Premetto che non sono un giurista, quindi ciò che dirò non si basa su ragionamenti "tecnici".
E non voglio fare neanche del facile moralismo, quindi non farò "classifiche" di dignità tra i vari reati. O distinzioni politiche fra gli stessi.
Di "tecnico" vorrei dire solo un'unica cosa: l'indulto non è un'amnistia o una grazia, quindi nessuna fedina penale verrà "lavata". Tutti quelli che si scandalizzano per la cancellazione dei reati possono smetterla di starnazzare: nessun reato verrà cancellato.
Però... non sono convinto (proprio per niente) dell'indulto. Almeno non in questa forma.
Verò è che le carceri sono sovraffolate e che anche i carcerati hanno diritto a vivere con dignità (anche dietro le sbarre, sì, anche lì).
Vero è che in teoria il carcere dovrebbe essere luogo prima di tutto di rieducazione, non di punizione. E che in questo ha fallito.
Però è vero anche che ogni persona, carcerati compresi, è diversa.
A parità di reato e di pena, bisogna vedere cosa c'è dietro il reato, le motivazioni che hanno portato a ciò.
A parità di reato e di pena, bisogna vedere che persona abbiamo di fronte. C'è chi è pericoloso e chi no, c'è chi per natura tende al male e chi per natura no.
Insomma: alleggerire le pene, abbreviare le misure restrittive o altri provvedimenti che tendano a migliorare la situazione dei detenuti (e indirettamente quindi anche quella dei loro guardiani) va bene, anzi benissimo.
Ma non come provvedimento di massa: ogni situazione va valutata singolarmente.
Carcerato per carcerato.
Essere umano per essere umano.
Saluti,
Mauro.
Ogni tanto (anzi spesso) mi vengono in mente interpretazioni di avvenimenti e fatti oppure giudizi su persone ed eventi che non si possono certo definire conformisti. O magari semplicemente idee e pensieri personali, indipendenti. Alcune di queste idee saranno giuste e condivisibili, altre no, ma sono orgoglioso che non siano conformi. I commenti anonimi non sono graditi, essi verranno cancellati a meno che non portino contributi concreti e seri. Buona lettura a tutti.
lunedì 31 luglio 2006
giovedì 27 luglio 2006
Sono antisemita?
Con la riesplosione del conflitto tra Israele e Hezbollah in territorio libanese e con la conseguente conferenza di Roma (conferenza che, se non fosse per la situazione tragica di cui si parlava, avrebbe potuto essere scambiata per una barzelletta malriuscita) torna di estrema attualità la situazione medio-orientale.
Soprattutto torna di estrema attualità l'essere pro o contro Israele.
E ancor di più il fatto che non si possa criticare Israele senza essere accusati di essere antisemiti.
Io a questo mi ribello.
Per prima cosa mi ribello per una semplice ragione linguistica: popoli semiti sono (basta consultare qualsiasi enciclopedia per accertarsene), tra gli altri, ebrei e arabi. Sì, proprio i tanto odiati e "antisemiti" arabi.
Quindi, signori miei, se io attacco Israele e difendo i Palestinesi non posso essere antisemita. Se lo fossi veramente attaccherei tutti e due i popoli. Al limite attaccando solo Israele potrei essere anti-israeliano o anti-ebraico. Ma non antisemita.
Ora i più attenti di voi avranno notato che ho parlato di Israele, ma invece di citare gli israeliani ho citato gli ebrei.
Ma come, direte, spacca il capello in quattro per il significato di "antisemita" e poi mischia allegramente uno stato moderno democratico (Israele) e la professione di una ben precisa religione (l'ebraismo)? Non sa che esistono israeliani di religione musulmana o cristiana e che esistono ebrei che non hanno né hanno intenzione di avere il passaporto israeliano?
Bene, avete colto il punto. La confusione è stata da me fatta apposta.
Io voglio poter criticare Israele come stato allo stesso modo in cui posso criticare Italia, Germania, Siria, Giordania, Cina, Stati Uniti, Brasile o qualsiasi altro stato senza venire accusato di razzismo o di essere nemico di una religione o altre cazzate simili.
Io critico uno stato o un governo, non un popolo o una religione.
Se critico Israele sono obbligatoriamente antisemita?
Bene, allora preferisco essere definito antisemita che rinunciare al mio diritto di critica.
Saluti,
Mauro.
Soprattutto torna di estrema attualità l'essere pro o contro Israele.
E ancor di più il fatto che non si possa criticare Israele senza essere accusati di essere antisemiti.
Io a questo mi ribello.
Per prima cosa mi ribello per una semplice ragione linguistica: popoli semiti sono (basta consultare qualsiasi enciclopedia per accertarsene), tra gli altri, ebrei e arabi. Sì, proprio i tanto odiati e "antisemiti" arabi.
Quindi, signori miei, se io attacco Israele e difendo i Palestinesi non posso essere antisemita. Se lo fossi veramente attaccherei tutti e due i popoli. Al limite attaccando solo Israele potrei essere anti-israeliano o anti-ebraico. Ma non antisemita.
Ora i più attenti di voi avranno notato che ho parlato di Israele, ma invece di citare gli israeliani ho citato gli ebrei.
Ma come, direte, spacca il capello in quattro per il significato di "antisemita" e poi mischia allegramente uno stato moderno democratico (Israele) e la professione di una ben precisa religione (l'ebraismo)? Non sa che esistono israeliani di religione musulmana o cristiana e che esistono ebrei che non hanno né hanno intenzione di avere il passaporto israeliano?
Bene, avete colto il punto. La confusione è stata da me fatta apposta.
Io voglio poter criticare Israele come stato allo stesso modo in cui posso criticare Italia, Germania, Siria, Giordania, Cina, Stati Uniti, Brasile o qualsiasi altro stato senza venire accusato di razzismo o di essere nemico di una religione o altre cazzate simili.
Io critico uno stato o un governo, non un popolo o una religione.
Se critico Israele sono obbligatoriamente antisemita?
Bene, allora preferisco essere definito antisemita che rinunciare al mio diritto di critica.
Saluti,
Mauro.
martedì 18 luglio 2006
giovedì 13 luglio 2006
Bisogna saper perdere
I mondiali sono finiti. Per fortuna.
Sono sì stati un'avventura bellissima... ma un mese in cui si vive di solo calcio basta, ora torniamo alla vita, alla realtà.
Oggi voglio comunque parlare ancora di mondiali e poi basta, me li dimenticherò fino ai prossimi, fino al 2010.
Un bel mondiale, che ha fornito molte emozioni. Partite brutte e partite belle, ma soprattutto tanto tifo e voglia di divertirsi.
E alla fine purtroppo due delusioni. Due delusioni che portano i nomi di Germania e Francia.
Perché delusioni? Le due nazionali hanno giocato bene (più la Germania della Francia, comunque), hanno onorato il mondiale e hanno conquistato meritatamente il secondo e il terzo gradino del podio.
No, la delusione non c'entra col calcio giocato, ma con l'opinione pubblica e la stampa.
Francia e Germania hanno dimostrato in ciò di non saper perdere. E questo fa male allo sport. E fa male a me non solo in quanto italiano, ma soprattutto in quanto amante del calcio.
I tedeschi continuano a tirare fuori la storia di Frings.
Ma non siate bambini, suvvia! La squalifica è stata giustissima ed è giustissimo protestare per chi va contro le regole (vedi Frings).
A parte il fatto che la squalifica è stata dovuta all'intervento della ZDF (la FIFA è intervenuta dopo aver visto le immagini trasmesse dalla ZDF, che vi ricordo non è certo una televisione italiana), anche fosse stata l'Italia a presentare reclamo alla FIFA, che ci sarebbe stato di male?
Sarebbe come dire che se io vedo uno commettere una rapina non devo sporgere denuncia perché il rapinato non sono io.
Cari amici tedeschi... smettetela di leggere la Bild e accendete il cervello :-)))
I francesi (e molti tedeschi li seguono) continuano ora a tirare fuori le provocazioni di Materazzi contro Zidane.
Intanto il fatto che Zidane ha tenuto un comportamento violento in campo e per quello è stato punito (giustamente), mentre di comportamenti violenti da parte di Materazzi non se ne sono visti, dovrebbe bastare, qualunque cosa abbia detto Materazzi a Zidane.
Perché dovrebbe bastare? In campo (e parlo da persona che ha praticato sport a discreto livello per più di dieci anni) si cerca sempre di provocare l'avversario. Non è bello, ma è normale. E gli allenatori (quelli seri) insegnano sempre a non reagire o al massimo a reagire con violenza verbale, non con violenza fisica.
Nello sport chi reagisce con la violenza agli insulti ha torto, qualunque sia l'insulto. E Zidane lo sa benissimo. Come lo sanno benissimo tutti i francesi.
In più basta guardare le immagini: Zidane ha parlato per primo. Quindi se si vuole essere onesti, bisogna chiedersi cosa ha detto Zidane, prima di chiedersi cosa ha detto Materazzi.
Non so se ieri sera avete ascoltato l'intervista a Zidane sulla TV francese.
Di fatto Zidane ha assolto Materazzi: se Materazzi avesse detto qualcosa di così grave, Zidane non avrebbe avuto problemi a riferire chiaramente l'insulto, invece si è tenuto sul vago, girando di fatto intorno alla cosa con l'unico intento di fare la vittima.
Sinceramente da un campione come lui, la cosa mi ha messo molta, molta tristezza.
Cari amici francesi... prima di darci dei ladri, restituiteci tutte le opere d'arte che Napoleone ha rubato in Italia e portato al Louvre :-)))
Posso capire che i tedeschi siano delusi per aver perso il mondiale in casa propria.
Ma vi ricordo che nel 1990 l'Italia arrivò terza in casa propria e invece di inventarsi chissà quali storie tifò addirittura in finale per la Germania, contenta che il titolo rimanesse in Europa.
Posso capire che i francesi siano delusi per aver perso ai rigori senza aver demeritato.
Ma vi ricordo che nel 1994 l'Italia perse la finale ai rigori contro il Brasile, senza che il Brasile meritasse di vincere, però non si inventò campagne di stampa per sminuire il titolo dei brasiliani.
Insomma, per una volta sono orgoglioso di poter dire senza tema di smentite: cari amici francesi e tedeschi, imparate da noi italiani.
Imparate a saper perdere. Vincere è facile, ma nella sconfitta si vede il carattere.
Saluti,
Mauro.
Sono sì stati un'avventura bellissima... ma un mese in cui si vive di solo calcio basta, ora torniamo alla vita, alla realtà.
Oggi voglio comunque parlare ancora di mondiali e poi basta, me li dimenticherò fino ai prossimi, fino al 2010.
Un bel mondiale, che ha fornito molte emozioni. Partite brutte e partite belle, ma soprattutto tanto tifo e voglia di divertirsi.
E alla fine purtroppo due delusioni. Due delusioni che portano i nomi di Germania e Francia.
Perché delusioni? Le due nazionali hanno giocato bene (più la Germania della Francia, comunque), hanno onorato il mondiale e hanno conquistato meritatamente il secondo e il terzo gradino del podio.
No, la delusione non c'entra col calcio giocato, ma con l'opinione pubblica e la stampa.
Francia e Germania hanno dimostrato in ciò di non saper perdere. E questo fa male allo sport. E fa male a me non solo in quanto italiano, ma soprattutto in quanto amante del calcio.
I tedeschi continuano a tirare fuori la storia di Frings.
Ma non siate bambini, suvvia! La squalifica è stata giustissima ed è giustissimo protestare per chi va contro le regole (vedi Frings).
A parte il fatto che la squalifica è stata dovuta all'intervento della ZDF (la FIFA è intervenuta dopo aver visto le immagini trasmesse dalla ZDF, che vi ricordo non è certo una televisione italiana), anche fosse stata l'Italia a presentare reclamo alla FIFA, che ci sarebbe stato di male?
Sarebbe come dire che se io vedo uno commettere una rapina non devo sporgere denuncia perché il rapinato non sono io.
Cari amici tedeschi... smettetela di leggere la Bild e accendete il cervello :-)))
I francesi (e molti tedeschi li seguono) continuano ora a tirare fuori le provocazioni di Materazzi contro Zidane.
Intanto il fatto che Zidane ha tenuto un comportamento violento in campo e per quello è stato punito (giustamente), mentre di comportamenti violenti da parte di Materazzi non se ne sono visti, dovrebbe bastare, qualunque cosa abbia detto Materazzi a Zidane.
Perché dovrebbe bastare? In campo (e parlo da persona che ha praticato sport a discreto livello per più di dieci anni) si cerca sempre di provocare l'avversario. Non è bello, ma è normale. E gli allenatori (quelli seri) insegnano sempre a non reagire o al massimo a reagire con violenza verbale, non con violenza fisica.
Nello sport chi reagisce con la violenza agli insulti ha torto, qualunque sia l'insulto. E Zidane lo sa benissimo. Come lo sanno benissimo tutti i francesi.
In più basta guardare le immagini: Zidane ha parlato per primo. Quindi se si vuole essere onesti, bisogna chiedersi cosa ha detto Zidane, prima di chiedersi cosa ha detto Materazzi.
Non so se ieri sera avete ascoltato l'intervista a Zidane sulla TV francese.
Di fatto Zidane ha assolto Materazzi: se Materazzi avesse detto qualcosa di così grave, Zidane non avrebbe avuto problemi a riferire chiaramente l'insulto, invece si è tenuto sul vago, girando di fatto intorno alla cosa con l'unico intento di fare la vittima.
Sinceramente da un campione come lui, la cosa mi ha messo molta, molta tristezza.
Cari amici francesi... prima di darci dei ladri, restituiteci tutte le opere d'arte che Napoleone ha rubato in Italia e portato al Louvre :-)))
Posso capire che i tedeschi siano delusi per aver perso il mondiale in casa propria.
Ma vi ricordo che nel 1990 l'Italia arrivò terza in casa propria e invece di inventarsi chissà quali storie tifò addirittura in finale per la Germania, contenta che il titolo rimanesse in Europa.
Posso capire che i francesi siano delusi per aver perso ai rigori senza aver demeritato.
Ma vi ricordo che nel 1994 l'Italia perse la finale ai rigori contro il Brasile, senza che il Brasile meritasse di vincere, però non si inventò campagne di stampa per sminuire il titolo dei brasiliani.
Insomma, per una volta sono orgoglioso di poter dire senza tema di smentite: cari amici francesi e tedeschi, imparate da noi italiani.
Imparate a saper perdere. Vincere è facile, ma nella sconfitta si vede il carattere.
Saluti,
Mauro.
lunedì 10 luglio 2006
E ora...
...che abbiamo vinto il titolo di Campioni del Mondo di calcio, il nostro calcio deve vincere la seconda battaglia. Forse quella più importante e difficile: quella contro l'insabbiamento.
Non bisogna lasciare che lo scandalo dei campionati truccati venga nascosto con il solito "volemose bene" che segue a ogni grande successo (e non solo in Italia, credetemi).
No. La vittoria di Berlino non deve essere una scusa per un'amnistia, per un insabbiamento generale.
La vittoria di Berlino deve invece essere la vittoria contro la banda Moggi-Galliani, deve far venire tutto alla luce e far sì che la giustizia (sportiva e, se necessario, anche penale) faccia il suo corso. Senza pietà e senza giustizialismi.
Se la vittoria nel mondiale portasse a un'amnistia, allora sarebbe stato mille volte meglio buttarli in tribuna quei cinque crudeli, magnifici rigori contro la Francia.
Saluti,
Mauro.
Non bisogna lasciare che lo scandalo dei campionati truccati venga nascosto con il solito "volemose bene" che segue a ogni grande successo (e non solo in Italia, credetemi).
No. La vittoria di Berlino non deve essere una scusa per un'amnistia, per un insabbiamento generale.
La vittoria di Berlino deve invece essere la vittoria contro la banda Moggi-Galliani, deve far venire tutto alla luce e far sì che la giustizia (sportiva e, se necessario, anche penale) faccia il suo corso. Senza pietà e senza giustizialismi.
Se la vittoria nel mondiale portasse a un'amnistia, allora sarebbe stato mille volte meglio buttarli in tribuna quei cinque crudeli, magnifici rigori contro la Francia.
Saluti,
Mauro.
venerdì 7 luglio 2006
Povera satira
I tedeschi non sanno fare la satira. Ci provano, insistono, fanno finta di non sentire chi glielo ricorda... ma non sanno fare la satira. È un dato di fatto.
L'unico tedesco che ci sia riuscito è stato Kurt Tucholsky. Ma è passato ormai un secolo.
I tedeschi credono che fare satira sia equivalente a lasciarsi andare a volgarità da bettola di quart'ordine. Come ha fatto Adrian Pohr sulla versione in rete della Zeit di oggi ('Mafia im Finale', con una promessa di traduzione italiana: 'La Mafia al Finale' ), oppure Achim Achilles sulla versione in rete dello Spiegel di qualche giorno fa (talmente vergognosa da spingere la redazione a cancellare l'articolo e a scusarsi in tre lingue: 'In eigener Sache'). Per non parlare della Bild. Che neanche merita di essere citata.
Ma i tedeschi non sanno fare satira neanche su (o contro) sè stessi. Se penso a riviste che in Germania sono considerate satiriche, ma che in Italia farebbero ridere al massimo ragazzini delle medie, mi cascano le braccia.
Del resto Ennio Flaiano, Achille Campanile, Cesare Zavattini, Stefano Benni, Michele Serra e cento altri che ora dimentico sono nati non per caso in Italia e non in Germania :-)
Amici tedeschi, sapete fare tante cose bene, anzi benissimo, ma nella satira fate pena. Lasciate perdere, ve lo consiglio più per voi stessi che per le vostre potenziali vittime.
Anche perché rischiate di provocare incidenti.
Non dimenticatevi infatti che una satira ben fatta fa sorridere chi ha la coscienza a posto e fa vergognare chi la ha sporca, mentre una satira mal fatta sveglia solo i peggiori rappresentanti dei vari schieramenti senza muovere nessuna coscienza.
Saluti,
Mauro.
L'unico tedesco che ci sia riuscito è stato Kurt Tucholsky. Ma è passato ormai un secolo.
I tedeschi credono che fare satira sia equivalente a lasciarsi andare a volgarità da bettola di quart'ordine. Come ha fatto Adrian Pohr sulla versione in rete della Zeit di oggi ('Mafia im Finale', con una promessa di traduzione italiana: 'La Mafia al Finale' ), oppure Achim Achilles sulla versione in rete dello Spiegel di qualche giorno fa (talmente vergognosa da spingere la redazione a cancellare l'articolo e a scusarsi in tre lingue: 'In eigener Sache'). Per non parlare della Bild. Che neanche merita di essere citata.
Ma i tedeschi non sanno fare satira neanche su (o contro) sè stessi. Se penso a riviste che in Germania sono considerate satiriche, ma che in Italia farebbero ridere al massimo ragazzini delle medie, mi cascano le braccia.
Del resto Ennio Flaiano, Achille Campanile, Cesare Zavattini, Stefano Benni, Michele Serra e cento altri che ora dimentico sono nati non per caso in Italia e non in Germania :-)
Amici tedeschi, sapete fare tante cose bene, anzi benissimo, ma nella satira fate pena. Lasciate perdere, ve lo consiglio più per voi stessi che per le vostre potenziali vittime.
Anche perché rischiate di provocare incidenti.
Non dimenticatevi infatti che una satira ben fatta fa sorridere chi ha la coscienza a posto e fa vergognare chi la ha sporca, mentre una satira mal fatta sveglia solo i peggiori rappresentanti dei vari schieramenti senza muovere nessuna coscienza.
Saluti,
Mauro.
martedì 4 luglio 2006
Bruno, l'orso
Gli animalisti hanno chiesto ai giocatori italiani di lanciare qualche segnale stasera prima della partita contro la Germania in ricordo dell'orso ucciso qualche giorno fa in Baviera.
A parte il fatto che tutta (o quasi) la Germania si è indignata quasi quanto noi italiani e che la Baviera (o meglio il governo bavarese) si è ritrovata isolata all'interno del suo stesso paese... che c'entra un segnale del genere? Mica i calciatori tedeschi hanno ucciso Bruno.
Un gesto simile servirebbe solo ad aumentare la tensione (sarebbe facilmente fraintendibile, potrebbe sembrare un'accusa alla Germania tutta) e di tensione grazie ai coglioni dello Spiegel e della Bild ce n'è già abbastanza.
Semmai, in ricordo di Bruno, si potrebbe boicottare la Baviera: niente turisti italiani in Baviera, niente prodotti bavaresi (tra cui le marche BMW, Audi o Siemens) acquistati in Italia, eccetera.
Questo sì che si potrebbe fare. Oltre che inondare di posta con frasi - educate! - di condanna l'ufficio del signor Werner Schnappauf, ministro bavarese per l'ambiente.
Volete l'indirizzo?
Werner Schnappauf
Bayerisches Staatsministerium für Umwelt, Gesundheit und Verbraucherschutz
Rosenkavalierplatz 2,
81925 München
Germania
Saluti,
Mauro.
A parte il fatto che tutta (o quasi) la Germania si è indignata quasi quanto noi italiani e che la Baviera (o meglio il governo bavarese) si è ritrovata isolata all'interno del suo stesso paese... che c'entra un segnale del genere? Mica i calciatori tedeschi hanno ucciso Bruno.
Un gesto simile servirebbe solo ad aumentare la tensione (sarebbe facilmente fraintendibile, potrebbe sembrare un'accusa alla Germania tutta) e di tensione grazie ai coglioni dello Spiegel e della Bild ce n'è già abbastanza.
Semmai, in ricordo di Bruno, si potrebbe boicottare la Baviera: niente turisti italiani in Baviera, niente prodotti bavaresi (tra cui le marche BMW, Audi o Siemens) acquistati in Italia, eccetera.
Questo sì che si potrebbe fare. Oltre che inondare di posta con frasi - educate! - di condanna l'ufficio del signor Werner Schnappauf, ministro bavarese per l'ambiente.
Volete l'indirizzo?
Werner Schnappauf
Bayerisches Staatsministerium für Umwelt, Gesundheit und Verbraucherschutz
Rosenkavalierplatz 2,
81925 München
Germania
Saluti,
Mauro.
domenica 2 luglio 2006
Presepe e Islam
Mi sono ricapitate tra le mani alcune righe che scrissi intorno a Natale. Ora Natale è lontano, ma penso che possano essere comunque interessanti.
Negli ultimi anni sempre più scuole hanno soppresso o modificato la tradizione natalizia del presepe. L’ultimo esempio è una scuola milanese che ha deciso di fare il presepe, ma di non metterci Gesù bambino.
Motivo? Non ferire la sensibilità dei sempre più numerosi bambini musulmani, o comunque non cristiani.
Sinceramente... di una simile decisione si può solo ridere.
Punto primo: in Italia ci sono tantissimi atei e agnostici che si sentono infastiditi dall’imposizione di tradizioni cattoliche molto di più di quanto ne siano infastiditi i musulmani. Queste persone in Italia ci sono sempre state, ma nessuno ha mai pensato alla loro sensibilità.
Punto secondo: Gesù è anche un “personaggio” dell’Islam. Il Corano lo presenta come un grandissimo profeta. Quindi togliere Gesù dal presepe, ma fare il presepe, diventa una doppia offesa: lasci ciò che è tipico cristiano (il presepe, appunto) e togli ciò che accomuna Islam e Cristianesimo (cioè Gesù)?
Punto terzo: se vogliamo vedere il presepe non come simbolo religioso ma come esempio della tradizione popolare-culturale di un paese (e c’è molta gente che lo vede in questi termini), allora è chi arriva da fuori a doversi adeguare (il che non significa convertirsi o tradire la propria cultura, ma solo accettare anche quella del paese dove ci si trova), non chi fa il presepe.
Saluti,
Mauro.
Negli ultimi anni sempre più scuole hanno soppresso o modificato la tradizione natalizia del presepe. L’ultimo esempio è una scuola milanese che ha deciso di fare il presepe, ma di non metterci Gesù bambino.
Motivo? Non ferire la sensibilità dei sempre più numerosi bambini musulmani, o comunque non cristiani.
Sinceramente... di una simile decisione si può solo ridere.
Punto primo: in Italia ci sono tantissimi atei e agnostici che si sentono infastiditi dall’imposizione di tradizioni cattoliche molto di più di quanto ne siano infastiditi i musulmani. Queste persone in Italia ci sono sempre state, ma nessuno ha mai pensato alla loro sensibilità.
Punto secondo: Gesù è anche un “personaggio” dell’Islam. Il Corano lo presenta come un grandissimo profeta. Quindi togliere Gesù dal presepe, ma fare il presepe, diventa una doppia offesa: lasci ciò che è tipico cristiano (il presepe, appunto) e togli ciò che accomuna Islam e Cristianesimo (cioè Gesù)?
Punto terzo: se vogliamo vedere il presepe non come simbolo religioso ma come esempio della tradizione popolare-culturale di un paese (e c’è molta gente che lo vede in questi termini), allora è chi arriva da fuori a doversi adeguare (il che non significa convertirsi o tradire la propria cultura, ma solo accettare anche quella del paese dove ci si trova), non chi fa il presepe.
Saluti,
Mauro.