Da qualche tempo siamo assaliti dal "tormentone-Welby": ha diritto di morire o no?
Sinceramente - e qui mi darete del cinico bastardo - mi sono talmente stufato di tutte queste parole a vuoto (perché tutti ne parlano e scrivono, ma quasi nessuno dice veramente qualcosa) che mi verrebbe voglia di dire: "Staccate quella benedetta spina, così ce lo togliamo dalle pagine dei giornali e dai servizi TV".
Chiaramente il problema non è così semplicistico e l'accanimento terapeutico e l'eutanasia sono temi estremamente complessi. E non solo da un punto di vista etico.
Certe volte ho però l'impressione che sia i fautori del "lasciar morire" sia i suoi nemici poco sappiano di cosa le espressioni "accanimento terapeutico" ed "eutanasia" significhino.
Voglio cercare qui di chiarire questo punto, senza prendere posizione pro o contro l'una o l'altra cosa.
Accanimento terapeutico è insistere a tenere in vita una persona con cure che non possono guarirla neanche parzialmente, ma che senza le quali morirebbe non di vecchiaia, ma prima, talvolta subito. Anzi, spesso sono cure che rallentano solo la morte.
Eutanasia significa invece interrompere una vita (malata, inguaribile, vegetativa, ma comunque vita) con un atto esterno (di medico, parente o chichessia) voluto, vita che spesso potrebbe continuare fino a una normale morte di vecchiaia, anche se rimarrebbe una vita non goduta.
Quindi:
- l'eutanasia è un gesto attivo, chi la opera compie un'azione (che per la legislazione corrente è paragonabile all'omicidio, ma questo è un discorso giuridico, non etico o lessicale);
- l'interruzione dell'accanimento terapeutico è invece un qualcosa di passivo, nel farlo non si compie un'azione, si smette solo di far qualcosa (e col paragone giuridico di prima ciò potrebbe essere - a mio parere - al massimo paragonato a un'omissione di soccorso, non a un omicidio).
Però sembra comodo a entrambe le parti in disputa confondere l'eutanasia con l'interruzione dell'accanimento terapeutico.
Signori miei, sono due cose diverse.
Una persona può benissimo essere contraria all'eutanasia e favorevole all'interruzione delle cure o viceversa, senza per questo dover essere tacciata di incoerenza o peggio. Basta che questa persona sappia spiegare (almeno a sé stessa) perché è favorevole a una delle due cose e contraria all'altra.
Saluti,
Mauro.
Ottima l'analisi e come al solito riesci a chiarire sempre e andare oltre i luoghi comuni o pregiudizi vari. Sei un bravo analitico. La differenza è,appunto, quando il malato grave decide di porre fine alla propria vita e quando invece sono GLI ALTRI a farlo. Non si uccide chi non riesce più a vivere in uno stato vegetativo e chiede pietosamente di morire. Si 'uccide' o meglio si aiuta a morire(cosa diversa..) quando,invece, si toglie la vita a qualcuno senza il suo consenso. Questo è,in un certo senso,più grave ed è qui che bisogna davvero discutere. Sono due cose diverse che la gente tende a confondere in generico termine di eutanasia e in un generico e più confusionale 'uccidere'.
RispondiEliminaEhm, ehm... caro Sandro, quello che dici - per quanto condivisibile - c'entra ben poco con quello che ho scritto... io non faccio nessun commento su volontà del malato e volontà degli altri. Parlo di altre cose...
RispondiEliminaCiao,
Mauro.
Certo che parli di altre cose... Sei anche stato abbastanza chiaro in questo.Ma ho solo voluto aggiungere il mio punto di vista anche se sono uscito fuori tema ;)
RispondiEliminaNon volevo essere confusionario ma polemico.
Auguri.