Abbiamo votato il 4 marzo. Oggi è il 23 aprile. E non c'è ancora un governo, dopo più di un mese e mezzo.
Come? Non c'è un governo?
Un governo c'è eccome, invece: il governo Gentiloni. A qualcuno come governo piacerà, a qualcun altro no, ognuno ha diritto di pensarla come vuole, ma il governo c'è, è funzionante e non è dimissionario (no, non saltate sulla sedia: Gentiloni ha sì presentato per cortesia istituzionale le dimissioni a Mattarella, ma questo le ha rifiutate, quindi il governo ufficialmente non è dimissionario).
Però tutti a dire che serve far presto, che al paese serve un governo, e bla bla bla.
No, non serve far presto. Serve far bene.
In questo mese e mezzo l'Italia è andata a fondo? No, anzi.
La Germania nei quasi sei mesi passati tra elezioni e formazione del nuovo governo è andata a fondo? No, anzi.
Il Belgio qualche anno fa, quando ha lasciato passare circa un anno e mezzo tra elezioni e nuovo governo, è andato a fondo? No, anzi.
E potrei fare altri esempi.
Il problema è che la fretta porterebbe a un governo raffazzonato. E un governo raffazzonato fa solo danni, di qualsiasi colore sia.
Mentre il fatto che non ci sia governo ora o che ci sia un governo con le mani legate è solo una leggenda metropolitana.
Il governo c'è, può lavorare (dovendo rendere conto al Parlamento come ogni altro governo) e nella situazione attuale ha un grandissimo vantaggio (per il paese) nei confronti del governo che gli succederà: non può permettersi voli pindarici, è costretto a occuparsi di cose concrete.
E credetemi: ciò non è un male. Anzi.
Saluti,
Mauro.
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