martedì 2 ottobre 2012

Diversamente abile, ugualmente ipocrita

Da un po' di anni si parla di "diversamente abili" per parlare dei disabili. Come praticamente tutte le espressioni nate dalla moda del politicamente corretto è un'espressione assolutamente, chiaramente, esplicitamente ipocrita.

Cosa diavolo significa "diversamente abile"? Nulla, non significa altro che nulla. Il niente, il vuoto, il trionfo di Monsieur de La Palice.
Infatti... trovatemi due persone (sane o disabili è lo stesso, fate voi) tra i sette miliardi che siamo su questa Terra che abbiano le stesse identiche abilità. Trovatemele. Vi sfido.
Tutti siamo diversamente abili: io ad esempio gioco bene a pallacanestro e ho un certo talento per la matematica, tu che mi leggi magari invece sei un genio in filosofia e giochi bene a tennis. Vedi che, per quanto sanissimo, sei diversamente abile rispetto a me?

Queste cose le ho sempre pensate, ma questa splendida lettera di Franco Bomprezzi a Roberto Saviano sul sito del Corriere della Sera mi ha confermato che questi sono in realtà fatti, non mie opinioni.
Grazie Franco.

Saluti,

Mauro.

2 commenti:

  1. Grande Mauro! Sottoscrivo in pieno! Basta con questa ipocrisia!
    Non è usando questi termini idioti che faremo sentire le persone disabili meno disagiate

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  2. Anzi, le danneggiamo perché cancellando a parole la loro disabilità sarà poi più facile chiudere gli occhi su di essa.

    L'esempio migliore di queste ipocrisie (e di quello che pensano veramente i disabili) ce lo forniscono i ciechi, che oggi per legge dovremmo chiamare non vedenti.
    Anche se le leggi ormai citano solo "non vedenti", la loro associazione continua a chiamarsi "Unione Italiani Ciechi". E si incazzano (giustamente) se gli proponi di sostituire quel "ciechi" con "non vedenti".

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