La Cina conquisterà il mondo. Economicamente almeno.
O forse no. Forse lo farà l’India, che ha manodopera ancora più a basso costo.
O forse ritornerà in auge l’Australia, dove è stata appena cancellata di fatto ogni protezione sindacale per i lavoratori.
O forse... o forse semplicemente non abbiamo capito niente.
Al di là dei cicli economici che hanno sempre portato a periodi buoni e periodi cattivi, il problema credo sia molto più banale.
Non è occidente contro oriente. Non è Stato contro libero mercato. Non è neanche (almeno non solo) padrone contro lavoratore.
È finanza contro industria.
Finanza significa che la produzione non ha nessuna speranza. Né in Italia, né negli USA, né in Cina, né altrove. Finanza significa semplicemente guadagno veloce. Lo sviluppo di un’azienda, di un commercio non sono importanti. Importante è tirarne fuori il più possibile, ma soprattutto il più alla svelta possibile.
Industria invece significa che la produzione e lo scambio durano, è un ragionamento a medio-lungo termine. Quindi guadagno magari inferiore, ma duraturo nel tempo.
E questa differenza vale in entrambi i sistemi: statalista e liberista.
Non è la Cina che ci deve fare paura. Anzi, forse potrebbe diventare un’utile alleata.
Sono gli Ackermann e gli Gnutti che ci devono fare paura.
Saluti,
Mauro.
Ogni tanto (anzi spesso) mi vengono in mente interpretazioni di avvenimenti e fatti oppure giudizi su persone ed eventi che non si possono certo definire conformisti. O magari semplicemente idee e pensieri personali, indipendenti. Alcune di queste idee saranno giuste e condivisibili, altre no, ma sono orgoglioso che non siano conformi. I commenti anonimi non sono graditi, essi verranno cancellati a meno che non portino contributi concreti e seri. Buona lettura a tutti.
giovedì 29 giugno 2006
mercoledì 28 giugno 2006
L'Italia ha vinto
No, non sto parlando della sudata vittoria contro l'Australia ai mondiali. No, da tifoso sono stato contento, ma l'Italia il 25-26 giugno ha vinto una partita ben più importante.
Il 25-26 giugno gli italiani, votando no al referendum sulla riforma costituzionale, hanno salvato la Costituzione e probabilmente il futuro della democrazia (o di quel po' di democrazia che abbiamo) in Italia.
Però rimane l'amaro in bocca e tante considerazioni (quasi tutte negative) si inseguono tra loro.
Partiamo dall'unica considerazione veramente positiva: la maggioranza di coloro che hanno votato no, ha votato contro un ulteriore disgregamento del paese. Non tanto nel senso secessionista della Lega, quanto nel senso del disgregamento del tessuto sociale che si sarebbe accompagnato alla regionalizzazione di istruzione, sanità e altro.
La prima considerazione negativa è l'affluenza alle urne: 52,3%!!!
Ma ve ne rendete conto? Un referendum che decide del futuro del paese a lungo termine (e non di un governo o di una legislatura) e lo cambia nel profondo... e metà degli italiani se ne fregano?
In un altro paese sarebbe (giustamente) considerata una cosa scandalosa.
E su questo punto non è importante che la riforma fosse buona o cattiva, fosse giusta o sbagliata. È importante (purtroppo) che tanti italiani se ne siano disinteressati.
Altra considerazione negativa: la riforma (oltre che pericolosa) era scritta male, in parte incomprensibile e autocontradditoria.
Solo per la sua parziale incomprensibilità andava bocciata: una Costituzione deve essere chiara, comprensibile a tutti (analfabeti compresi: devono essere in grado di capirne il contenuto se qualcuno gliela legge). Quella che avremmo avuto se avesse vinto il sì sarebbe stata compresa solo da esperti di enigmistica.
Eppure il 15-20% degli italiani ha dimostrato di volerla!
E poi la cosa più scandalosa, della quale da italiano profondamente mi vergogno: la maggioranza di coloro che sono andati alle urne sono andati con l'obiettivo di salvare o di far cadere il governo Prodi, non per conservare o cambiare la Costituzione.
Grazie alla disinformazione televisiva sono andati a un voto politico.
Ma la Costituzione è molto più della politica, ignoranti!
Quello che mi chiedo è, viste tutte queste considerazioni: quanti italiani conoscono la propria Costituzione? Quanti la hanno letta, se non in passato, almeno in previsione di questo voto? Pochi, pochissimi.
E quanti hanno letto il testo della potenziale Costituzione modificata? Di sicuro ancora meno, molti di meno di quei pochissimi di cui sopra.
E da italiano all'estero, un'ultima considerazione: all'estero (in Europa no, ma nel globale sì) ha vinto il sì. Cioè gli italiani all'estero si sono schierati a fianco del centrodestra per la riforma della Costituzione.
Qualcuno ha urlato allo scandalo: ma come? Prima votate per il centrosinistra e neanche tre mesi dopo cambiate bandiera?
Direi proprio che questi "scandalizzati" dovrebbero togliersi un po' di prosciutto dagli occhi :-)
Tradizionalmente (per motivi che non è il caso qui di analizzare) l'italiano all'estero tende a destra. Quindi la stranezza sono state le elezioni di aprile, non l'attuale referendum.
Ma alle elezioni di aprile, gli italiani all'estero non hanno votato per il centrosinistra. Hanno votato contro la persona Berlusconi, contro le figuracce che ci ha fatto subire, contro il fatto che grazie a lui la considerazione che gli stranieri hanno di noi è tornata indietro di anni.
Se il centrodestra avesse candidato Casini o Fini a presidente del consiglio... gli italiani all'estero ad aprile avrebbero votato per il centrodestra. Forse non così massicciamente come in passato, ma comunque per il centrodestra.
Saluti,
Mauro.
Il 25-26 giugno gli italiani, votando no al referendum sulla riforma costituzionale, hanno salvato la Costituzione e probabilmente il futuro della democrazia (o di quel po' di democrazia che abbiamo) in Italia.
Però rimane l'amaro in bocca e tante considerazioni (quasi tutte negative) si inseguono tra loro.
Partiamo dall'unica considerazione veramente positiva: la maggioranza di coloro che hanno votato no, ha votato contro un ulteriore disgregamento del paese. Non tanto nel senso secessionista della Lega, quanto nel senso del disgregamento del tessuto sociale che si sarebbe accompagnato alla regionalizzazione di istruzione, sanità e altro.
La prima considerazione negativa è l'affluenza alle urne: 52,3%!!!
Ma ve ne rendete conto? Un referendum che decide del futuro del paese a lungo termine (e non di un governo o di una legislatura) e lo cambia nel profondo... e metà degli italiani se ne fregano?
In un altro paese sarebbe (giustamente) considerata una cosa scandalosa.
E su questo punto non è importante che la riforma fosse buona o cattiva, fosse giusta o sbagliata. È importante (purtroppo) che tanti italiani se ne siano disinteressati.
Altra considerazione negativa: la riforma (oltre che pericolosa) era scritta male, in parte incomprensibile e autocontradditoria.
Solo per la sua parziale incomprensibilità andava bocciata: una Costituzione deve essere chiara, comprensibile a tutti (analfabeti compresi: devono essere in grado di capirne il contenuto se qualcuno gliela legge). Quella che avremmo avuto se avesse vinto il sì sarebbe stata compresa solo da esperti di enigmistica.
Eppure il 15-20% degli italiani ha dimostrato di volerla!
E poi la cosa più scandalosa, della quale da italiano profondamente mi vergogno: la maggioranza di coloro che sono andati alle urne sono andati con l'obiettivo di salvare o di far cadere il governo Prodi, non per conservare o cambiare la Costituzione.
Grazie alla disinformazione televisiva sono andati a un voto politico.
Ma la Costituzione è molto più della politica, ignoranti!
Quello che mi chiedo è, viste tutte queste considerazioni: quanti italiani conoscono la propria Costituzione? Quanti la hanno letta, se non in passato, almeno in previsione di questo voto? Pochi, pochissimi.
E quanti hanno letto il testo della potenziale Costituzione modificata? Di sicuro ancora meno, molti di meno di quei pochissimi di cui sopra.
E da italiano all'estero, un'ultima considerazione: all'estero (in Europa no, ma nel globale sì) ha vinto il sì. Cioè gli italiani all'estero si sono schierati a fianco del centrodestra per la riforma della Costituzione.
Qualcuno ha urlato allo scandalo: ma come? Prima votate per il centrosinistra e neanche tre mesi dopo cambiate bandiera?
Direi proprio che questi "scandalizzati" dovrebbero togliersi un po' di prosciutto dagli occhi :-)
Tradizionalmente (per motivi che non è il caso qui di analizzare) l'italiano all'estero tende a destra. Quindi la stranezza sono state le elezioni di aprile, non l'attuale referendum.
Ma alle elezioni di aprile, gli italiani all'estero non hanno votato per il centrosinistra. Hanno votato contro la persona Berlusconi, contro le figuracce che ci ha fatto subire, contro il fatto che grazie a lui la considerazione che gli stranieri hanno di noi è tornata indietro di anni.
Se il centrodestra avesse candidato Casini o Fini a presidente del consiglio... gli italiani all'estero ad aprile avrebbero votato per il centrodestra. Forse non così massicciamente come in passato, ma comunque per il centrodestra.
Saluti,
Mauro.
domenica 25 giugno 2006
Paura della Turchia?
“Mamma li turchi!!!” Da un po’ di tempo sembra essere questo il grido d’avvertimento, di paura, dell’Europa tutta.
Stanno tornando le galee saracene ad attaccare i porti mediterranei? È ripreso l’assedio di Vienna da parte dei giannizzeri? No, peggio! La Turchia ha l’ardire di chiedere l’ammissione nella UE!
E tutti ad aver paura dell’ingresso di un paese che non garantisce troppo dal punto di vista democratico (però Guantanamo e le leggi “ad personam” non arrivano dalla Turchia). Ad aver paura di un paese musulmano che si scontrerebbe con la cultura (cristiana) dell’Europa (e le radici greco-romane, precedenti e ancora oggi in molti casi sovrastanti le tradizioni cristiane, le abbiamo dimenticate? Istanbul, allora Bisanzio, era la seconda Roma e culla della chiesa cristiano-ortodossa).
Non dovrebbe far paura la Turchia.
Dovrebbe far paura la politica della Polonia. E la sua sotterranea alleanza con Londra.
La Turchia ha bisogno dell’Europa, per due motivi: evitare di cadere del tutto nel calderone esplosivo del Medio Oriente (quindi la Turchia può essere una barriera contro l’Islam radicale, non un suo cuneo in Europa) e affrancarsi almeno in parte dalla quasi schiavitù verso gli USA (che con le basi militari, Incirlik insegna, di fatto sono padroni del paese).
La Polonia invece... è discretamente lontana da zone a rischio e non ha particolari necessità strategiche o sociali che le rendano assolutamente vitale l’ingresso nella UE.
La Polonia infatti guarda oltreatlantico, la Polonia si sente attratta dagli USA (basta leggersi le dichiarazioni dei vari governanti polacchi degli ultimi anni e la prontezza con cui si è lanciata in Iraq e ha lasciato creare alla CIA prigioni in territorio polacco, senza dimenticare il già avvenuto ingresso nella NATO). Per la Polonia l’ingresso nella UE è semplicemente un modo per stringere contatti più a ovest, grazie soprattutto all’aiuto di Blair. E una volta che la UE avrà assolto il suo “compito” di ponte tra Varsavia e Washington, la Polonia non avrà più remore a tradire l’idea comunitaria come già sta facendo da anni il Regno Unito.
Però la Polonia è cristiana... la Turchia no. Volete mettere?
Saluti,
Mauro.
Stanno tornando le galee saracene ad attaccare i porti mediterranei? È ripreso l’assedio di Vienna da parte dei giannizzeri? No, peggio! La Turchia ha l’ardire di chiedere l’ammissione nella UE!
E tutti ad aver paura dell’ingresso di un paese che non garantisce troppo dal punto di vista democratico (però Guantanamo e le leggi “ad personam” non arrivano dalla Turchia). Ad aver paura di un paese musulmano che si scontrerebbe con la cultura (cristiana) dell’Europa (e le radici greco-romane, precedenti e ancora oggi in molti casi sovrastanti le tradizioni cristiane, le abbiamo dimenticate? Istanbul, allora Bisanzio, era la seconda Roma e culla della chiesa cristiano-ortodossa).
Non dovrebbe far paura la Turchia.
Dovrebbe far paura la politica della Polonia. E la sua sotterranea alleanza con Londra.
La Turchia ha bisogno dell’Europa, per due motivi: evitare di cadere del tutto nel calderone esplosivo del Medio Oriente (quindi la Turchia può essere una barriera contro l’Islam radicale, non un suo cuneo in Europa) e affrancarsi almeno in parte dalla quasi schiavitù verso gli USA (che con le basi militari, Incirlik insegna, di fatto sono padroni del paese).
La Polonia invece... è discretamente lontana da zone a rischio e non ha particolari necessità strategiche o sociali che le rendano assolutamente vitale l’ingresso nella UE.
La Polonia infatti guarda oltreatlantico, la Polonia si sente attratta dagli USA (basta leggersi le dichiarazioni dei vari governanti polacchi degli ultimi anni e la prontezza con cui si è lanciata in Iraq e ha lasciato creare alla CIA prigioni in territorio polacco, senza dimenticare il già avvenuto ingresso nella NATO). Per la Polonia l’ingresso nella UE è semplicemente un modo per stringere contatti più a ovest, grazie soprattutto all’aiuto di Blair. E una volta che la UE avrà assolto il suo “compito” di ponte tra Varsavia e Washington, la Polonia non avrà più remore a tradire l’idea comunitaria come già sta facendo da anni il Regno Unito.
Però la Polonia è cristiana... la Turchia no. Volete mettere?
Saluti,
Mauro.
venerdì 23 giugno 2006
Io sono fazioso
Io sono fazioso. E sono orgoglioso di esserlo.
Qualcuno ora urlerà al terrorista, al disonesto, al pericolo pubblico.
Invece è proprio l'essere faziosi e il riconoscere di esserlo che rende possibile il dialogo e in fondo anche l'informazione.
Cosa significa essere faziosi? Letteralmente significa prendere parte per una fazione. In senso più esteso significa però farsi un'idea, avere un'opinione propria, aver pensato, ragionato. Non stare lì freddo ed ebete a guardare.
Neutrale, veramente equidistante, può essere solo chi non arriva a prendere posizione, chi non ha idee e opinioni proprie. In breve: chi non pensa. E chi non vuole pensare.
Per forza di cose chi riflette, chi ragiona si forma delle opinioni, raggiunge delle conclusioni, dei giudizi, anche se spesso incompleti e non decisivi. E il pensare non solo porta a formarsi delle opinioni, ma anche ad avere dei dubbi (che chi non pensa non avrà mai).
Ed è questo che fa di lui un essere umano degno di questo nome.
Il non pensare è comodo, facile... ma lo sanno fare anche gli essere unicellulari.
Certo poi quando si parla, quando si esprimono le proprie idee e opinioni, bisogna distinguere chiaramente queste dai fatti. Non si possono mischiare e confondere le due cose.
A maggior ragione se si è un politico, un giornalista o una qualche altra figura che può influenzare l'opinione pubblica.
Presentare come fatti le proprie idee o non permettere di distinguere le due cose non è fazioso. È criminale.
Saluti,
Mauro.
Qualcuno ora urlerà al terrorista, al disonesto, al pericolo pubblico.
Invece è proprio l'essere faziosi e il riconoscere di esserlo che rende possibile il dialogo e in fondo anche l'informazione.
Cosa significa essere faziosi? Letteralmente significa prendere parte per una fazione. In senso più esteso significa però farsi un'idea, avere un'opinione propria, aver pensato, ragionato. Non stare lì freddo ed ebete a guardare.
Neutrale, veramente equidistante, può essere solo chi non arriva a prendere posizione, chi non ha idee e opinioni proprie. In breve: chi non pensa. E chi non vuole pensare.
Per forza di cose chi riflette, chi ragiona si forma delle opinioni, raggiunge delle conclusioni, dei giudizi, anche se spesso incompleti e non decisivi. E il pensare non solo porta a formarsi delle opinioni, ma anche ad avere dei dubbi (che chi non pensa non avrà mai).
Ed è questo che fa di lui un essere umano degno di questo nome.
Il non pensare è comodo, facile... ma lo sanno fare anche gli essere unicellulari.
Certo poi quando si parla, quando si esprimono le proprie idee e opinioni, bisogna distinguere chiaramente queste dai fatti. Non si possono mischiare e confondere le due cose.
A maggior ragione se si è un politico, un giornalista o una qualche altra figura che può influenzare l'opinione pubblica.
Presentare come fatti le proprie idee o non permettere di distinguere le due cose non è fazioso. È criminale.
Saluti,
Mauro.
giovedì 22 giugno 2006
Laici o cattolici?
Nella politica (e nella chiesa) l'italiano deve essere una lingua passata di moda, visto che anche termini semplici e inequivocabili come "laico" e "cattolico" vengono usati scorrettamente, presentandoli come contrari, antitetici tra loro. Sbagliando quindi completamente l'uso del primo.
Non è purtroppo una cosa nuova, anche se ha raggiunto l'apice col recente referendum sulla procreazione assistita e la ricerca sulle cellule staminali: partiti laici e partiti cattolici, elettori laici ed elettori cattolici ci hanno sempre accompagnato.
Cattolico è chi vota/votava per la Democrazia Cristiana e i suoi eredi o per altri partiti più o meno vicini al Vaticano. Laico è chi vota/votava per partiti lontani dal centro, soprattutto per quelli di sinistra.
Insomma per la politica e per la chiesa, un laico sembra poter essere solo ateo (e uno sembra diventare automaticamente "ateo" votando determinati partiti).
Ma cos'è un cattolico? Una persona che crede in Dio e che segue i precetti di quel particolare tipo di credo che si definisce cristiano cattolico (in pratica la chiesa romana).
E cos'è un laico? Una persona che non fa parte di una gerarchia o ordine ecclesiale (cattolico o no che sia). Un laico è semplicemente un "non-clerico".
Cosa ci insegna questa definizione di laico? Ci insegna che (anche se Casini e Ruini non lo sanno) un laico può essere benissimo un cattolico. Anzi, la grande maggioranza dei cattolici sono laici, dato che solo relativamente pochi sono sacerdoti, monaci o monache.
Chissà come potrebbero mai reagire i due gemelli del cabaret clerico-politico italiano (appunto Ruini e Casini) nello scoprire che un tal De Gasperi era un laico, che un tal Adenauer era un laico, che un tal Andreotti è un laico. Che Casini stesso è un laico!
Don Sturzo no, lui laico non lo era. Almeno lui Ruini e Casini se lo possono incasellare nella loro parrocchia, pur stravolgendo la lingua italiana.
Saluti,
Mauro.
Non è purtroppo una cosa nuova, anche se ha raggiunto l'apice col recente referendum sulla procreazione assistita e la ricerca sulle cellule staminali: partiti laici e partiti cattolici, elettori laici ed elettori cattolici ci hanno sempre accompagnato.
Cattolico è chi vota/votava per la Democrazia Cristiana e i suoi eredi o per altri partiti più o meno vicini al Vaticano. Laico è chi vota/votava per partiti lontani dal centro, soprattutto per quelli di sinistra.
Insomma per la politica e per la chiesa, un laico sembra poter essere solo ateo (e uno sembra diventare automaticamente "ateo" votando determinati partiti).
Ma cos'è un cattolico? Una persona che crede in Dio e che segue i precetti di quel particolare tipo di credo che si definisce cristiano cattolico (in pratica la chiesa romana).
E cos'è un laico? Una persona che non fa parte di una gerarchia o ordine ecclesiale (cattolico o no che sia). Un laico è semplicemente un "non-clerico".
Cosa ci insegna questa definizione di laico? Ci insegna che (anche se Casini e Ruini non lo sanno) un laico può essere benissimo un cattolico. Anzi, la grande maggioranza dei cattolici sono laici, dato che solo relativamente pochi sono sacerdoti, monaci o monache.
Chissà come potrebbero mai reagire i due gemelli del cabaret clerico-politico italiano (appunto Ruini e Casini) nello scoprire che un tal De Gasperi era un laico, che un tal Adenauer era un laico, che un tal Andreotti è un laico. Che Casini stesso è un laico!
Don Sturzo no, lui laico non lo era. Almeno lui Ruini e Casini se lo possono incasellare nella loro parrocchia, pur stravolgendo la lingua italiana.
Saluti,
Mauro.
mercoledì 21 giugno 2006
Conformismo, patriottismo e nazionalismo
In questi giorni siamo completamente circondati dal calcio, "grazie" al Mondiale che si sta svolgendo qui, in terra di Germania.
No, non mi riferisco alle partite (da quando il calcio si è trasformato in industria, anche senza i mondiali siamo pieni di partite) e nemmeno alle interminabili e inutili trasmissioni televisive (ormai ci sono 12 mesi all'anno e anche senza calcio non è che le trasmissioni siano meno interminabili e inutili oggigiorno).
No, mi riferisco a questo tripudio di bandiere che ci circonda. Qui in Germania siamo sommersi a ogni angolo da nero-rosso-giallo (e nei quartieri con molti immigrati dal verde-bianco-rosso italiano o dal blu-bianco-rosso croato o altro ancora, manca solo il bianco-rosso turco, ma solo perché la Turchia non si è qualificata).
E dai racconti e dalle immagini che mi arrivano dagli altri paesi, vedo che la situazione è simile dappertutto (in Germania forse un po' più esasperata in quanto paese ospitante).
E dopo ogni vittoria i caroselli di auto imbandierate a Milano come a Lione, a Zurigo come a Manchester, a Yokohama come a Curitiba.
E intorno a questo tripudio di bandiere e di amor patrio si sviluppano "dotte" discussioni di sociologi e filosofi da salotto che cercano di capire se si tratti del tanto amato patriottismo o del tanto vituperato nazionalismo.
Magari fosse così!
Il patriottismo è un sentimento a mio parere positivo. Il nazionalismo è un sentimento negativo, ma pur sempre un sentimento. Se si prova l'uno o l'altro, si dimostra almeno di avere un cuore (collegato o no che sia al cervello).
Ma questo tripudio di bandiere che si verifica solo ogni quattro anni è in realtà il trionfo del conformismo.
Gente che neanche conosce i colori della propria bandiera (e talvolta neanche il nome ufficiale della propria patria: quanti sanno che l'Italia è in realtà Repubblica Italiana oppure che la Germania è in realtà Repubblica Federale Tedesca?) corre a comprarne una ogni volta che cominciano i mondiali di calcio.
E perché? Perché stampa e TV si mettono a urlare in continuazione: "Tu sei tedesco!", "Tu sei italiano!", "Tu sei spagnolo!", eccetera.
E soprattutto perché le pubblicità si vestono di quei colori. È la pubblicità a "ordinare" di diventare patriottici e/o nazionalisti.
No, signori miei, intorno a me non vedo nè patriottismo nè nazionalismo, ma solo conformismo e cervelli guidati dalla pubblicità.
Saluti,
Mauro.
No, non mi riferisco alle partite (da quando il calcio si è trasformato in industria, anche senza i mondiali siamo pieni di partite) e nemmeno alle interminabili e inutili trasmissioni televisive (ormai ci sono 12 mesi all'anno e anche senza calcio non è che le trasmissioni siano meno interminabili e inutili oggigiorno).
No, mi riferisco a questo tripudio di bandiere che ci circonda. Qui in Germania siamo sommersi a ogni angolo da nero-rosso-giallo (e nei quartieri con molti immigrati dal verde-bianco-rosso italiano o dal blu-bianco-rosso croato o altro ancora, manca solo il bianco-rosso turco, ma solo perché la Turchia non si è qualificata).
E dai racconti e dalle immagini che mi arrivano dagli altri paesi, vedo che la situazione è simile dappertutto (in Germania forse un po' più esasperata in quanto paese ospitante).
E dopo ogni vittoria i caroselli di auto imbandierate a Milano come a Lione, a Zurigo come a Manchester, a Yokohama come a Curitiba.
E intorno a questo tripudio di bandiere e di amor patrio si sviluppano "dotte" discussioni di sociologi e filosofi da salotto che cercano di capire se si tratti del tanto amato patriottismo o del tanto vituperato nazionalismo.
Magari fosse così!
Il patriottismo è un sentimento a mio parere positivo. Il nazionalismo è un sentimento negativo, ma pur sempre un sentimento. Se si prova l'uno o l'altro, si dimostra almeno di avere un cuore (collegato o no che sia al cervello).
Ma questo tripudio di bandiere che si verifica solo ogni quattro anni è in realtà il trionfo del conformismo.
Gente che neanche conosce i colori della propria bandiera (e talvolta neanche il nome ufficiale della propria patria: quanti sanno che l'Italia è in realtà Repubblica Italiana oppure che la Germania è in realtà Repubblica Federale Tedesca?) corre a comprarne una ogni volta che cominciano i mondiali di calcio.
E perché? Perché stampa e TV si mettono a urlare in continuazione: "Tu sei tedesco!", "Tu sei italiano!", "Tu sei spagnolo!", eccetera.
E soprattutto perché le pubblicità si vestono di quei colori. È la pubblicità a "ordinare" di diventare patriottici e/o nazionalisti.
No, signori miei, intorno a me non vedo nè patriottismo nè nazionalismo, ma solo conformismo e cervelli guidati dalla pubblicità.
Saluti,
Mauro.
martedì 20 giugno 2006
Una preghiera
Questo non è un pensiero, ne' eretico ne' conformista, ma una preghiera:
Il 25-26 giugno prossimi andate a votare per il referendum sulla Costituzione!!!
Salvate la Costituzione e la democrazia in Italia!!! Vi prego!!!
E ricordate che non è, come gli altri, un referendum abrogativo, bensì approvativo.
Cioè:
1) se siete favorevoli alla riforma votate SÌ
2) se siete contrari alla riforma votate NO
Quindi, se amate l'Italia e la democrazia votate NO!!!
Saluti,
Mauro.
Il 25-26 giugno prossimi andate a votare per il referendum sulla Costituzione!!!
Salvate la Costituzione e la democrazia in Italia!!! Vi prego!!!
E ricordate che non è, come gli altri, un referendum abrogativo, bensì approvativo.
Cioè:
1) se siete favorevoli alla riforma votate SÌ
2) se siete contrari alla riforma votate NO
Quindi, se amate l'Italia e la democrazia votate NO!!!
Saluti,
Mauro.
Ma cos'è un pensiero eretico?
I pensieri eretici altro non sono che idee, intuizioni nate da fatti personali, eventi di cronaca (talvolta ormai già storia) o altro.
Talvolta sono semplici considerazioni, talvolta invece percorsi più o meno logici.
Partono tutti da fatti concreti, oserei dire da dati di fatto, ma le conclusioni non sono necessariamente verità (sempre che esista una cosa come la verità), ma semplicemente le "mie" conclusioni a partire da determinate premesse.
Sono raramente politicamente corretti e spesso controcorrente. Possono disturbare, ma di sicuro fanno pensare (e già questo oggigiorno può essere rivoluzionario).
Sono idee di uno che pensa con la propria testa.
Saluti,
Mauro.
Talvolta sono semplici considerazioni, talvolta invece percorsi più o meno logici.
Partono tutti da fatti concreti, oserei dire da dati di fatto, ma le conclusioni non sono necessariamente verità (sempre che esista una cosa come la verità), ma semplicemente le "mie" conclusioni a partire da determinate premesse.
Sono raramente politicamente corretti e spesso controcorrente. Possono disturbare, ma di sicuro fanno pensare (e già questo oggigiorno può essere rivoluzionario).
Sono idee di uno che pensa con la propria testa.
Saluti,
Mauro.
lunedì 19 giugno 2006
Eccoci qui
E così ne ho fatta un'altra delle mie.
Mi sono aperto il mio blog personale, in modo da poter impestare ancora di più il web con le mie idee... sempre che qualcuno abbia voglia di leggerle ;-)
Non aspettatevi pensieri "politicamente corretti" oppure banalità da spettacolo televisivo.
Non dico che quello che scriverò sarà tutto intelligente, tutto interessante, tutto giusto... in fondo sono anch'io solo un essere umano... almeno credo...
Di sicuro però leggerete idee personali, spunti di riflessione, punti di vista atipici.
Beh, per oggi questo basta. Con i pensieri eretici cominciamo da domani :-)
Saluti,
Mauro.
Mi sono aperto il mio blog personale, in modo da poter impestare ancora di più il web con le mie idee... sempre che qualcuno abbia voglia di leggerle ;-)
Non aspettatevi pensieri "politicamente corretti" oppure banalità da spettacolo televisivo.
Non dico che quello che scriverò sarà tutto intelligente, tutto interessante, tutto giusto... in fondo sono anch'io solo un essere umano... almeno credo...
Di sicuro però leggerete idee personali, spunti di riflessione, punti di vista atipici.
Beh, per oggi questo basta. Con i pensieri eretici cominciamo da domani :-)
Saluti,
Mauro.