall'altra parte è inevitabilmente contro il capitalismo. Perché? Molto semplice: il capitalismo non può che avere come fine (conscio o inconscio poco importa) il monopolio. Cioè il controllo centrale, anche se non da parte dello Stato.
Quindi se sentite un capitalista lodare il liberismo... non stupitevi se sentite puzza di bruciato e soprattutto controllate se avete ancora il vostro portafogli in tasca :-)
Saluti,
Mauro.
mercoledì 2 agosto 2006
Non difendetemi!
Una piaga del nostro tempo: coloro che ci vogliono difendere.
Impegno lodevole, quello dei buoni samaritani del nostro tempo, e soprattutto quasi sovrumano.
Del resto viviamo in un mondo pieno di pericoli di ogni sorta, nascosti ovunque, anche a due passi da noi, non solo nei vicoli di Baghdad o nelle giungle colombiane.
Per fortuna che quando andiamo a una manifestazione politica ci sono prottetori della nostra parte che ci difendono dagli attacchi di quegli antidemocratici dell'"altra parte".
Per fortuna che quando seguiamo la nostra squadra del cuore in trasferta ci sono i nostri ultrà che ci difendono da quei violenti ultrà provocatori della sponda opposta.
Per fortuna che quando ci troviamo in movimenti di piazza spontanei ci sono altrettanti "spontanei" servizi d'ordine che ci difendono dagli attacchi di provocatori mascherati e/o polizia fascista.
Per fortuna che quando il nostro paese cerca di fare una qualche politica estera ci sono i servizi che prevengono gli attentati di chi ce lo vuole impedire.
Per fortuna che quando da qualche parte un dittatore cade ci sono i difensori della democrazia che arrivano a difendere i neo-liberati dagli attacchi, dai colpi di coda di chi non vuole la libertà.
Per fortuna...
Per fortuna...
Per fortuna...
Per fortuna?
Per fortuna???
E se... senza tutti questi difensori, tutti questi disinteressati samaritani che si sacrificano per noi rischiando la loro incolumità... tutti questi attacchi, tutti questi rischi non ci fossero?
E se... tutti questi samaritani poi così disinteressati non fossero?
Cari buoni samaritani, se dovessi trovarmi in difficoltà, non difendetemi. Così forse eviterò addirittura di essere attaccato :-)
Saluti,
Mauro.
Impegno lodevole, quello dei buoni samaritani del nostro tempo, e soprattutto quasi sovrumano.
Del resto viviamo in un mondo pieno di pericoli di ogni sorta, nascosti ovunque, anche a due passi da noi, non solo nei vicoli di Baghdad o nelle giungle colombiane.
Per fortuna che quando andiamo a una manifestazione politica ci sono prottetori della nostra parte che ci difendono dagli attacchi di quegli antidemocratici dell'"altra parte".
Per fortuna che quando seguiamo la nostra squadra del cuore in trasferta ci sono i nostri ultrà che ci difendono da quei violenti ultrà provocatori della sponda opposta.
Per fortuna che quando ci troviamo in movimenti di piazza spontanei ci sono altrettanti "spontanei" servizi d'ordine che ci difendono dagli attacchi di provocatori mascherati e/o polizia fascista.
Per fortuna che quando il nostro paese cerca di fare una qualche politica estera ci sono i servizi che prevengono gli attentati di chi ce lo vuole impedire.
Per fortuna che quando da qualche parte un dittatore cade ci sono i difensori della democrazia che arrivano a difendere i neo-liberati dagli attacchi, dai colpi di coda di chi non vuole la libertà.
Per fortuna...
Per fortuna...
Per fortuna...
Per fortuna?
Per fortuna???
E se... senza tutti questi difensori, tutti questi disinteressati samaritani che si sacrificano per noi rischiando la loro incolumità... tutti questi attacchi, tutti questi rischi non ci fossero?
E se... tutti questi samaritani poi così disinteressati non fossero?
Cari buoni samaritani, se dovessi trovarmi in difficoltà, non difendetemi. Così forse eviterò addirittura di essere attaccato :-)
Saluti,
Mauro.
lunedì 31 luglio 2006
Contro l'indulto
Premetto che non sono un giurista, quindi ciò che dirò non si basa su ragionamenti "tecnici".
E non voglio fare neanche del facile moralismo, quindi non farò "classifiche" di dignità tra i vari reati. O distinzioni politiche fra gli stessi.
Di "tecnico" vorrei dire solo un'unica cosa: l'indulto non è un'amnistia o una grazia, quindi nessuna fedina penale verrà "lavata". Tutti quelli che si scandalizzano per la cancellazione dei reati possono smetterla di starnazzare: nessun reato verrà cancellato.
Però... non sono convinto (proprio per niente) dell'indulto. Almeno non in questa forma.
Verò è che le carceri sono sovraffolate e che anche i carcerati hanno diritto a vivere con dignità (anche dietro le sbarre, sì, anche lì).
Vero è che in teoria il carcere dovrebbe essere luogo prima di tutto di rieducazione, non di punizione. E che in questo ha fallito.
Però è vero anche che ogni persona, carcerati compresi, è diversa.
A parità di reato e di pena, bisogna vedere cosa c'è dietro il reato, le motivazioni che hanno portato a ciò.
A parità di reato e di pena, bisogna vedere che persona abbiamo di fronte. C'è chi è pericoloso e chi no, c'è chi per natura tende al male e chi per natura no.
Insomma: alleggerire le pene, abbreviare le misure restrittive o altri provvedimenti che tendano a migliorare la situazione dei detenuti (e indirettamente quindi anche quella dei loro guardiani) va bene, anzi benissimo.
Ma non come provvedimento di massa: ogni situazione va valutata singolarmente.
Carcerato per carcerato.
Essere umano per essere umano.
Saluti,
Mauro.
E non voglio fare neanche del facile moralismo, quindi non farò "classifiche" di dignità tra i vari reati. O distinzioni politiche fra gli stessi.
Di "tecnico" vorrei dire solo un'unica cosa: l'indulto non è un'amnistia o una grazia, quindi nessuna fedina penale verrà "lavata". Tutti quelli che si scandalizzano per la cancellazione dei reati possono smetterla di starnazzare: nessun reato verrà cancellato.
Però... non sono convinto (proprio per niente) dell'indulto. Almeno non in questa forma.
Verò è che le carceri sono sovraffolate e che anche i carcerati hanno diritto a vivere con dignità (anche dietro le sbarre, sì, anche lì).
Vero è che in teoria il carcere dovrebbe essere luogo prima di tutto di rieducazione, non di punizione. E che in questo ha fallito.
Però è vero anche che ogni persona, carcerati compresi, è diversa.
A parità di reato e di pena, bisogna vedere cosa c'è dietro il reato, le motivazioni che hanno portato a ciò.
A parità di reato e di pena, bisogna vedere che persona abbiamo di fronte. C'è chi è pericoloso e chi no, c'è chi per natura tende al male e chi per natura no.
Insomma: alleggerire le pene, abbreviare le misure restrittive o altri provvedimenti che tendano a migliorare la situazione dei detenuti (e indirettamente quindi anche quella dei loro guardiani) va bene, anzi benissimo.
Ma non come provvedimento di massa: ogni situazione va valutata singolarmente.
Carcerato per carcerato.
Essere umano per essere umano.
Saluti,
Mauro.
giovedì 27 luglio 2006
Sono antisemita?
Con la riesplosione del conflitto tra Israele e Hezbollah in territorio libanese e con la conseguente conferenza di Roma (conferenza che, se non fosse per la situazione tragica di cui si parlava, avrebbe potuto essere scambiata per una barzelletta malriuscita) torna di estrema attualità la situazione medio-orientale.
Soprattutto torna di estrema attualità l'essere pro o contro Israele.
E ancor di più il fatto che non si possa criticare Israele senza essere accusati di essere antisemiti.
Io a questo mi ribello.
Per prima cosa mi ribello per una semplice ragione linguistica: popoli semiti sono (basta consultare qualsiasi enciclopedia per accertarsene), tra gli altri, ebrei e arabi. Sì, proprio i tanto odiati e "antisemiti" arabi.
Quindi, signori miei, se io attacco Israele e difendo i Palestinesi non posso essere antisemita. Se lo fossi veramente attaccherei tutti e due i popoli. Al limite attaccando solo Israele potrei essere anti-israeliano o anti-ebraico. Ma non antisemita.
Ora i più attenti di voi avranno notato che ho parlato di Israele, ma invece di citare gli israeliani ho citato gli ebrei.
Ma come, direte, spacca il capello in quattro per il significato di "antisemita" e poi mischia allegramente uno stato moderno democratico (Israele) e la professione di una ben precisa religione (l'ebraismo)? Non sa che esistono israeliani di religione musulmana o cristiana e che esistono ebrei che non hanno né hanno intenzione di avere il passaporto israeliano?
Bene, avete colto il punto. La confusione è stata da me fatta apposta.
Io voglio poter criticare Israele come stato allo stesso modo in cui posso criticare Italia, Germania, Siria, Giordania, Cina, Stati Uniti, Brasile o qualsiasi altro stato senza venire accusato di razzismo o di essere nemico di una religione o altre cazzate simili.
Io critico uno stato o un governo, non un popolo o una religione.
Se critico Israele sono obbligatoriamente antisemita?
Bene, allora preferisco essere definito antisemita che rinunciare al mio diritto di critica.
Saluti,
Mauro.
Soprattutto torna di estrema attualità l'essere pro o contro Israele.
E ancor di più il fatto che non si possa criticare Israele senza essere accusati di essere antisemiti.
Io a questo mi ribello.
Per prima cosa mi ribello per una semplice ragione linguistica: popoli semiti sono (basta consultare qualsiasi enciclopedia per accertarsene), tra gli altri, ebrei e arabi. Sì, proprio i tanto odiati e "antisemiti" arabi.
Quindi, signori miei, se io attacco Israele e difendo i Palestinesi non posso essere antisemita. Se lo fossi veramente attaccherei tutti e due i popoli. Al limite attaccando solo Israele potrei essere anti-israeliano o anti-ebraico. Ma non antisemita.
Ora i più attenti di voi avranno notato che ho parlato di Israele, ma invece di citare gli israeliani ho citato gli ebrei.
Ma come, direte, spacca il capello in quattro per il significato di "antisemita" e poi mischia allegramente uno stato moderno democratico (Israele) e la professione di una ben precisa religione (l'ebraismo)? Non sa che esistono israeliani di religione musulmana o cristiana e che esistono ebrei che non hanno né hanno intenzione di avere il passaporto israeliano?
Bene, avete colto il punto. La confusione è stata da me fatta apposta.
Io voglio poter criticare Israele come stato allo stesso modo in cui posso criticare Italia, Germania, Siria, Giordania, Cina, Stati Uniti, Brasile o qualsiasi altro stato senza venire accusato di razzismo o di essere nemico di una religione o altre cazzate simili.
Io critico uno stato o un governo, non un popolo o una religione.
Se critico Israele sono obbligatoriamente antisemita?
Bene, allora preferisco essere definito antisemita che rinunciare al mio diritto di critica.
Saluti,
Mauro.
martedì 18 luglio 2006
giovedì 13 luglio 2006
Bisogna saper perdere
I mondiali sono finiti. Per fortuna.
Sono sì stati un'avventura bellissima... ma un mese in cui si vive di solo calcio basta, ora torniamo alla vita, alla realtà.
Oggi voglio comunque parlare ancora di mondiali e poi basta, me li dimenticherò fino ai prossimi, fino al 2010.
Un bel mondiale, che ha fornito molte emozioni. Partite brutte e partite belle, ma soprattutto tanto tifo e voglia di divertirsi.
E alla fine purtroppo due delusioni. Due delusioni che portano i nomi di Germania e Francia.
Perché delusioni? Le due nazionali hanno giocato bene (più la Germania della Francia, comunque), hanno onorato il mondiale e hanno conquistato meritatamente il secondo e il terzo gradino del podio.
No, la delusione non c'entra col calcio giocato, ma con l'opinione pubblica e la stampa.
Francia e Germania hanno dimostrato in ciò di non saper perdere. E questo fa male allo sport. E fa male a me non solo in quanto italiano, ma soprattutto in quanto amante del calcio.
I tedeschi continuano a tirare fuori la storia di Frings.
Ma non siate bambini, suvvia! La squalifica è stata giustissima ed è giustissimo protestare per chi va contro le regole (vedi Frings).
A parte il fatto che la squalifica è stata dovuta all'intervento della ZDF (la FIFA è intervenuta dopo aver visto le immagini trasmesse dalla ZDF, che vi ricordo non è certo una televisione italiana), anche fosse stata l'Italia a presentare reclamo alla FIFA, che ci sarebbe stato di male?
Sarebbe come dire che se io vedo uno commettere una rapina non devo sporgere denuncia perché il rapinato non sono io.
Cari amici tedeschi... smettetela di leggere la Bild e accendete il cervello :-)))
I francesi (e molti tedeschi li seguono) continuano ora a tirare fuori le provocazioni di Materazzi contro Zidane.
Intanto il fatto che Zidane ha tenuto un comportamento violento in campo e per quello è stato punito (giustamente), mentre di comportamenti violenti da parte di Materazzi non se ne sono visti, dovrebbe bastare, qualunque cosa abbia detto Materazzi a Zidane.
Perché dovrebbe bastare? In campo (e parlo da persona che ha praticato sport a discreto livello per più di dieci anni) si cerca sempre di provocare l'avversario. Non è bello, ma è normale. E gli allenatori (quelli seri) insegnano sempre a non reagire o al massimo a reagire con violenza verbale, non con violenza fisica.
Nello sport chi reagisce con la violenza agli insulti ha torto, qualunque sia l'insulto. E Zidane lo sa benissimo. Come lo sanno benissimo tutti i francesi.
In più basta guardare le immagini: Zidane ha parlato per primo. Quindi se si vuole essere onesti, bisogna chiedersi cosa ha detto Zidane, prima di chiedersi cosa ha detto Materazzi.
Non so se ieri sera avete ascoltato l'intervista a Zidane sulla TV francese.
Di fatto Zidane ha assolto Materazzi: se Materazzi avesse detto qualcosa di così grave, Zidane non avrebbe avuto problemi a riferire chiaramente l'insulto, invece si è tenuto sul vago, girando di fatto intorno alla cosa con l'unico intento di fare la vittima.
Sinceramente da un campione come lui, la cosa mi ha messo molta, molta tristezza.
Cari amici francesi... prima di darci dei ladri, restituiteci tutte le opere d'arte che Napoleone ha rubato in Italia e portato al Louvre :-)))
Posso capire che i tedeschi siano delusi per aver perso il mondiale in casa propria.
Ma vi ricordo che nel 1990 l'Italia arrivò terza in casa propria e invece di inventarsi chissà quali storie tifò addirittura in finale per la Germania, contenta che il titolo rimanesse in Europa.
Posso capire che i francesi siano delusi per aver perso ai rigori senza aver demeritato.
Ma vi ricordo che nel 1994 l'Italia perse la finale ai rigori contro il Brasile, senza che il Brasile meritasse di vincere, però non si inventò campagne di stampa per sminuire il titolo dei brasiliani.
Insomma, per una volta sono orgoglioso di poter dire senza tema di smentite: cari amici francesi e tedeschi, imparate da noi italiani.
Imparate a saper perdere. Vincere è facile, ma nella sconfitta si vede il carattere.
Saluti,
Mauro.
Sono sì stati un'avventura bellissima... ma un mese in cui si vive di solo calcio basta, ora torniamo alla vita, alla realtà.
Oggi voglio comunque parlare ancora di mondiali e poi basta, me li dimenticherò fino ai prossimi, fino al 2010.
Un bel mondiale, che ha fornito molte emozioni. Partite brutte e partite belle, ma soprattutto tanto tifo e voglia di divertirsi.
E alla fine purtroppo due delusioni. Due delusioni che portano i nomi di Germania e Francia.
Perché delusioni? Le due nazionali hanno giocato bene (più la Germania della Francia, comunque), hanno onorato il mondiale e hanno conquistato meritatamente il secondo e il terzo gradino del podio.
No, la delusione non c'entra col calcio giocato, ma con l'opinione pubblica e la stampa.
Francia e Germania hanno dimostrato in ciò di non saper perdere. E questo fa male allo sport. E fa male a me non solo in quanto italiano, ma soprattutto in quanto amante del calcio.
I tedeschi continuano a tirare fuori la storia di Frings.
Ma non siate bambini, suvvia! La squalifica è stata giustissima ed è giustissimo protestare per chi va contro le regole (vedi Frings).
A parte il fatto che la squalifica è stata dovuta all'intervento della ZDF (la FIFA è intervenuta dopo aver visto le immagini trasmesse dalla ZDF, che vi ricordo non è certo una televisione italiana), anche fosse stata l'Italia a presentare reclamo alla FIFA, che ci sarebbe stato di male?
Sarebbe come dire che se io vedo uno commettere una rapina non devo sporgere denuncia perché il rapinato non sono io.
Cari amici tedeschi... smettetela di leggere la Bild e accendete il cervello :-)))
I francesi (e molti tedeschi li seguono) continuano ora a tirare fuori le provocazioni di Materazzi contro Zidane.
Intanto il fatto che Zidane ha tenuto un comportamento violento in campo e per quello è stato punito (giustamente), mentre di comportamenti violenti da parte di Materazzi non se ne sono visti, dovrebbe bastare, qualunque cosa abbia detto Materazzi a Zidane.
Perché dovrebbe bastare? In campo (e parlo da persona che ha praticato sport a discreto livello per più di dieci anni) si cerca sempre di provocare l'avversario. Non è bello, ma è normale. E gli allenatori (quelli seri) insegnano sempre a non reagire o al massimo a reagire con violenza verbale, non con violenza fisica.
Nello sport chi reagisce con la violenza agli insulti ha torto, qualunque sia l'insulto. E Zidane lo sa benissimo. Come lo sanno benissimo tutti i francesi.
In più basta guardare le immagini: Zidane ha parlato per primo. Quindi se si vuole essere onesti, bisogna chiedersi cosa ha detto Zidane, prima di chiedersi cosa ha detto Materazzi.
Non so se ieri sera avete ascoltato l'intervista a Zidane sulla TV francese.
Di fatto Zidane ha assolto Materazzi: se Materazzi avesse detto qualcosa di così grave, Zidane non avrebbe avuto problemi a riferire chiaramente l'insulto, invece si è tenuto sul vago, girando di fatto intorno alla cosa con l'unico intento di fare la vittima.
Sinceramente da un campione come lui, la cosa mi ha messo molta, molta tristezza.
Cari amici francesi... prima di darci dei ladri, restituiteci tutte le opere d'arte che Napoleone ha rubato in Italia e portato al Louvre :-)))
Posso capire che i tedeschi siano delusi per aver perso il mondiale in casa propria.
Ma vi ricordo che nel 1990 l'Italia arrivò terza in casa propria e invece di inventarsi chissà quali storie tifò addirittura in finale per la Germania, contenta che il titolo rimanesse in Europa.
Posso capire che i francesi siano delusi per aver perso ai rigori senza aver demeritato.
Ma vi ricordo che nel 1994 l'Italia perse la finale ai rigori contro il Brasile, senza che il Brasile meritasse di vincere, però non si inventò campagne di stampa per sminuire il titolo dei brasiliani.
Insomma, per una volta sono orgoglioso di poter dire senza tema di smentite: cari amici francesi e tedeschi, imparate da noi italiani.
Imparate a saper perdere. Vincere è facile, ma nella sconfitta si vede il carattere.
Saluti,
Mauro.
lunedì 10 luglio 2006
E ora...
...che abbiamo vinto il titolo di Campioni del Mondo di calcio, il nostro calcio deve vincere la seconda battaglia. Forse quella più importante e difficile: quella contro l'insabbiamento.
Non bisogna lasciare che lo scandalo dei campionati truccati venga nascosto con il solito "volemose bene" che segue a ogni grande successo (e non solo in Italia, credetemi).
No. La vittoria di Berlino non deve essere una scusa per un'amnistia, per un insabbiamento generale.
La vittoria di Berlino deve invece essere la vittoria contro la banda Moggi-Galliani, deve far venire tutto alla luce e far sì che la giustizia (sportiva e, se necessario, anche penale) faccia il suo corso. Senza pietà e senza giustizialismi.
Se la vittoria nel mondiale portasse a un'amnistia, allora sarebbe stato mille volte meglio buttarli in tribuna quei cinque crudeli, magnifici rigori contro la Francia.
Saluti,
Mauro.
Non bisogna lasciare che lo scandalo dei campionati truccati venga nascosto con il solito "volemose bene" che segue a ogni grande successo (e non solo in Italia, credetemi).
No. La vittoria di Berlino non deve essere una scusa per un'amnistia, per un insabbiamento generale.
La vittoria di Berlino deve invece essere la vittoria contro la banda Moggi-Galliani, deve far venire tutto alla luce e far sì che la giustizia (sportiva e, se necessario, anche penale) faccia il suo corso. Senza pietà e senza giustizialismi.
Se la vittoria nel mondiale portasse a un'amnistia, allora sarebbe stato mille volte meglio buttarli in tribuna quei cinque crudeli, magnifici rigori contro la Francia.
Saluti,
Mauro.
venerdì 7 luglio 2006
Povera satira
I tedeschi non sanno fare la satira. Ci provano, insistono, fanno finta di non sentire chi glielo ricorda... ma non sanno fare la satira. È un dato di fatto.
L'unico tedesco che ci sia riuscito è stato Kurt Tucholsky. Ma è passato ormai un secolo.
I tedeschi credono che fare satira sia equivalente a lasciarsi andare a volgarità da bettola di quart'ordine. Come ha fatto Adrian Pohr sulla versione in rete della Zeit di oggi ('Mafia im Finale', con una promessa di traduzione italiana: 'La Mafia al Finale' ), oppure Achim Achilles sulla versione in rete dello Spiegel di qualche giorno fa (talmente vergognosa da spingere la redazione a cancellare l'articolo e a scusarsi in tre lingue: 'In eigener Sache'). Per non parlare della Bild. Che neanche merita di essere citata.
Ma i tedeschi non sanno fare satira neanche su (o contro) sè stessi. Se penso a riviste che in Germania sono considerate satiriche, ma che in Italia farebbero ridere al massimo ragazzini delle medie, mi cascano le braccia.
Del resto Ennio Flaiano, Achille Campanile, Cesare Zavattini, Stefano Benni, Michele Serra e cento altri che ora dimentico sono nati non per caso in Italia e non in Germania :-)
Amici tedeschi, sapete fare tante cose bene, anzi benissimo, ma nella satira fate pena. Lasciate perdere, ve lo consiglio più per voi stessi che per le vostre potenziali vittime.
Anche perché rischiate di provocare incidenti.
Non dimenticatevi infatti che una satira ben fatta fa sorridere chi ha la coscienza a posto e fa vergognare chi la ha sporca, mentre una satira mal fatta sveglia solo i peggiori rappresentanti dei vari schieramenti senza muovere nessuna coscienza.
Saluti,
Mauro.
L'unico tedesco che ci sia riuscito è stato Kurt Tucholsky. Ma è passato ormai un secolo.
I tedeschi credono che fare satira sia equivalente a lasciarsi andare a volgarità da bettola di quart'ordine. Come ha fatto Adrian Pohr sulla versione in rete della Zeit di oggi ('Mafia im Finale', con una promessa di traduzione italiana: 'La Mafia al Finale' ), oppure Achim Achilles sulla versione in rete dello Spiegel di qualche giorno fa (talmente vergognosa da spingere la redazione a cancellare l'articolo e a scusarsi in tre lingue: 'In eigener Sache'). Per non parlare della Bild. Che neanche merita di essere citata.
Ma i tedeschi non sanno fare satira neanche su (o contro) sè stessi. Se penso a riviste che in Germania sono considerate satiriche, ma che in Italia farebbero ridere al massimo ragazzini delle medie, mi cascano le braccia.
Del resto Ennio Flaiano, Achille Campanile, Cesare Zavattini, Stefano Benni, Michele Serra e cento altri che ora dimentico sono nati non per caso in Italia e non in Germania :-)
Amici tedeschi, sapete fare tante cose bene, anzi benissimo, ma nella satira fate pena. Lasciate perdere, ve lo consiglio più per voi stessi che per le vostre potenziali vittime.
Anche perché rischiate di provocare incidenti.
Non dimenticatevi infatti che una satira ben fatta fa sorridere chi ha la coscienza a posto e fa vergognare chi la ha sporca, mentre una satira mal fatta sveglia solo i peggiori rappresentanti dei vari schieramenti senza muovere nessuna coscienza.
Saluti,
Mauro.
martedì 4 luglio 2006
Bruno, l'orso
Gli animalisti hanno chiesto ai giocatori italiani di lanciare qualche segnale stasera prima della partita contro la Germania in ricordo dell'orso ucciso qualche giorno fa in Baviera.
A parte il fatto che tutta (o quasi) la Germania si è indignata quasi quanto noi italiani e che la Baviera (o meglio il governo bavarese) si è ritrovata isolata all'interno del suo stesso paese... che c'entra un segnale del genere? Mica i calciatori tedeschi hanno ucciso Bruno.
Un gesto simile servirebbe solo ad aumentare la tensione (sarebbe facilmente fraintendibile, potrebbe sembrare un'accusa alla Germania tutta) e di tensione grazie ai coglioni dello Spiegel e della Bild ce n'è già abbastanza.
Semmai, in ricordo di Bruno, si potrebbe boicottare la Baviera: niente turisti italiani in Baviera, niente prodotti bavaresi (tra cui le marche BMW, Audi o Siemens) acquistati in Italia, eccetera.
Questo sì che si potrebbe fare. Oltre che inondare di posta con frasi - educate! - di condanna l'ufficio del signor Werner Schnappauf, ministro bavarese per l'ambiente.
Volete l'indirizzo?
Werner Schnappauf
Bayerisches Staatsministerium für Umwelt, Gesundheit und Verbraucherschutz
Rosenkavalierplatz 2,
81925 München
Germania
Saluti,
Mauro.
A parte il fatto che tutta (o quasi) la Germania si è indignata quasi quanto noi italiani e che la Baviera (o meglio il governo bavarese) si è ritrovata isolata all'interno del suo stesso paese... che c'entra un segnale del genere? Mica i calciatori tedeschi hanno ucciso Bruno.
Un gesto simile servirebbe solo ad aumentare la tensione (sarebbe facilmente fraintendibile, potrebbe sembrare un'accusa alla Germania tutta) e di tensione grazie ai coglioni dello Spiegel e della Bild ce n'è già abbastanza.
Semmai, in ricordo di Bruno, si potrebbe boicottare la Baviera: niente turisti italiani in Baviera, niente prodotti bavaresi (tra cui le marche BMW, Audi o Siemens) acquistati in Italia, eccetera.
Questo sì che si potrebbe fare. Oltre che inondare di posta con frasi - educate! - di condanna l'ufficio del signor Werner Schnappauf, ministro bavarese per l'ambiente.
Volete l'indirizzo?
Werner Schnappauf
Bayerisches Staatsministerium für Umwelt, Gesundheit und Verbraucherschutz
Rosenkavalierplatz 2,
81925 München
Germania
Saluti,
Mauro.
domenica 2 luglio 2006
Presepe e Islam
Mi sono ricapitate tra le mani alcune righe che scrissi intorno a Natale. Ora Natale è lontano, ma penso che possano essere comunque interessanti.
Negli ultimi anni sempre più scuole hanno soppresso o modificato la tradizione natalizia del presepe. L’ultimo esempio è una scuola milanese che ha deciso di fare il presepe, ma di non metterci Gesù bambino.
Motivo? Non ferire la sensibilità dei sempre più numerosi bambini musulmani, o comunque non cristiani.
Sinceramente... di una simile decisione si può solo ridere.
Punto primo: in Italia ci sono tantissimi atei e agnostici che si sentono infastiditi dall’imposizione di tradizioni cattoliche molto di più di quanto ne siano infastiditi i musulmani. Queste persone in Italia ci sono sempre state, ma nessuno ha mai pensato alla loro sensibilità.
Punto secondo: Gesù è anche un “personaggio” dell’Islam. Il Corano lo presenta come un grandissimo profeta. Quindi togliere Gesù dal presepe, ma fare il presepe, diventa una doppia offesa: lasci ciò che è tipico cristiano (il presepe, appunto) e togli ciò che accomuna Islam e Cristianesimo (cioè Gesù)?
Punto terzo: se vogliamo vedere il presepe non come simbolo religioso ma come esempio della tradizione popolare-culturale di un paese (e c’è molta gente che lo vede in questi termini), allora è chi arriva da fuori a doversi adeguare (il che non significa convertirsi o tradire la propria cultura, ma solo accettare anche quella del paese dove ci si trova), non chi fa il presepe.
Saluti,
Mauro.
Negli ultimi anni sempre più scuole hanno soppresso o modificato la tradizione natalizia del presepe. L’ultimo esempio è una scuola milanese che ha deciso di fare il presepe, ma di non metterci Gesù bambino.
Motivo? Non ferire la sensibilità dei sempre più numerosi bambini musulmani, o comunque non cristiani.
Sinceramente... di una simile decisione si può solo ridere.
Punto primo: in Italia ci sono tantissimi atei e agnostici che si sentono infastiditi dall’imposizione di tradizioni cattoliche molto di più di quanto ne siano infastiditi i musulmani. Queste persone in Italia ci sono sempre state, ma nessuno ha mai pensato alla loro sensibilità.
Punto secondo: Gesù è anche un “personaggio” dell’Islam. Il Corano lo presenta come un grandissimo profeta. Quindi togliere Gesù dal presepe, ma fare il presepe, diventa una doppia offesa: lasci ciò che è tipico cristiano (il presepe, appunto) e togli ciò che accomuna Islam e Cristianesimo (cioè Gesù)?
Punto terzo: se vogliamo vedere il presepe non come simbolo religioso ma come esempio della tradizione popolare-culturale di un paese (e c’è molta gente che lo vede in questi termini), allora è chi arriva da fuori a doversi adeguare (il che non significa convertirsi o tradire la propria cultura, ma solo accettare anche quella del paese dove ci si trova), non chi fa il presepe.
Saluti,
Mauro.
giovedì 29 giugno 2006
Cina e finanza
La Cina conquisterà il mondo. Economicamente almeno.
O forse no. Forse lo farà l’India, che ha manodopera ancora più a basso costo.
O forse ritornerà in auge l’Australia, dove è stata appena cancellata di fatto ogni protezione sindacale per i lavoratori.
O forse... o forse semplicemente non abbiamo capito niente.
Al di là dei cicli economici che hanno sempre portato a periodi buoni e periodi cattivi, il problema credo sia molto più banale.
Non è occidente contro oriente. Non è Stato contro libero mercato. Non è neanche (almeno non solo) padrone contro lavoratore.
È finanza contro industria.
Finanza significa che la produzione non ha nessuna speranza. Né in Italia, né negli USA, né in Cina, né altrove. Finanza significa semplicemente guadagno veloce. Lo sviluppo di un’azienda, di un commercio non sono importanti. Importante è tirarne fuori il più possibile, ma soprattutto il più alla svelta possibile.
Industria invece significa che la produzione e lo scambio durano, è un ragionamento a medio-lungo termine. Quindi guadagno magari inferiore, ma duraturo nel tempo.
E questa differenza vale in entrambi i sistemi: statalista e liberista.
Non è la Cina che ci deve fare paura. Anzi, forse potrebbe diventare un’utile alleata.
Sono gli Ackermann e gli Gnutti che ci devono fare paura.
Saluti,
Mauro.
O forse no. Forse lo farà l’India, che ha manodopera ancora più a basso costo.
O forse ritornerà in auge l’Australia, dove è stata appena cancellata di fatto ogni protezione sindacale per i lavoratori.
O forse... o forse semplicemente non abbiamo capito niente.
Al di là dei cicli economici che hanno sempre portato a periodi buoni e periodi cattivi, il problema credo sia molto più banale.
Non è occidente contro oriente. Non è Stato contro libero mercato. Non è neanche (almeno non solo) padrone contro lavoratore.
È finanza contro industria.
Finanza significa che la produzione non ha nessuna speranza. Né in Italia, né negli USA, né in Cina, né altrove. Finanza significa semplicemente guadagno veloce. Lo sviluppo di un’azienda, di un commercio non sono importanti. Importante è tirarne fuori il più possibile, ma soprattutto il più alla svelta possibile.
Industria invece significa che la produzione e lo scambio durano, è un ragionamento a medio-lungo termine. Quindi guadagno magari inferiore, ma duraturo nel tempo.
E questa differenza vale in entrambi i sistemi: statalista e liberista.
Non è la Cina che ci deve fare paura. Anzi, forse potrebbe diventare un’utile alleata.
Sono gli Ackermann e gli Gnutti che ci devono fare paura.
Saluti,
Mauro.
mercoledì 28 giugno 2006
L'Italia ha vinto
No, non sto parlando della sudata vittoria contro l'Australia ai mondiali. No, da tifoso sono stato contento, ma l'Italia il 25-26 giugno ha vinto una partita ben più importante.
Il 25-26 giugno gli italiani, votando no al referendum sulla riforma costituzionale, hanno salvato la Costituzione e probabilmente il futuro della democrazia (o di quel po' di democrazia che abbiamo) in Italia.
Però rimane l'amaro in bocca e tante considerazioni (quasi tutte negative) si inseguono tra loro.
Partiamo dall'unica considerazione veramente positiva: la maggioranza di coloro che hanno votato no, ha votato contro un ulteriore disgregamento del paese. Non tanto nel senso secessionista della Lega, quanto nel senso del disgregamento del tessuto sociale che si sarebbe accompagnato alla regionalizzazione di istruzione, sanità e altro.
La prima considerazione negativa è l'affluenza alle urne: 52,3%!!!
Ma ve ne rendete conto? Un referendum che decide del futuro del paese a lungo termine (e non di un governo o di una legislatura) e lo cambia nel profondo... e metà degli italiani se ne fregano?
In un altro paese sarebbe (giustamente) considerata una cosa scandalosa.
E su questo punto non è importante che la riforma fosse buona o cattiva, fosse giusta o sbagliata. È importante (purtroppo) che tanti italiani se ne siano disinteressati.
Altra considerazione negativa: la riforma (oltre che pericolosa) era scritta male, in parte incomprensibile e autocontradditoria.
Solo per la sua parziale incomprensibilità andava bocciata: una Costituzione deve essere chiara, comprensibile a tutti (analfabeti compresi: devono essere in grado di capirne il contenuto se qualcuno gliela legge). Quella che avremmo avuto se avesse vinto il sì sarebbe stata compresa solo da esperti di enigmistica.
Eppure il 15-20% degli italiani ha dimostrato di volerla!
E poi la cosa più scandalosa, della quale da italiano profondamente mi vergogno: la maggioranza di coloro che sono andati alle urne sono andati con l'obiettivo di salvare o di far cadere il governo Prodi, non per conservare o cambiare la Costituzione.
Grazie alla disinformazione televisiva sono andati a un voto politico.
Ma la Costituzione è molto più della politica, ignoranti!
Quello che mi chiedo è, viste tutte queste considerazioni: quanti italiani conoscono la propria Costituzione? Quanti la hanno letta, se non in passato, almeno in previsione di questo voto? Pochi, pochissimi.
E quanti hanno letto il testo della potenziale Costituzione modificata? Di sicuro ancora meno, molti di meno di quei pochissimi di cui sopra.
E da italiano all'estero, un'ultima considerazione: all'estero (in Europa no, ma nel globale sì) ha vinto il sì. Cioè gli italiani all'estero si sono schierati a fianco del centrodestra per la riforma della Costituzione.
Qualcuno ha urlato allo scandalo: ma come? Prima votate per il centrosinistra e neanche tre mesi dopo cambiate bandiera?
Direi proprio che questi "scandalizzati" dovrebbero togliersi un po' di prosciutto dagli occhi :-)
Tradizionalmente (per motivi che non è il caso qui di analizzare) l'italiano all'estero tende a destra. Quindi la stranezza sono state le elezioni di aprile, non l'attuale referendum.
Ma alle elezioni di aprile, gli italiani all'estero non hanno votato per il centrosinistra. Hanno votato contro la persona Berlusconi, contro le figuracce che ci ha fatto subire, contro il fatto che grazie a lui la considerazione che gli stranieri hanno di noi è tornata indietro di anni.
Se il centrodestra avesse candidato Casini o Fini a presidente del consiglio... gli italiani all'estero ad aprile avrebbero votato per il centrodestra. Forse non così massicciamente come in passato, ma comunque per il centrodestra.
Saluti,
Mauro.
Il 25-26 giugno gli italiani, votando no al referendum sulla riforma costituzionale, hanno salvato la Costituzione e probabilmente il futuro della democrazia (o di quel po' di democrazia che abbiamo) in Italia.
Però rimane l'amaro in bocca e tante considerazioni (quasi tutte negative) si inseguono tra loro.
Partiamo dall'unica considerazione veramente positiva: la maggioranza di coloro che hanno votato no, ha votato contro un ulteriore disgregamento del paese. Non tanto nel senso secessionista della Lega, quanto nel senso del disgregamento del tessuto sociale che si sarebbe accompagnato alla regionalizzazione di istruzione, sanità e altro.
La prima considerazione negativa è l'affluenza alle urne: 52,3%!!!
Ma ve ne rendete conto? Un referendum che decide del futuro del paese a lungo termine (e non di un governo o di una legislatura) e lo cambia nel profondo... e metà degli italiani se ne fregano?
In un altro paese sarebbe (giustamente) considerata una cosa scandalosa.
E su questo punto non è importante che la riforma fosse buona o cattiva, fosse giusta o sbagliata. È importante (purtroppo) che tanti italiani se ne siano disinteressati.
Altra considerazione negativa: la riforma (oltre che pericolosa) era scritta male, in parte incomprensibile e autocontradditoria.
Solo per la sua parziale incomprensibilità andava bocciata: una Costituzione deve essere chiara, comprensibile a tutti (analfabeti compresi: devono essere in grado di capirne il contenuto se qualcuno gliela legge). Quella che avremmo avuto se avesse vinto il sì sarebbe stata compresa solo da esperti di enigmistica.
Eppure il 15-20% degli italiani ha dimostrato di volerla!
E poi la cosa più scandalosa, della quale da italiano profondamente mi vergogno: la maggioranza di coloro che sono andati alle urne sono andati con l'obiettivo di salvare o di far cadere il governo Prodi, non per conservare o cambiare la Costituzione.
Grazie alla disinformazione televisiva sono andati a un voto politico.
Ma la Costituzione è molto più della politica, ignoranti!
Quello che mi chiedo è, viste tutte queste considerazioni: quanti italiani conoscono la propria Costituzione? Quanti la hanno letta, se non in passato, almeno in previsione di questo voto? Pochi, pochissimi.
E quanti hanno letto il testo della potenziale Costituzione modificata? Di sicuro ancora meno, molti di meno di quei pochissimi di cui sopra.
E da italiano all'estero, un'ultima considerazione: all'estero (in Europa no, ma nel globale sì) ha vinto il sì. Cioè gli italiani all'estero si sono schierati a fianco del centrodestra per la riforma della Costituzione.
Qualcuno ha urlato allo scandalo: ma come? Prima votate per il centrosinistra e neanche tre mesi dopo cambiate bandiera?
Direi proprio che questi "scandalizzati" dovrebbero togliersi un po' di prosciutto dagli occhi :-)
Tradizionalmente (per motivi che non è il caso qui di analizzare) l'italiano all'estero tende a destra. Quindi la stranezza sono state le elezioni di aprile, non l'attuale referendum.
Ma alle elezioni di aprile, gli italiani all'estero non hanno votato per il centrosinistra. Hanno votato contro la persona Berlusconi, contro le figuracce che ci ha fatto subire, contro il fatto che grazie a lui la considerazione che gli stranieri hanno di noi è tornata indietro di anni.
Se il centrodestra avesse candidato Casini o Fini a presidente del consiglio... gli italiani all'estero ad aprile avrebbero votato per il centrodestra. Forse non così massicciamente come in passato, ma comunque per il centrodestra.
Saluti,
Mauro.
domenica 25 giugno 2006
Paura della Turchia?
“Mamma li turchi!!!” Da un po’ di tempo sembra essere questo il grido d’avvertimento, di paura, dell’Europa tutta.
Stanno tornando le galee saracene ad attaccare i porti mediterranei? È ripreso l’assedio di Vienna da parte dei giannizzeri? No, peggio! La Turchia ha l’ardire di chiedere l’ammissione nella UE!
E tutti ad aver paura dell’ingresso di un paese che non garantisce troppo dal punto di vista democratico (però Guantanamo e le leggi “ad personam” non arrivano dalla Turchia). Ad aver paura di un paese musulmano che si scontrerebbe con la cultura (cristiana) dell’Europa (e le radici greco-romane, precedenti e ancora oggi in molti casi sovrastanti le tradizioni cristiane, le abbiamo dimenticate? Istanbul, allora Bisanzio, era la seconda Roma e culla della chiesa cristiano-ortodossa).
Non dovrebbe far paura la Turchia.
Dovrebbe far paura la politica della Polonia. E la sua sotterranea alleanza con Londra.
La Turchia ha bisogno dell’Europa, per due motivi: evitare di cadere del tutto nel calderone esplosivo del Medio Oriente (quindi la Turchia può essere una barriera contro l’Islam radicale, non un suo cuneo in Europa) e affrancarsi almeno in parte dalla quasi schiavitù verso gli USA (che con le basi militari, Incirlik insegna, di fatto sono padroni del paese).
La Polonia invece... è discretamente lontana da zone a rischio e non ha particolari necessità strategiche o sociali che le rendano assolutamente vitale l’ingresso nella UE.
La Polonia infatti guarda oltreatlantico, la Polonia si sente attratta dagli USA (basta leggersi le dichiarazioni dei vari governanti polacchi degli ultimi anni e la prontezza con cui si è lanciata in Iraq e ha lasciato creare alla CIA prigioni in territorio polacco, senza dimenticare il già avvenuto ingresso nella NATO). Per la Polonia l’ingresso nella UE è semplicemente un modo per stringere contatti più a ovest, grazie soprattutto all’aiuto di Blair. E una volta che la UE avrà assolto il suo “compito” di ponte tra Varsavia e Washington, la Polonia non avrà più remore a tradire l’idea comunitaria come già sta facendo da anni il Regno Unito.
Però la Polonia è cristiana... la Turchia no. Volete mettere?
Saluti,
Mauro.
Stanno tornando le galee saracene ad attaccare i porti mediterranei? È ripreso l’assedio di Vienna da parte dei giannizzeri? No, peggio! La Turchia ha l’ardire di chiedere l’ammissione nella UE!
E tutti ad aver paura dell’ingresso di un paese che non garantisce troppo dal punto di vista democratico (però Guantanamo e le leggi “ad personam” non arrivano dalla Turchia). Ad aver paura di un paese musulmano che si scontrerebbe con la cultura (cristiana) dell’Europa (e le radici greco-romane, precedenti e ancora oggi in molti casi sovrastanti le tradizioni cristiane, le abbiamo dimenticate? Istanbul, allora Bisanzio, era la seconda Roma e culla della chiesa cristiano-ortodossa).
Non dovrebbe far paura la Turchia.
Dovrebbe far paura la politica della Polonia. E la sua sotterranea alleanza con Londra.
La Turchia ha bisogno dell’Europa, per due motivi: evitare di cadere del tutto nel calderone esplosivo del Medio Oriente (quindi la Turchia può essere una barriera contro l’Islam radicale, non un suo cuneo in Europa) e affrancarsi almeno in parte dalla quasi schiavitù verso gli USA (che con le basi militari, Incirlik insegna, di fatto sono padroni del paese).
La Polonia invece... è discretamente lontana da zone a rischio e non ha particolari necessità strategiche o sociali che le rendano assolutamente vitale l’ingresso nella UE.
La Polonia infatti guarda oltreatlantico, la Polonia si sente attratta dagli USA (basta leggersi le dichiarazioni dei vari governanti polacchi degli ultimi anni e la prontezza con cui si è lanciata in Iraq e ha lasciato creare alla CIA prigioni in territorio polacco, senza dimenticare il già avvenuto ingresso nella NATO). Per la Polonia l’ingresso nella UE è semplicemente un modo per stringere contatti più a ovest, grazie soprattutto all’aiuto di Blair. E una volta che la UE avrà assolto il suo “compito” di ponte tra Varsavia e Washington, la Polonia non avrà più remore a tradire l’idea comunitaria come già sta facendo da anni il Regno Unito.
Però la Polonia è cristiana... la Turchia no. Volete mettere?
Saluti,
Mauro.
venerdì 23 giugno 2006
Io sono fazioso
Io sono fazioso. E sono orgoglioso di esserlo.
Qualcuno ora urlerà al terrorista, al disonesto, al pericolo pubblico.
Invece è proprio l'essere faziosi e il riconoscere di esserlo che rende possibile il dialogo e in fondo anche l'informazione.
Cosa significa essere faziosi? Letteralmente significa prendere parte per una fazione. In senso più esteso significa però farsi un'idea, avere un'opinione propria, aver pensato, ragionato. Non stare lì freddo ed ebete a guardare.
Neutrale, veramente equidistante, può essere solo chi non arriva a prendere posizione, chi non ha idee e opinioni proprie. In breve: chi non pensa. E chi non vuole pensare.
Per forza di cose chi riflette, chi ragiona si forma delle opinioni, raggiunge delle conclusioni, dei giudizi, anche se spesso incompleti e non decisivi. E il pensare non solo porta a formarsi delle opinioni, ma anche ad avere dei dubbi (che chi non pensa non avrà mai).
Ed è questo che fa di lui un essere umano degno di questo nome.
Il non pensare è comodo, facile... ma lo sanno fare anche gli essere unicellulari.
Certo poi quando si parla, quando si esprimono le proprie idee e opinioni, bisogna distinguere chiaramente queste dai fatti. Non si possono mischiare e confondere le due cose.
A maggior ragione se si è un politico, un giornalista o una qualche altra figura che può influenzare l'opinione pubblica.
Presentare come fatti le proprie idee o non permettere di distinguere le due cose non è fazioso. È criminale.
Saluti,
Mauro.
Qualcuno ora urlerà al terrorista, al disonesto, al pericolo pubblico.
Invece è proprio l'essere faziosi e il riconoscere di esserlo che rende possibile il dialogo e in fondo anche l'informazione.
Cosa significa essere faziosi? Letteralmente significa prendere parte per una fazione. In senso più esteso significa però farsi un'idea, avere un'opinione propria, aver pensato, ragionato. Non stare lì freddo ed ebete a guardare.
Neutrale, veramente equidistante, può essere solo chi non arriva a prendere posizione, chi non ha idee e opinioni proprie. In breve: chi non pensa. E chi non vuole pensare.
Per forza di cose chi riflette, chi ragiona si forma delle opinioni, raggiunge delle conclusioni, dei giudizi, anche se spesso incompleti e non decisivi. E il pensare non solo porta a formarsi delle opinioni, ma anche ad avere dei dubbi (che chi non pensa non avrà mai).
Ed è questo che fa di lui un essere umano degno di questo nome.
Il non pensare è comodo, facile... ma lo sanno fare anche gli essere unicellulari.
Certo poi quando si parla, quando si esprimono le proprie idee e opinioni, bisogna distinguere chiaramente queste dai fatti. Non si possono mischiare e confondere le due cose.
A maggior ragione se si è un politico, un giornalista o una qualche altra figura che può influenzare l'opinione pubblica.
Presentare come fatti le proprie idee o non permettere di distinguere le due cose non è fazioso. È criminale.
Saluti,
Mauro.
giovedì 22 giugno 2006
Laici o cattolici?
Nella politica (e nella chiesa) l'italiano deve essere una lingua passata di moda, visto che anche termini semplici e inequivocabili come "laico" e "cattolico" vengono usati scorrettamente, presentandoli come contrari, antitetici tra loro. Sbagliando quindi completamente l'uso del primo.
Non è purtroppo una cosa nuova, anche se ha raggiunto l'apice col recente referendum sulla procreazione assistita e la ricerca sulle cellule staminali: partiti laici e partiti cattolici, elettori laici ed elettori cattolici ci hanno sempre accompagnato.
Cattolico è chi vota/votava per la Democrazia Cristiana e i suoi eredi o per altri partiti più o meno vicini al Vaticano. Laico è chi vota/votava per partiti lontani dal centro, soprattutto per quelli di sinistra.
Insomma per la politica e per la chiesa, un laico sembra poter essere solo ateo (e uno sembra diventare automaticamente "ateo" votando determinati partiti).
Ma cos'è un cattolico? Una persona che crede in Dio e che segue i precetti di quel particolare tipo di credo che si definisce cristiano cattolico (in pratica la chiesa romana).
E cos'è un laico? Una persona che non fa parte di una gerarchia o ordine ecclesiale (cattolico o no che sia). Un laico è semplicemente un "non-clerico".
Cosa ci insegna questa definizione di laico? Ci insegna che (anche se Casini e Ruini non lo sanno) un laico può essere benissimo un cattolico. Anzi, la grande maggioranza dei cattolici sono laici, dato che solo relativamente pochi sono sacerdoti, monaci o monache.
Chissà come potrebbero mai reagire i due gemelli del cabaret clerico-politico italiano (appunto Ruini e Casini) nello scoprire che un tal De Gasperi era un laico, che un tal Adenauer era un laico, che un tal Andreotti è un laico. Che Casini stesso è un laico!
Don Sturzo no, lui laico non lo era. Almeno lui Ruini e Casini se lo possono incasellare nella loro parrocchia, pur stravolgendo la lingua italiana.
Saluti,
Mauro.
Non è purtroppo una cosa nuova, anche se ha raggiunto l'apice col recente referendum sulla procreazione assistita e la ricerca sulle cellule staminali: partiti laici e partiti cattolici, elettori laici ed elettori cattolici ci hanno sempre accompagnato.
Cattolico è chi vota/votava per la Democrazia Cristiana e i suoi eredi o per altri partiti più o meno vicini al Vaticano. Laico è chi vota/votava per partiti lontani dal centro, soprattutto per quelli di sinistra.
Insomma per la politica e per la chiesa, un laico sembra poter essere solo ateo (e uno sembra diventare automaticamente "ateo" votando determinati partiti).
Ma cos'è un cattolico? Una persona che crede in Dio e che segue i precetti di quel particolare tipo di credo che si definisce cristiano cattolico (in pratica la chiesa romana).
E cos'è un laico? Una persona che non fa parte di una gerarchia o ordine ecclesiale (cattolico o no che sia). Un laico è semplicemente un "non-clerico".
Cosa ci insegna questa definizione di laico? Ci insegna che (anche se Casini e Ruini non lo sanno) un laico può essere benissimo un cattolico. Anzi, la grande maggioranza dei cattolici sono laici, dato che solo relativamente pochi sono sacerdoti, monaci o monache.
Chissà come potrebbero mai reagire i due gemelli del cabaret clerico-politico italiano (appunto Ruini e Casini) nello scoprire che un tal De Gasperi era un laico, che un tal Adenauer era un laico, che un tal Andreotti è un laico. Che Casini stesso è un laico!
Don Sturzo no, lui laico non lo era. Almeno lui Ruini e Casini se lo possono incasellare nella loro parrocchia, pur stravolgendo la lingua italiana.
Saluti,
Mauro.
mercoledì 21 giugno 2006
Conformismo, patriottismo e nazionalismo
In questi giorni siamo completamente circondati dal calcio, "grazie" al Mondiale che si sta svolgendo qui, in terra di Germania.
No, non mi riferisco alle partite (da quando il calcio si è trasformato in industria, anche senza i mondiali siamo pieni di partite) e nemmeno alle interminabili e inutili trasmissioni televisive (ormai ci sono 12 mesi all'anno e anche senza calcio non è che le trasmissioni siano meno interminabili e inutili oggigiorno).
No, mi riferisco a questo tripudio di bandiere che ci circonda. Qui in Germania siamo sommersi a ogni angolo da nero-rosso-giallo (e nei quartieri con molti immigrati dal verde-bianco-rosso italiano o dal blu-bianco-rosso croato o altro ancora, manca solo il bianco-rosso turco, ma solo perché la Turchia non si è qualificata).
E dai racconti e dalle immagini che mi arrivano dagli altri paesi, vedo che la situazione è simile dappertutto (in Germania forse un po' più esasperata in quanto paese ospitante).
E dopo ogni vittoria i caroselli di auto imbandierate a Milano come a Lione, a Zurigo come a Manchester, a Yokohama come a Curitiba.
E intorno a questo tripudio di bandiere e di amor patrio si sviluppano "dotte" discussioni di sociologi e filosofi da salotto che cercano di capire se si tratti del tanto amato patriottismo o del tanto vituperato nazionalismo.
Magari fosse così!
Il patriottismo è un sentimento a mio parere positivo. Il nazionalismo è un sentimento negativo, ma pur sempre un sentimento. Se si prova l'uno o l'altro, si dimostra almeno di avere un cuore (collegato o no che sia al cervello).
Ma questo tripudio di bandiere che si verifica solo ogni quattro anni è in realtà il trionfo del conformismo.
Gente che neanche conosce i colori della propria bandiera (e talvolta neanche il nome ufficiale della propria patria: quanti sanno che l'Italia è in realtà Repubblica Italiana oppure che la Germania è in realtà Repubblica Federale Tedesca?) corre a comprarne una ogni volta che cominciano i mondiali di calcio.
E perché? Perché stampa e TV si mettono a urlare in continuazione: "Tu sei tedesco!", "Tu sei italiano!", "Tu sei spagnolo!", eccetera.
E soprattutto perché le pubblicità si vestono di quei colori. È la pubblicità a "ordinare" di diventare patriottici e/o nazionalisti.
No, signori miei, intorno a me non vedo nè patriottismo nè nazionalismo, ma solo conformismo e cervelli guidati dalla pubblicità.
Saluti,
Mauro.
No, non mi riferisco alle partite (da quando il calcio si è trasformato in industria, anche senza i mondiali siamo pieni di partite) e nemmeno alle interminabili e inutili trasmissioni televisive (ormai ci sono 12 mesi all'anno e anche senza calcio non è che le trasmissioni siano meno interminabili e inutili oggigiorno).
No, mi riferisco a questo tripudio di bandiere che ci circonda. Qui in Germania siamo sommersi a ogni angolo da nero-rosso-giallo (e nei quartieri con molti immigrati dal verde-bianco-rosso italiano o dal blu-bianco-rosso croato o altro ancora, manca solo il bianco-rosso turco, ma solo perché la Turchia non si è qualificata).
E dai racconti e dalle immagini che mi arrivano dagli altri paesi, vedo che la situazione è simile dappertutto (in Germania forse un po' più esasperata in quanto paese ospitante).
E dopo ogni vittoria i caroselli di auto imbandierate a Milano come a Lione, a Zurigo come a Manchester, a Yokohama come a Curitiba.
E intorno a questo tripudio di bandiere e di amor patrio si sviluppano "dotte" discussioni di sociologi e filosofi da salotto che cercano di capire se si tratti del tanto amato patriottismo o del tanto vituperato nazionalismo.
Magari fosse così!
Il patriottismo è un sentimento a mio parere positivo. Il nazionalismo è un sentimento negativo, ma pur sempre un sentimento. Se si prova l'uno o l'altro, si dimostra almeno di avere un cuore (collegato o no che sia al cervello).
Ma questo tripudio di bandiere che si verifica solo ogni quattro anni è in realtà il trionfo del conformismo.
Gente che neanche conosce i colori della propria bandiera (e talvolta neanche il nome ufficiale della propria patria: quanti sanno che l'Italia è in realtà Repubblica Italiana oppure che la Germania è in realtà Repubblica Federale Tedesca?) corre a comprarne una ogni volta che cominciano i mondiali di calcio.
E perché? Perché stampa e TV si mettono a urlare in continuazione: "Tu sei tedesco!", "Tu sei italiano!", "Tu sei spagnolo!", eccetera.
E soprattutto perché le pubblicità si vestono di quei colori. È la pubblicità a "ordinare" di diventare patriottici e/o nazionalisti.
No, signori miei, intorno a me non vedo nè patriottismo nè nazionalismo, ma solo conformismo e cervelli guidati dalla pubblicità.
Saluti,
Mauro.
martedì 20 giugno 2006
Una preghiera
Questo non è un pensiero, ne' eretico ne' conformista, ma una preghiera:
Il 25-26 giugno prossimi andate a votare per il referendum sulla Costituzione!!!
Salvate la Costituzione e la democrazia in Italia!!! Vi prego!!!
E ricordate che non è, come gli altri, un referendum abrogativo, bensì approvativo.
Cioè:
1) se siete favorevoli alla riforma votate SÌ
2) se siete contrari alla riforma votate NO
Quindi, se amate l'Italia e la democrazia votate NO!!!
Saluti,
Mauro.
Il 25-26 giugno prossimi andate a votare per il referendum sulla Costituzione!!!
Salvate la Costituzione e la democrazia in Italia!!! Vi prego!!!
E ricordate che non è, come gli altri, un referendum abrogativo, bensì approvativo.
Cioè:
1) se siete favorevoli alla riforma votate SÌ
2) se siete contrari alla riforma votate NO
Quindi, se amate l'Italia e la democrazia votate NO!!!
Saluti,
Mauro.
Ma cos'è un pensiero eretico?
I pensieri eretici altro non sono che idee, intuizioni nate da fatti personali, eventi di cronaca (talvolta ormai già storia) o altro.
Talvolta sono semplici considerazioni, talvolta invece percorsi più o meno logici.
Partono tutti da fatti concreti, oserei dire da dati di fatto, ma le conclusioni non sono necessariamente verità (sempre che esista una cosa come la verità), ma semplicemente le "mie" conclusioni a partire da determinate premesse.
Sono raramente politicamente corretti e spesso controcorrente. Possono disturbare, ma di sicuro fanno pensare (e già questo oggigiorno può essere rivoluzionario).
Sono idee di uno che pensa con la propria testa.
Saluti,
Mauro.
Talvolta sono semplici considerazioni, talvolta invece percorsi più o meno logici.
Partono tutti da fatti concreti, oserei dire da dati di fatto, ma le conclusioni non sono necessariamente verità (sempre che esista una cosa come la verità), ma semplicemente le "mie" conclusioni a partire da determinate premesse.
Sono raramente politicamente corretti e spesso controcorrente. Possono disturbare, ma di sicuro fanno pensare (e già questo oggigiorno può essere rivoluzionario).
Sono idee di uno che pensa con la propria testa.
Saluti,
Mauro.
lunedì 19 giugno 2006
Eccoci qui
E così ne ho fatta un'altra delle mie.
Mi sono aperto il mio blog personale, in modo da poter impestare ancora di più il web con le mie idee... sempre che qualcuno abbia voglia di leggerle ;-)
Non aspettatevi pensieri "politicamente corretti" oppure banalità da spettacolo televisivo.
Non dico che quello che scriverò sarà tutto intelligente, tutto interessante, tutto giusto... in fondo sono anch'io solo un essere umano... almeno credo...
Di sicuro però leggerete idee personali, spunti di riflessione, punti di vista atipici.
Beh, per oggi questo basta. Con i pensieri eretici cominciamo da domani :-)
Saluti,
Mauro.
Mi sono aperto il mio blog personale, in modo da poter impestare ancora di più il web con le mie idee... sempre che qualcuno abbia voglia di leggerle ;-)
Non aspettatevi pensieri "politicamente corretti" oppure banalità da spettacolo televisivo.
Non dico che quello che scriverò sarà tutto intelligente, tutto interessante, tutto giusto... in fondo sono anch'io solo un essere umano... almeno credo...
Di sicuro però leggerete idee personali, spunti di riflessione, punti di vista atipici.
Beh, per oggi questo basta. Con i pensieri eretici cominciamo da domani :-)
Saluti,
Mauro.