martedì 2 febbraio 2010

Il tetto della Gelmini

Da quando c'è la Gelmini per l'istruzione in Italia non c'è più speranza... credevamo ormai di aver toccato il fondo con tutto quello che avevamo passato dalla Falcucci in poi... invece la Gelmini è arrivata per ricordarci che quando si tocca il fondo si può sempre cominciare a scavare.

Prendiamo come esempio il tetto ai bambini stranieri nelle scuole: in ogni classe non potrà esserci più del 30% di alunni non italiani.

A parte il fatto che un tetto rigido stabilito per legge è un'assurdità... i presidi delle singole scuole sanno meglio di ogni ministro o presunto tale quale è la soluzione migliore da adottare nella propria scuola per conciliare integrazione e svolgimento del programma, quanto ha dichiarato la Gelmini successivamente è anche peggio...

La Gelmini ha dichiarato che da questo tetto sono esclusi i bambini stranieri nati in Italia.
Potrebbe quasi sembrare logico, se non fosse che è assurdo (e comunque nella circolare inviata alle scuole non mi risulta sia citata questa esclusione dei nati in Italia).

Assurdo per vari motivi.

Per prima cosa, sia a livello linguistico che in ogni altra questione, mi piacerebbe sapere in cosa un bambino nato in Italia da genitori, per esempio, nigeriani sarebbe avvantaggiato rispetto a un bambino nigeriano portato in Italia dai genitori poche settimane dopo la nascita.
Eppure il ministro una differenza la vede... ce la spiegasse anche, sarebbe utile.
Tra le altre cose molti bambini nascono al di fuori dell'Italia solo perché i genitori, magari in Italia da anni o decenni, hanno il desiderio che i figli nascano nella stessa città o regione dove sono nati loro... quindi tornano i patria poco prima del parto e ritornano in Italia poco dopo.

Seconda cosa, sarebbe utile un po' di pragmatismo: la tua paura è che bambini stranieri con difficoltà nell'uso dell'italiano possano rallentare lo svolgimento del programma? (Inciso: Siamo proprio sicuri però che i bambini italiani questa competenza linguistica ce l'abbiano? Io stenderei un velo pietoso).
Tornando al punto, se la paura è questa, non è che in una classe di 20 scolari faccia molta differenza al proposito la presenza di 6 stranieri invece che di 4 o di 8.
Quindi, la soluzione deve essere necessariamente un'altra... cioè intervenire prima. Per quanto forse poco democratico una soluzione potrebbe essere l'obbligo di frequentare la scuola materna per i bambini stranieri.

E veniamo al punto che a me interessa di più: giusto o sbagliato che sia questo tetto del 30%, lo scopo ufficiale è quello di favorire l'integrazione (lo scopo reale è in realtà esattamente l'opposto, ma questo sarebbe un discorso troppo lungo).
Io vivo all'estero (in Germania) e osservo ogni giorno la comunità italiana dove vivo e vedo dove stanno le difficoltà maggiori.
E le difficoltà maggiori le ha proprio la seconda generazione, cioè quella dei figli degli emigrati nati qui. Cioè quelli che in Italia, secondo la Gelmini, invece non avrebbero difficoltà.

Perché è la seconda generazione ad avere i maggiori problemi? In realtà non servirebbe neanche osservare le comunità degli emigrati/immigrati per capirlo, basterebbe fermarsi pochi secondi e ragionare.
La prima generazione, cioè quella di coloro che si trasferiscono in un paese straniero, magari non si integra, però generalmente sente ancora forte il legame con le origini. Questa generazione è straniera ma generalmente non spaesata, sente di appartenere a qualcosa, anche se questo qualcosa ora è lontano.
La terza generazione (e le successive) ormai è parte della nuova società, della nuova cultura. È una perdita culturale che non ci siano più forti legami con le origini, ma generalmente gli appartenenti a questa generazione non sono più spaesati (anche se in modo opposto rispetto ai loro nonni) e neanche più stranieri.

In mezzo cosa rimane? La seconda generazione, quella che non è di casa nel paese di origine in quanto lo conosce solo come meta delle vacanze, ma non è neanche di casa nel nuovo paese perché i genitori la hanno cresciuta (all'interno di casa) come fossero ancora nel paese di provenienza.

Quindi rimane una generazione non solo straniera, ma spesso anche spaesata.

Saluti,

Mauro.

3 commenti:

  1. Mauro, l'argomento, vissuto dall'interno e sulle barricate come lo vivo io, è davvero molto complesso e ricco di sfumature: difficile quindi sintetizzare in un commento il mio punto di vista. Dall'anno scorso sono stata chiamata ad occuparmi direttamente di integrazione e d intercultura e ciò mi ha portato a dover elaborare concrete strategie (nell'ambito dei paletti ministerialmente o finanziariamente imposti)per trovare soluzioni a problemi che apparivano davvero gravi (se sei interessato, uno di questi giorni ti giro in mail il progetto).
    La soluzione perfetta, giusta per tutti, in effetti non c'è. Quello che deve esserci è comunque l'inclusione e l'ascolto.
    Sulle seconde generazioni, per quanto posso vedere, mi pare di poter essere meno pessimista. Ti linko un articolo che riporta i risultati di un importante studio dell'UniPadova: http://www.repubblica.it/2007/03/sezioni/cronaca/immigrazione/giovani-immigrati/giovani-immigrati.html
    Ne riparliamo, se ti va :-)

    A.

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  2. Combinazione, ho appena letto questo articolo, tenero e commovente:

    http://www.repubblica.it/cronaca/2010/02/03/news/mi_ha_offesa_ci_sono_abituata-2179094/

    A.

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  3. Carissima, grazie di aver raccolto il mio invito ;-)

    Mi leggo con calma gli articoli che segnali e poi ne riparliamo.

    Ciao,

    Mauro.

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