Le parole sono importanti.
Anzi, come disse Claudio Magris, le parole sono fatti.
E purtroppo la cosa che è andata peggio in questi tempi di pandemia è stata la comunicazione.
Quasi dappertutto le autorità non hanno saputo comunicare con chiarezza le proprie decisioni e quanto chiedevano ai cittadini.
Ciò ha provocato ovviamente confusione, peggiorando tra l'altro la situazione psicologica di chi era più fragile.
Ma al di là della comunicazione confusa e contraddittoria, anche per le cose semplici e chiare si sono talvolta usate le parole sbagliate.
Prendiamo l'esempio più eclatante per l'Italia (e probabilmente quello che ha fatto più danni): il dover mantenere una distanza di sicurezza tra le persone per limitare il più possibile il rischio di trasmissione interpersonale del virus.
Il concetto è semplice. E tutti possono capirlo senza problemi. E anche accettarlo.
Però...
Però come lo si è chiamato in Italia? Distanziamento sociale.
Ma ve ne rendete conto cosa significa distanziamento sociale?
Non significa evitare il contatto fisico con gli altri. Significa tagliare i legami sociali con gli altri!
Capite cosa ciò può significare per le persone più fragili o per chi lo ha preso alla lettera?
Vi rendete conto che effetto psicologico può avere su chi capisce quel "sociale" e pensa che gli si chieda di isolarsi tipo eremita?
A parte che, proprio per la formulazione scelta, c'è stato chi lo ha rifiutato a priori e ne ha approfittato per non rispettare neanche il distanziamento fisico, con tutti i rischi connessi.
Chi è stato il genio che ha deciso di definire un distanziamento fisico come distanziamento sociale nella comunicazione ufficiale?
Saluti,
Mauro.
Ho l'impressione che ci sia del metodo in questa follia
RispondiEliminaBragadin
Il sospetto è giustificato.
EliminaMa voglio sperare non sia così.