martedì 31 luglio 2012

Taranto, regno di Danimarca

Sui problemi dell'ILVA di Taranto ognuno può avere l'opinone che vuole: bisogna dare priorità al lavoro oppure all'ambiente oppure trovare una via di mezzo.
Se espresse onestamente e senza demonizzazioni degli avversari sono tutte posizioni legittime (anche se io, da figlio di un operaio dell'Italsider - poi ILVA - di Genova, ho comunque un occhio di riguardo per la posizione "lavoro").

Però, comunque la si pensi, fa impressione che alle Olimpiadi del problema dell'ILVA di Taranto ne parli un atleta danese e non uno italiano.

Saluti,

Mauro.

2 commenti:

  1. io sarei per la via di mezzo... mi chiedo come mai ci si metta tanto tempo per affrontare le cose e si debba finire con la chiusura. ma davvero non si poteva mettere in regola la fabbrica secondo le normative un po' prima? è davvero impossibile migliorare gli aspetti tecnici avendo un occhio di riguardo all'ambiente e conservando i posti di lavoro? forse non ne so abbastanza, ma a me sembra che queste situazioni capitino solo da noi.

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  2. La via di mezzo è possibile e sono d'accordo con te dovrebbe essere la prima opzione (sinceremente non proprio in ogni caso, comunque in molti).
    Che la via dimezzo sia la più costosa è quasi sempre vero, ma purtroppo il problema è ideologico, non economico.
    La maggioranza delle grandi fabbriche che hanno questi problemi sono nate quando le regole erano più lassiste, quindi quando sono nate erano perfettamente in regola.
    Quindi, mentre è relativamente facile (se lo vuoi) imporre a una fabbrica nuova di venire costruita secondo le regole, pone invece vari problemi imporre a una fabbrica già esistente e funzionante di adeguarsi, visto che bisogna tenere conto dei rischi di interruzione della produzione con ricadute evidenti su ricavi e occupazione, ma dell'impatto che ciò avrebbe sull'attività dell'indotto, dei clienti, dei fornitori.

    Però, se sia la dirigenza della fabbrica che le autorità politiche e giudiziarie mostrano intelligenza e disponibilità a collaborare, si può fare.
    Si può fare SEMPRE.

    Qui però entrano in campo i fattori ideologici.
    Ti racconto in breve la storia dell'altra ILVA, quella di Genova, quella dove ha lavorato mio padre.
    Le contestazioni per l'inquinamento a Genova sono arrivate prima che a Taranto e sono arrivate quando l'azienda sì inquinava, ma a livello legale era in regola.
    Fin qui nulla da dire (ci sarebbe comunque molto da dire su come queste proteste sono nate e su chi le ha sovvenzionate, ma qui richiederebbe troppo spazio): se l'inquinamento è pericoloso va combattuto, punto.
    L'azienda, sia prima che dopo la promulgazione di leggi più restrittive sull'inquinamento, ha messo in pratica azioni per ridurre l'inquinamento. E lo ha fatto, che si creda o no, seriamente e con successo.
    Il problema è che per le associazioni ambientaliste varie l'unica fabbrica in regola, l'unica fabbrica accettabile, è la fabbrica chiusa e quindi tanto hanno fatto che son riusciti a far chiudere tutti i reparti a caldo (anche quando erano in regola e l'inquinamento si era ridotto in maniera veramente incredibile).
    Sono rimasti solo i cosiddetti reparti a freddo.
    Che ora dovranno chiudere anche loro perché non possono lavorare senza il materiale che gli arriva da Taranto :-(

    Saluti,

    Mauro.

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