L'Egitto - o almeno il sistema giudiziario egiziano - ha appena dato una lezione di civiltà al mondo intero.
Mubarak, il vecchio satrapo dittatore, era sotto processo. E non era un processo semplice.
Da una parte, il sistema giudiziario - sia come leggi che come personale - era quello formatosi sotto la dittatura. Quindi con una certa vicinanza al dittatore. E, visto che uno dei due candidati presidenti arrivati al ballottaggio è un uomo del vecchio regime, con una qualche convenienza a tirare il processo per le lunghe in modo da sapere che vento tira prima di proferire la sentenza.
Dall'altra parte i rivoluzionari di piazza Tahrir che chiedevano la testa del dittatore - e pur non essendo detti rivoluzionari la maggioranza degli egiziani, sono pur sempre una massa non indifferente. E con una condanna a morte (prevista nell'ordinamento giuridico egiziano) il giudice si sarebbe fatta amica questa massa.
E invece no.
Il tribunale e il giudice che ha presieduto il processo non hanno fatto valutazioni politiche (e quindi non hanno tirato per le lunghe per vedere chi diventerà presidente prima di di emettere la sentenza) e non si sono neanche piegati alla voglia di vendetta della piazza (e quindi hanno evitato di prendere in considerazione la condanna a morte).
Hanno valutato le colpe e hanno deciso con giustizia e civiltà: ergastolo.
Inimicandosi così, per motivi opposti, sia i fedeli del vecchio regime che i rivoluzionari.
Ma dando una lezione di civiltà e giustizia al mondo intero.
Saluti,
Mauro.
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