Oggi, quello che io considero il più grande ciclista italiano di sempre, compie settant'anni.
No, non c'entrano Binda, Girardengo, Coppi, Bartali, Saronni, Moser, Bugno o Argentin. Lui, il più grande d'Italia, è Felice Gimondi. Auguri, Felice. E che siano felici anche i tuoi anni futuri.
Per conoscerlo meglio, qui un'interessante intervista.
Saluti,
Mauro.
Ogni tanto (anzi spesso) mi vengono in mente interpretazioni di avvenimenti e fatti oppure giudizi su persone ed eventi che non si possono certo definire conformisti. O magari semplicemente idee e pensieri personali, indipendenti. Alcune di queste idee saranno giuste e condivisibili, altre no, ma sono orgoglioso che non siano conformi. I commenti anonimi non sono graditi, essi verranno cancellati a meno che non portino contributi concreti e seri. Buona lettura a tutti.
sabato 29 settembre 2012
Anche gli islamisti hanno i loro limiti fisici
Traduco dal sito tedesco Der Postillon un interessante articolo del 19 settembre scorso che ci dimostra che anche gli islamisti sono in fondo esseri umani, con i loro limiti fisici e psichici (qui l'originale).
Islamisti stremati pregano di non insultare il profeta in maniera così frequente
Islamisti visibilmente stanchi invitano l'Occidente a lasciare più spazio temporale tra due offese al profeta e a distribuire le stesse meglio nel corso dell'anno. Oltre ai rischi sanitari dovuti a una costantemente tenuta alta rabbia, anche il lavoro e la famiglia soffrono, se i capifamiglia devono costantemente andare in piazza a protestare.
Qasim Abduh, un portavoce dell'Unione dei Facilmente Irritabili Fanatici (UFIF), ha esortato oggi l'Occidente: "Cari miscredenti, vi preghiamo di non pubblicare così tante offese al profeta tutte insieme. In fondo siamo anche noi solo esseri umani e semplicemente non riusciamo a mantenere vivo con continuità per un lungo periodo di tempo il nostro sacro sdegno. Comunque: morte a voi!".
Poco prima era stato reso noto che la rivista satirica francese Charlie Hebdo avrebbe pubblicato nuove vignette su Maometto - e questo solo pochi giorni dopo che varie ambasciate in Medio Oriente erano state assalite da folle inferocite per un discutibile video su Maometto.
Le autorità sanitarie avvertono già riguardo un pericoloso aumento di infarti e di malattie da burn-out nel caso di fondamentalisti radicali islamici facilmente irritabili. Tenendo conto che si tratta di una piccola minoranza tra i musulmani che protestano, su di essi pesa un enorme tensione mentale, che li porta ad azioni vandaliche.
Molti hanno la sensazione che, se non lo facessero loro, non lo farebbe nessuno.
Al tempo stesso questi fondamentalisti religiosi devono affrontare anche problemi privati: "Quando il problema del video divenne pubblico, ero ancora riposato e pieno di voglia di azione, tirai pietre, bruciai bandiere, urlai 'Morte agli infedeli!'", racconta il salafita Mustafa el-Sayed dal Cairo. "E ora queste caricature in Francia! Anch'esse mi fanno incazzare, però per prima cosa comincia a mancarmi il fiato, poi dubito fortemente che io riesca a ottenere per questo ferie e infine Fatma mi uccide se torno di nuovo così tardi a casa e puzzo di benzina."
L'UFIF chiede definitivamente a caricaturisti, fondamentalisti cristiani e partiti di destra di offendere Maometto al massimo una volta al mese e comunque in maniera equamente distribuita durante l'anno. Se l'Occidente non dovesse venire incontro a queste richieste, gli islamisti minacciano nuove, più violente proteste - comunque non prima di un paio di settimane, quando tutti avranno recuperato le forze.
Saluti,
Mauro.
Islamisti stremati pregano di non insultare il profeta in maniera così frequente
Islamisti visibilmente stanchi invitano l'Occidente a lasciare più spazio temporale tra due offese al profeta e a distribuire le stesse meglio nel corso dell'anno. Oltre ai rischi sanitari dovuti a una costantemente tenuta alta rabbia, anche il lavoro e la famiglia soffrono, se i capifamiglia devono costantemente andare in piazza a protestare.
Qasim Abduh, un portavoce dell'Unione dei Facilmente Irritabili Fanatici (UFIF), ha esortato oggi l'Occidente: "Cari miscredenti, vi preghiamo di non pubblicare così tante offese al profeta tutte insieme. In fondo siamo anche noi solo esseri umani e semplicemente non riusciamo a mantenere vivo con continuità per un lungo periodo di tempo il nostro sacro sdegno. Comunque: morte a voi!".
Poco prima era stato reso noto che la rivista satirica francese Charlie Hebdo avrebbe pubblicato nuove vignette su Maometto - e questo solo pochi giorni dopo che varie ambasciate in Medio Oriente erano state assalite da folle inferocite per un discutibile video su Maometto.
Le autorità sanitarie avvertono già riguardo un pericoloso aumento di infarti e di malattie da burn-out nel caso di fondamentalisti radicali islamici facilmente irritabili. Tenendo conto che si tratta di una piccola minoranza tra i musulmani che protestano, su di essi pesa un enorme tensione mentale, che li porta ad azioni vandaliche.
Molti hanno la sensazione che, se non lo facessero loro, non lo farebbe nessuno.
Al tempo stesso questi fondamentalisti religiosi devono affrontare anche problemi privati: "Quando il problema del video divenne pubblico, ero ancora riposato e pieno di voglia di azione, tirai pietre, bruciai bandiere, urlai 'Morte agli infedeli!'", racconta il salafita Mustafa el-Sayed dal Cairo. "E ora queste caricature in Francia! Anch'esse mi fanno incazzare, però per prima cosa comincia a mancarmi il fiato, poi dubito fortemente che io riesca a ottenere per questo ferie e infine Fatma mi uccide se torno di nuovo così tardi a casa e puzzo di benzina."
L'UFIF chiede definitivamente a caricaturisti, fondamentalisti cristiani e partiti di destra di offendere Maometto al massimo una volta al mese e comunque in maniera equamente distribuita durante l'anno. Se l'Occidente non dovesse venire incontro a queste richieste, gli islamisti minacciano nuove, più violente proteste - comunque non prima di un paio di settimane, quando tutti avranno recuperato le forze.
Saluti,
Mauro.
giovedì 27 settembre 2012
Il caso Sallusti. Qualcosa non quadra
Allora, dopo che giornalisti, politici, cani e porci hanno parlato del caso Sallusti (non serve che vi dia un collegamento, un URL per sapere di cosa parlo, vero?), ne parlo anch'io.
Non perché il caso mi interessi particolarmente, ma perché a me sembra che nessuno abbia colto la vera "colpa" (tra virgolette solo perché non so se condannabile penalmente, ma moralmente è condannabile senza ombra di dubbio) dell'articolo incriminato.
Premetto che ho letto l'articolo in questione (quindi so di cosa parlo quando lo cito), ma non ho personalmente letto la sentenza di condanna (quindi per quanto riguarda questa mi baso su quanto riferito dai vari quotidiani).
A leggere quotidiani, blog, eccetera emergono due punti:
1) libertà di stampa
2) diffamazione
Il punto 1) è sinceramente assurdo: la libertà di stampa - in qualsiasi paese civile - è inquadrata dalla legge, nel senso che quello che è reato se lo dice un privato cittadino, deve essere reato anche se lo dice un giornalista - ma la cosa è logica per qualsiasi persona intelligente, non dovrei stare a sottolinearlo.
Libertà di stampa significa che un giornalista può parlare di qualsiasi argomento voglia - senza censure - e pubblicare, usare qualsiasi notizia, documento, informazione gli capiti tra le mani. Non significa che può scrivere qualsiasi cosa gli pare e procurarsi le notizie in qualsiasi modo gli pare.
Per chiarire con un esempio: se un documento viene rubato a chi legalmente lo deteneva e finisce nelle mani di un giornalista, questo giornalista ha tutto il diritto di pubblicarlo (e di non essere inquisito per questo), se però si scopre che il giornalista sapeva che il documento era rubato... questi deve rispondere del reato di riciclaggio.
Il punto 2) non è generale, ma relativo all'articolo in questione.
A parte il fatto che definirlo articolo è esagerato: si tratta più che altro di una confusa e violenta filippica senza capo né coda (chi non lo avesse letto può farlo qui).
Io nell'articolo vedo tante cose, ma nessuna diffamazione. Semplicemente perché a nessuno dei protagonisti vengono attribuiti fatti o altro completamente falsi... del resto l'autore non scrive di fatto nulla di concreto e il nulla è fastidioso (e come vedremo anche pericoloso) ma non diffamatorio.
Nessuno però ha voluto notare che l'articolo contiene qualcosa di molto più grave e pericoloso della diffamazione. E lo contiene in una ben precisa frase, cioè questa: "Qui ora esagero. Ma prima domani di pentirmi, lo scrivo: se ci fosse la pena di morte, e se mai fosse applicabile in una circostanza, questo sarebbe il caso. Per i genitori, il ginecologo e il giudice.".
Questa è pura e semplice istigazione all'omicidio, ve ne rendete conto? Se in Italia esistessero organizzazioni antiabortiste violente come negli USA, queste avrebbero interpretato questa frase come invito (quasi ordine) ad ammazzare quattro persone. In Italia tali organizzazioni non esistono, ma se qualche "pazzo" fosse stato colpito da queste parole?
Ve ne rendete conto della pericolosità di una tale frase?
Non so se, vista la formulazione usata, rientra nella casistica del reato "istigazione a delinquere", ma moralmente vi rientra al 100%. Anzi al 110%.
Ed è di questo che Sallusti e l'autore materiale dell'articolo (Farina? Monticone?) dovrebbero in primis rispondere. Ma dietro la scusa della "libertà di stampa" nessuno gliene sta chiedendo conto.
Saluti,
Mauro.
Non perché il caso mi interessi particolarmente, ma perché a me sembra che nessuno abbia colto la vera "colpa" (tra virgolette solo perché non so se condannabile penalmente, ma moralmente è condannabile senza ombra di dubbio) dell'articolo incriminato.
Premetto che ho letto l'articolo in questione (quindi so di cosa parlo quando lo cito), ma non ho personalmente letto la sentenza di condanna (quindi per quanto riguarda questa mi baso su quanto riferito dai vari quotidiani).
A leggere quotidiani, blog, eccetera emergono due punti:
1) libertà di stampa
2) diffamazione
Il punto 1) è sinceramente assurdo: la libertà di stampa - in qualsiasi paese civile - è inquadrata dalla legge, nel senso che quello che è reato se lo dice un privato cittadino, deve essere reato anche se lo dice un giornalista - ma la cosa è logica per qualsiasi persona intelligente, non dovrei stare a sottolinearlo.
Libertà di stampa significa che un giornalista può parlare di qualsiasi argomento voglia - senza censure - e pubblicare, usare qualsiasi notizia, documento, informazione gli capiti tra le mani. Non significa che può scrivere qualsiasi cosa gli pare e procurarsi le notizie in qualsiasi modo gli pare.
Per chiarire con un esempio: se un documento viene rubato a chi legalmente lo deteneva e finisce nelle mani di un giornalista, questo giornalista ha tutto il diritto di pubblicarlo (e di non essere inquisito per questo), se però si scopre che il giornalista sapeva che il documento era rubato... questi deve rispondere del reato di riciclaggio.
Il punto 2) non è generale, ma relativo all'articolo in questione.
A parte il fatto che definirlo articolo è esagerato: si tratta più che altro di una confusa e violenta filippica senza capo né coda (chi non lo avesse letto può farlo qui).
Io nell'articolo vedo tante cose, ma nessuna diffamazione. Semplicemente perché a nessuno dei protagonisti vengono attribuiti fatti o altro completamente falsi... del resto l'autore non scrive di fatto nulla di concreto e il nulla è fastidioso (e come vedremo anche pericoloso) ma non diffamatorio.
Nessuno però ha voluto notare che l'articolo contiene qualcosa di molto più grave e pericoloso della diffamazione. E lo contiene in una ben precisa frase, cioè questa: "Qui ora esagero. Ma prima domani di pentirmi, lo scrivo: se ci fosse la pena di morte, e se mai fosse applicabile in una circostanza, questo sarebbe il caso. Per i genitori, il ginecologo e il giudice.".
Questa è pura e semplice istigazione all'omicidio, ve ne rendete conto? Se in Italia esistessero organizzazioni antiabortiste violente come negli USA, queste avrebbero interpretato questa frase come invito (quasi ordine) ad ammazzare quattro persone. In Italia tali organizzazioni non esistono, ma se qualche "pazzo" fosse stato colpito da queste parole?
Ve ne rendete conto della pericolosità di una tale frase?
Non so se, vista la formulazione usata, rientra nella casistica del reato "istigazione a delinquere", ma moralmente vi rientra al 100%. Anzi al 110%.
Ed è di questo che Sallusti e l'autore materiale dell'articolo (Farina? Monticone?) dovrebbero in primis rispondere. Ma dietro la scusa della "libertà di stampa" nessuno gliene sta chiedendo conto.
Saluti,
Mauro.
domenica 23 settembre 2012
domenica 16 settembre 2012
Un ottimo motivo per non votare Renzi
Berlusconi ha dichiarato che, se Renzi vincesse le primarie, il PD diventerebbe finalmente un partito socialdemocratico, dimostrando di apprezzare Renzi stesso.
Questo, per le persone che hanno almeno ancora un paio di neuroni funzionanti, è un ottimo motivo per non votare Renzi. Né alle primarie del PD, né in qualsiasi altra evenienza.
E non perché lo apprezza Berlusconi. Di quello tutto sommato non me ne frega troppo.
Ma perché, per una volta, Berlusconi invece di sparare cazzate ha centrato il cuore del problema: Renzi è socialdemocratico.
E cosa significa oggi "socialdemocratico"? Significa essere nella tradizione di Craxi, Blair e Schröder: cioè gente di destra, ultraliberisti, criptofascisti, entrati in partiti di sinistra "moderata" con l'obiettivo (purtroppo centrato) di distruggere ogni parvenza di stato e giustizia sociale.
Ecco, questa è la tradizione in cui si inserisce Renzi.
Riflettete voi rottamatori, voi per cui basta essere giovani per essere presentabili, voi anticasta (che se vi va bene vi beccate Renzi, se vi va male vi beccate Grillo... e in entrambi i casi ve lo beccate nel culo).
Saluti,
Mauro.
Questo, per le persone che hanno almeno ancora un paio di neuroni funzionanti, è un ottimo motivo per non votare Renzi. Né alle primarie del PD, né in qualsiasi altra evenienza.
E non perché lo apprezza Berlusconi. Di quello tutto sommato non me ne frega troppo.
Ma perché, per una volta, Berlusconi invece di sparare cazzate ha centrato il cuore del problema: Renzi è socialdemocratico.
E cosa significa oggi "socialdemocratico"? Significa essere nella tradizione di Craxi, Blair e Schröder: cioè gente di destra, ultraliberisti, criptofascisti, entrati in partiti di sinistra "moderata" con l'obiettivo (purtroppo centrato) di distruggere ogni parvenza di stato e giustizia sociale.
Ecco, questa è la tradizione in cui si inserisce Renzi.
Riflettete voi rottamatori, voi per cui basta essere giovani per essere presentabili, voi anticasta (che se vi va bene vi beccate Renzi, se vi va male vi beccate Grillo... e in entrambi i casi ve lo beccate nel culo).
Saluti,
Mauro.
giovedì 13 settembre 2012
Il dilemma del piccolo azionista
La Banca Intesa Sanpaolo ha annunciato (non ufficialmente, ma tra le righe è stata più che chiara) che vi sono tra i mille e i duemila esuberi a cui bisogna trovare una soluzione.
Detto in italiano corretto: tra mille e duemila persone da licenziare.
Brutta notizia, ma - mi direte - oggi come oggi nulla di strano, anzi in altre banche e aziende va anche peggio.
Vero, però...
1) Io vengo da una famiglia operaia (e prima ancora di contadini e pescatori, prima di me il livello lavorativo più "ricco" era stato raggiunto da un nonno infermiere) e quindi sono cresciuto in una cultura che vede il lavoro come sacro, sia come dovere che come diritto. A maggior ragione diritto nelle aziende che vanno bene e fanno utili, come Intesa Sanpaolo nonostante la crisi.
2) Io in Italia sono cliente di Intesa Sanpaolo. Ma soprattutto ne sono anche azionista (piccolo, anzi piccolissimo azionista, ma pur sempre quindi comproprietario della banca). E nel mondo finanziario attuale licenziamenti significano crescita del valore delle azioni (cosa sicura) e crescita futura dei divedendi (cosa non sicura, ma estremamente probabile).
Quindi, ragionando in base alla mia cultura, ma anche a un senso etico generale (vedasi 1) dovrei incazzarmi o comunque perlomeno addolorarmi.
Ragionando invece da azionista dovrei gioire e provare a valutare quanto ci guadagno (vedasi 2).
Ora, per fortuna nel mio caso il problema non si pone: avendo un buon stipendio ed essendo le azioni possedute veramente poche, se queste finiscono a bagno non divento povero e se queste schizzano alle stelle non divento ricco... quindi non ho dilemmi né morali né materiali e posso tranquillamente incazzarmi e addolorarmi per la notizia.
Però io mi pongo una domanda.
Se per me valessero ancora i punti 1 e 2 di cui sopra, ma fossi in difficoltà finanziarie, magari avessi perso il lavoro e sapessi che una crescita di valore di quelle poche azioni (ed eventualmente dei dividendi) potrebbe, almeno temporaneamente, aiutarmi a gestire la difficoltà, a tenermi a galla... come ragionerei?
Sarei ancora capace, nonostante la mia cultura e le mie radici, a essere solidale e a pensare a quelle persone che perdono il lavoro? Oppure penserei solo a me stesso?
Non lo so. E vi dico sinceramente che spero di non dover mai scoprire cosa penserei, come agirei in un caso simile.
Saluti,
Mauro.
Detto in italiano corretto: tra mille e duemila persone da licenziare.
Brutta notizia, ma - mi direte - oggi come oggi nulla di strano, anzi in altre banche e aziende va anche peggio.
Vero, però...
1) Io vengo da una famiglia operaia (e prima ancora di contadini e pescatori, prima di me il livello lavorativo più "ricco" era stato raggiunto da un nonno infermiere) e quindi sono cresciuto in una cultura che vede il lavoro come sacro, sia come dovere che come diritto. A maggior ragione diritto nelle aziende che vanno bene e fanno utili, come Intesa Sanpaolo nonostante la crisi.
2) Io in Italia sono cliente di Intesa Sanpaolo. Ma soprattutto ne sono anche azionista (piccolo, anzi piccolissimo azionista, ma pur sempre quindi comproprietario della banca). E nel mondo finanziario attuale licenziamenti significano crescita del valore delle azioni (cosa sicura) e crescita futura dei divedendi (cosa non sicura, ma estremamente probabile).
Quindi, ragionando in base alla mia cultura, ma anche a un senso etico generale (vedasi 1) dovrei incazzarmi o comunque perlomeno addolorarmi.
Ragionando invece da azionista dovrei gioire e provare a valutare quanto ci guadagno (vedasi 2).
Ora, per fortuna nel mio caso il problema non si pone: avendo un buon stipendio ed essendo le azioni possedute veramente poche, se queste finiscono a bagno non divento povero e se queste schizzano alle stelle non divento ricco... quindi non ho dilemmi né morali né materiali e posso tranquillamente incazzarmi e addolorarmi per la notizia.
Però io mi pongo una domanda.
Se per me valessero ancora i punti 1 e 2 di cui sopra, ma fossi in difficoltà finanziarie, magari avessi perso il lavoro e sapessi che una crescita di valore di quelle poche azioni (ed eventualmente dei dividendi) potrebbe, almeno temporaneamente, aiutarmi a gestire la difficoltà, a tenermi a galla... come ragionerei?
Sarei ancora capace, nonostante la mia cultura e le mie radici, a essere solidale e a pensare a quelle persone che perdono il lavoro? Oppure penserei solo a me stesso?
Non lo so. E vi dico sinceramente che spero di non dover mai scoprire cosa penserei, come agirei in un caso simile.
Saluti,
Mauro.
martedì 11 settembre 2012
Le parole tradite 2 - Le risposte
Con un po' di ritardo (avevo promesso le risposte per il fine settimana) eccomi qui a spiegare il significato delle parole tradite (seconda tornata).
Partiamo da indigeno e aborigeno. Non sono sinonimi (come ha giustamente fatto notare l'anonimo nei commenti al primo articolo), anche se esprimono concetti non lontani tra loro.
Indigeno oggi (ma ancora di più nei decenni passati) viene usato praticamente come sinonimo di selvaggio, primitivo, incolto. Per noi gli indigeni sono, per esempio, le tribù dell'Amazzonia. Ma indigeni in Europa? Chi li ha mai visti?
In realtà indigeno significa semplicemente nativo del luogo. Di qualsiasi luogo e di qualsiasi cultura si parli, quindi l'Europa è piena di indigeni. Per esempio: io sono nato e cresciuto a Genova, per cui il giorno che tornassi a vivere a Genova sarei un indigeno genovese (cosa che non sono a Colonia, dove vivo, non essendoci nato).
Aborigeno viene comunemente usato con gli stessi significati di indigeno, ma geograficamente limitato: l'aborigeno è solo il selvaggio australiano. Gli aborigeni non solo non ci sono in Europa, ma neanche in Asia, Africa o America.
E invece - anche se sempre meno numerosi - ci sono dappertutto: gli aborigeni sono semplicemente gli originari del luogo, cioè non solo quelli che nel luogo sono nati, ma che nel luogo hanno le radici, in quanto i loro antenati già erano lì.
Tornando all'esempio "me stesso": io a Genova non sarei mai un aborigeno essendo il primo nativo genovese della mia famiglia. Ma se mi trasferissi a Venezia (culla dalla notte dei tempi della mia famiglia) potrei tranquillamente definirmi aborigeno.
E ora veniamo alla terza parola: tolleranza.
Questa parola è una storia molto seria e delicata, perché l'averla tradita ha effetti non solo linguistici ma anche morali e politici.
Tolleranza è sì a grandi linee - come ha detto Serena - sinonimo di sopportazione. Ma appunto questo dovrebbe farci sobbalzare ogni volta che la sentiamo.
Cos'è che tolleriamo? Ciò che è sbagliato, ma che per un motivo o per l'altro non possiamo (o vogliamo) combattere. La tolleranza è un concetto negativo: io posso tollerare la maleducazione, la droga, la sporcizia, ecc., ecc.
Ma perché devo tollerare altri popoli, altre culture? Altri popoli, altre culture io li accetto, li rispetto, al limite li tratto con indifferenza... ma non li tollero! Perché nel momento in cui li tollero significa che li considero sbagliati, negativi, da condannare, ma che non posso o non voglio combatterli.
Eppure oggi si parla tanto di tolleranza tra le culture, tra i popoli, tra gli stili di vita. No! Io non tollero! Io sono assolutamente intollerante!
Però accetto, rispetto o al limite rimango indifferente.
Saluti,
Mauro.
Partiamo da indigeno e aborigeno. Non sono sinonimi (come ha giustamente fatto notare l'anonimo nei commenti al primo articolo), anche se esprimono concetti non lontani tra loro.
Indigeno oggi (ma ancora di più nei decenni passati) viene usato praticamente come sinonimo di selvaggio, primitivo, incolto. Per noi gli indigeni sono, per esempio, le tribù dell'Amazzonia. Ma indigeni in Europa? Chi li ha mai visti?
In realtà indigeno significa semplicemente nativo del luogo. Di qualsiasi luogo e di qualsiasi cultura si parli, quindi l'Europa è piena di indigeni. Per esempio: io sono nato e cresciuto a Genova, per cui il giorno che tornassi a vivere a Genova sarei un indigeno genovese (cosa che non sono a Colonia, dove vivo, non essendoci nato).
Aborigeno viene comunemente usato con gli stessi significati di indigeno, ma geograficamente limitato: l'aborigeno è solo il selvaggio australiano. Gli aborigeni non solo non ci sono in Europa, ma neanche in Asia, Africa o America.
E invece - anche se sempre meno numerosi - ci sono dappertutto: gli aborigeni sono semplicemente gli originari del luogo, cioè non solo quelli che nel luogo sono nati, ma che nel luogo hanno le radici, in quanto i loro antenati già erano lì.
Tornando all'esempio "me stesso": io a Genova non sarei mai un aborigeno essendo il primo nativo genovese della mia famiglia. Ma se mi trasferissi a Venezia (culla dalla notte dei tempi della mia famiglia) potrei tranquillamente definirmi aborigeno.
E ora veniamo alla terza parola: tolleranza.
Questa parola è una storia molto seria e delicata, perché l'averla tradita ha effetti non solo linguistici ma anche morali e politici.
Tolleranza è sì a grandi linee - come ha detto Serena - sinonimo di sopportazione. Ma appunto questo dovrebbe farci sobbalzare ogni volta che la sentiamo.
Cos'è che tolleriamo? Ciò che è sbagliato, ma che per un motivo o per l'altro non possiamo (o vogliamo) combattere. La tolleranza è un concetto negativo: io posso tollerare la maleducazione, la droga, la sporcizia, ecc., ecc.
Ma perché devo tollerare altri popoli, altre culture? Altri popoli, altre culture io li accetto, li rispetto, al limite li tratto con indifferenza... ma non li tollero! Perché nel momento in cui li tollero significa che li considero sbagliati, negativi, da condannare, ma che non posso o non voglio combatterli.
Eppure oggi si parla tanto di tolleranza tra le culture, tra i popoli, tra gli stili di vita. No! Io non tollero! Io sono assolutamente intollerante!
Però accetto, rispetto o al limite rimango indifferente.
Saluti,
Mauro.
sabato 8 settembre 2012
Povero Obama (povero ipocrita)
Non che nei passati quattro anni abbia fatto chissà cosa per meritarsi di meglio (OK, per far meglio di Bush bastava non far nulla... e infatti questo Obama ha fatto), però sinceramente credo che neanche il peggior candidato presidente degli USA sia così malridotto da dover essere sostenuto dal lato B di Madonna.
Saluti,
Mauro.
Saluti,
Mauro.
Il tennis, le donne, i muscoli
Sto seguendo la semifinale degli US Open femminili di tennis tra la nostra Sara Errani e la statunitense Serena Williams.
E la prima cosa che salta agli occhi è la differenza di fisico: piccola, magra, tutta nervi l'italiana, grande, muscolosa, forte la statunitense.
Premetto: io sono un pessimo tennista (sul campo da tennis come giocatore sembro un incrocio tra Benny Hill e un orangutan) però sono un appassionato spettatore (quindi mi vanto - e non accetto contraddizioni! - di capire qualcosa di questo sport).
Perciò so benissimo che il confronto fatto sopra non è un'eccezione: nel tennis odierno le campionesse hanno tecnica, ma soprattutto muscoli e centimetri. Le tenniste italiane hanno tanta tecnica (le migliori addirittura molta di più di qualsiasi sorella Williams o epigoni), ma quanto a muscoli e centimetri... sono addirittura inferiori alla donna media, non solo alla tennista media.
Ora io mi chiedo: perché in Italia non esistono ragazze fisicamente dotate che vengano spinte verso il tennis? Possibile che le società e gli allenatori italiani amino e considerino solo ragazze che sembrano fisicamente dei pulcini?
Boh!
Saluti,
Mauro.
E la prima cosa che salta agli occhi è la differenza di fisico: piccola, magra, tutta nervi l'italiana, grande, muscolosa, forte la statunitense.
Premetto: io sono un pessimo tennista (sul campo da tennis come giocatore sembro un incrocio tra Benny Hill e un orangutan) però sono un appassionato spettatore (quindi mi vanto - e non accetto contraddizioni! - di capire qualcosa di questo sport).
Perciò so benissimo che il confronto fatto sopra non è un'eccezione: nel tennis odierno le campionesse hanno tecnica, ma soprattutto muscoli e centimetri. Le tenniste italiane hanno tanta tecnica (le migliori addirittura molta di più di qualsiasi sorella Williams o epigoni), ma quanto a muscoli e centimetri... sono addirittura inferiori alla donna media, non solo alla tennista media.
Ora io mi chiedo: perché in Italia non esistono ragazze fisicamente dotate che vengano spinte verso il tennis? Possibile che le società e gli allenatori italiani amino e considerino solo ragazze che sembrano fisicamente dei pulcini?
Boh!
Saluti,
Mauro.
venerdì 7 settembre 2012
Buon Compleanno Genoa
7 settembre 1893 - 7 settembre 2012. 119 anni di gloria (e di casini).
Buon compleanno, Genoa! (non tutti i tuoi tifosi però meritano gli auguri).
Saluti,
Mauro.
Buon compleanno, Genoa! (non tutti i tuoi tifosi però meritano gli auguri).
Saluti,
Mauro.
giovedì 6 settembre 2012
Il riscaldamento globale (anche dei cervelli)
Dappertutto spuntano articoli, libri, commenti, ecc. sul problema del riscaldamento globale.
I fronti si dividono manicheisticamente in due categorie contrapposte:
1) Coloro che vedono nel riscaldamento globale la fine del mondo e che ritengono l'essere umano con le sue attività l'unico responsabile della cosa;
2) Coloro che negano tutto e dicono che - indipendentemente dalle attività umane - non vi è nessun riscaldamento globale.
Io non sono un esperto del clima, però in tutta sincerità mi sembrano entrambe posizioni difficilmente sostenibili. Bastano due fatti a caso per dimostrarlo:
1) Ai tempi dei romani (e anche prima) il clima era già riscaldato ai causa dei "gas serra" (e poi si raffreddò nei secoli tra il quindicesimo e il diciottesimo)... ma non c'era certo l'industria di oggi a produrli;
2) I dati misurati nell'ultimo secolo mostrano un chiaro aumento delle temperature medie, quindi negare un riscaldamento significa o mentire o osservare solo fenomeni locali, non globali.
Cosa voglio dire con questo?
Che il riscaldamento globale c'è, non si può negare, ma che non c'è neanche nessuna prova di responsabilità umane. Il clima ha sempre avuto momenti di riscaldamento o di raffreddamento estremo. Con o senza l'uomo.
Il problema in realtà non sono i danni che l'uomo provoca (comunque esistenti e da combattere) bensì il fatto che l'uomo ragiona in maniera antropocentrica... cioè - consciamente o inconsciamente - parla del male che facciamo al pianeta Terra pensando in realtà ai problemi che l'essere umano stesso potrebbe avere.
E dei quali il pianeta Terra se ne fregherebbe altamente essendo passato nella sua storia attraverso problemi e cataclismi ben maggiori.
Problemi e cataclismi che oltretutto non hanno mai distrutto la vita, ma la hanno spinta a cambiare, ad adattarsi.
Insomma, diciamo "Salviamo il pianeta" ma intendiamo "Salviamo l'uomo, non il pianeta".
L'uomo non vuole adattarsi. Vuole adattare. Il problema è tutto qui.
Saluti,
Mauro.
I fronti si dividono manicheisticamente in due categorie contrapposte:
1) Coloro che vedono nel riscaldamento globale la fine del mondo e che ritengono l'essere umano con le sue attività l'unico responsabile della cosa;
2) Coloro che negano tutto e dicono che - indipendentemente dalle attività umane - non vi è nessun riscaldamento globale.
Io non sono un esperto del clima, però in tutta sincerità mi sembrano entrambe posizioni difficilmente sostenibili. Bastano due fatti a caso per dimostrarlo:
1) Ai tempi dei romani (e anche prima) il clima era già riscaldato ai causa dei "gas serra" (e poi si raffreddò nei secoli tra il quindicesimo e il diciottesimo)... ma non c'era certo l'industria di oggi a produrli;
2) I dati misurati nell'ultimo secolo mostrano un chiaro aumento delle temperature medie, quindi negare un riscaldamento significa o mentire o osservare solo fenomeni locali, non globali.
Cosa voglio dire con questo?
Che il riscaldamento globale c'è, non si può negare, ma che non c'è neanche nessuna prova di responsabilità umane. Il clima ha sempre avuto momenti di riscaldamento o di raffreddamento estremo. Con o senza l'uomo.
Il problema in realtà non sono i danni che l'uomo provoca (comunque esistenti e da combattere) bensì il fatto che l'uomo ragiona in maniera antropocentrica... cioè - consciamente o inconsciamente - parla del male che facciamo al pianeta Terra pensando in realtà ai problemi che l'essere umano stesso potrebbe avere.
E dei quali il pianeta Terra se ne fregherebbe altamente essendo passato nella sua storia attraverso problemi e cataclismi ben maggiori.
Problemi e cataclismi che oltretutto non hanno mai distrutto la vita, ma la hanno spinta a cambiare, ad adattarsi.
Insomma, diciamo "Salviamo il pianeta" ma intendiamo "Salviamo l'uomo, non il pianeta".
L'uomo non vuole adattarsi. Vuole adattare. Il problema è tutto qui.
Saluti,
Mauro.
mercoledì 5 settembre 2012
Giù il cappello davanti a un grande uomo
Grande uomo che porta il nome di Alex Zanardi.
Nonostante che nel settembre del 2001 abbia perso entrambe le gambe in un incidente durante una gara automobilistica, non si è arreso e ha continuato a fare sport. E oggi ha vinto l'oro alle Paralimpiadi nella prova a cronometro dell'handbike.
Ma Zanardi non è grande per quest'oro. È grande per quello che ha detto.
Un'altra persona avrebbe dichiarato che deve tutto a sé stesso, alla propria forza di volontà, che ha vinto nonostante la vita gli abbia giocato contro, eccetera, eccetera.
Lui no. Lui ha semplicemente dichiarato, nonostante quelle due gambe mancanti, che lui dalla vita ha avuto tanto, che si considera fortunato.
Le sue parole precise: Mi considero uno che ha avuto tantissimo nella vita e continuo ad aggiungere.
Giù il cappello davanti ad Alex Zanardi, prego.
Saluti,
Mauro.
Nonostante che nel settembre del 2001 abbia perso entrambe le gambe in un incidente durante una gara automobilistica, non si è arreso e ha continuato a fare sport. E oggi ha vinto l'oro alle Paralimpiadi nella prova a cronometro dell'handbike.
Ma Zanardi non è grande per quest'oro. È grande per quello che ha detto.
Un'altra persona avrebbe dichiarato che deve tutto a sé stesso, alla propria forza di volontà, che ha vinto nonostante la vita gli abbia giocato contro, eccetera, eccetera.
Lui no. Lui ha semplicemente dichiarato, nonostante quelle due gambe mancanti, che lui dalla vita ha avuto tanto, che si considera fortunato.
Le sue parole precise: Mi considero uno che ha avuto tantissimo nella vita e continuo ad aggiungere.
Giù il cappello davanti ad Alex Zanardi, prego.
Saluti,
Mauro.
martedì 4 settembre 2012
Sesso e sessismo
Oggi, alla fermata "Stazione Centrale" della metropolitana a Duisburg ho visto sulla scala mobile un adesivo bellissimo.
Purtroppo non ho fatto in tempo a fotografarlo, ma il testo era composto solo di quattro parole, quindi me lo ricordo bene :-)
Make Sex, Hate Sexism.
Un testo del genere dovremmo impararlo (e applicarlo) tutti a memoria, uomini e donne. Ma soprattutto le femministe militanti.
Saluti,
Mauro.
Purtroppo non ho fatto in tempo a fotografarlo, ma il testo era composto solo di quattro parole, quindi me lo ricordo bene :-)
Make Sex, Hate Sexism.
Un testo del genere dovremmo impararlo (e applicarlo) tutti a memoria, uomini e donne. Ma soprattutto le femministe militanti.
Saluti,
Mauro.
lunedì 3 settembre 2012
Le parole tradite 2
Un po' più di quattro mesi fa avevo lanciato un primo quiz (senza premi... del resto son genovese...) sulle parole tradite,
cioè parole con un significato ben preciso ma che nel linguaggio
comune odierno vengono costantemente travisate e violentate (qui le risposte al primo quiz dell'epoca).
Oggi lancio la seconda puntata del quiz :-)
Le parole (in parte suggeritemi dai commenti alla prima puntata) sono: indigeno, aborigeno, tolleranza.
Aspetto i vostri commenti/risposte. Nel fine settimana pubblicherò le mie risposte. Vedremo se saremo d'accordo :-)
Saluti,
Mauro.
Oggi lancio la seconda puntata del quiz :-)
Le parole (in parte suggeritemi dai commenti alla prima puntata) sono: indigeno, aborigeno, tolleranza.
Aspetto i vostri commenti/risposte. Nel fine settimana pubblicherò le mie risposte. Vedremo se saremo d'accordo :-)
Saluti,
Mauro.