venerdì 30 marzo 2018

Perché lui è furbo

Ieri Mattia Butta (ma non è stato l'unico in questi giorni) ha pubblicato un articolo in cui spiega che anche nella vita reale regaliamo da stupidi dati importanti sulla nostra vita, non solo in rete.

Tutto giusto, ma io andrei oltre.

Ipotizziamo, per assurdo, che solo tramite la rete si possano ricavare dati sulle persone e che la vita reale sia sicura.

Il furbo, quello che ha capito tutto, si cancella da Facebook e per sicurezza toglie l’URL dai preferiti e disinstalla l’app.
Contemporaneamente fa lo stesso con Google e comincia a usare solo altri motori di ricerca (e visto che lui “sa”, toglie Chrome e passa a un altro browser).

Però Facebook non è (più) il social network e Google non è (più) il motore di ricerca.
Entrambi sono ormai conglomerati che possiedono un sacco di altre aziende e gestiscono un sacco di altre applicazioni e siti.

Ma lui è furbo e infatti va su Internet senza più fornire dati a Facebook e Google.

Lui è furbo. Li fornisce solo ad aziende che appartengono a quei colossi costringendoli a fare la fatica di un passaggio in più prima di averli a disposizione sul proprio server centrale.
Perché lui è furbo, mica si fa fregare da Facebook o Google.
Per le cose importanti poi lui si affida a Yahoo, Twitter, LinkedIn, ecc., ecc. mica a Facebook e Google.

Perché lui è furbo. Mica come noi.

Saluti,

Mauro.

P.S.:
Testo pubblicato in origine (con minime variazioni) come commento all'articolo citato all'inizio.

2 commenti:

  1. Mattia Butta è un somaro perchè, se è vero che tutti regaliamo dati personali alle nostre amicizie, conoscenze e frequentazioni, praticamente a chiunque con cui abbiamo a che fare, è però altrettanto vero che costoro non sono un unico organismo che aggrega tutti questi dati, nè fanno il profilatore di mestiere, quindi paragonare questi mondi così diversi è la tipica sua sparata, di quello che sembra saperla lunga ma se ci pensi è una banalità. Non vado a spiegarglielo perchè so già come andrebbe a finire.
    Però aggiungo che non è affatto necessario usare una di quelle applicazioni per essere profilati, non serve nemmeno possedere uno smartphone: se tutti quelli intorno a te ce l'hanno, è irrilevante che tu ce l'abbia o meno. E' una specie di immunità di gregge al contrario. Dalle rubriche dei tuoi conoscenti si può sapere che esiste un numero di telefono associato a un nome, con eventuali soprannomi, e, dato che gli amici degli amici son come gli amici, si può già iniziare a farsi un'idea del soggetto, sgrossandola mano a mano che i dati aumentano, sono i cosiddetti ghost profile. Se poi il soggetto deciderà di iscriversi a una delle applicazioni menzionate, questo aggiungerà precisione all'analisi, ma nel frattempo un abbozzo di profilo, da qualche parte c'è già, e questo vale per CHIUNQUE faccia parte del mondo civilizzato.
    Il vero problema è, in futuro, cosa saranno in grado di fare algoritmi sempre più precisi o addirittura intelligenze artificiali con tutta questa immensa mole di dati: finchè li usa Zuckerberg per vendere pubblicità mirate mi può anche stare bene, ma se finiscono nelle mani sbagliate nessuno sa quali potrebbero essere le conseguenze, al confronto Orwell potrebbe essere stato un ottimista e un buontempone.

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    1. Ti dirò, io ho citato Butta perché - apprezzabili o meno che siano i contenuti - è quello che ha espresso meglio il concetto dei dati regalati nella vita reale, ma è un discorso che negli ultimi tempi ho letto da molte parti.
      Anche qui in Germania, non solo in Italia. E anche da cosidetti esperti del settore.

      L'impressione è che nessuno voglia veramente difendere Facebook ma che molti vogliano minimizzare sia la portata dell'evento in sé sia l'importanza di Facebook & co. nel mondo attuale.

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