mercoledì 21 giugno 2006

Conformismo, patriottismo e nazionalismo

In questi giorni siamo completamente circondati dal calcio, "grazie" al Mondiale che si sta svolgendo qui, in terra di Germania.

No, non mi riferisco alle partite (da quando il calcio si è trasformato in industria, anche senza i mondiali siamo pieni di partite) e nemmeno alle interminabili e inutili trasmissioni televisive (ormai ci sono 12 mesi all'anno e anche senza calcio non è che le trasmissioni siano meno interminabili e inutili oggigiorno).

No, mi riferisco a questo tripudio di bandiere che ci circonda. Qui in Germania siamo sommersi a ogni angolo da nero-rosso-giallo (e nei quartieri con molti immigrati dal verde-bianco-rosso italiano o dal blu-bianco-rosso croato o altro ancora, manca solo il bianco-rosso turco, ma solo perché la Turchia non si è qualificata).
E dai racconti e dalle immagini che mi arrivano dagli altri paesi, vedo che la situazione è simile dappertutto (in Germania forse un po' più esasperata in quanto paese ospitante).
E dopo ogni vittoria i caroselli di auto imbandierate a Milano come a Lione, a Zurigo come a Manchester, a Yokohama come a Curitiba.

E intorno a questo tripudio di bandiere e di amor patrio si sviluppano "dotte" discussioni di sociologi e filosofi da salotto che cercano di capire se si tratti del tanto amato patriottismo o del tanto vituperato nazionalismo.

Magari fosse così!
Il patriottismo è un sentimento a mio parere positivo. Il nazionalismo è un sentimento negativo, ma pur sempre un sentimento. Se si prova l'uno o l'altro, si dimostra almeno di avere un cuore (collegato o no che sia al cervello).

Ma questo tripudio di bandiere che si verifica solo ogni quattro anni è in realtà il trionfo del conformismo.
Gente che neanche conosce i colori della propria bandiera (e talvolta neanche il nome ufficiale della propria patria: quanti sanno che l'Italia è in realtà Repubblica Italiana oppure che la Germania è in realtà Repubblica Federale Tedesca?) corre a comprarne una ogni volta che cominciano i mondiali di calcio.

E perché? Perché stampa e TV si mettono a urlare in continuazione: "Tu sei tedesco!", "Tu sei italiano!", "Tu sei spagnolo!", eccetera.
E soprattutto perché le pubblicità si vestono di quei colori. È la pubblicità a "ordinare" di diventare patriottici e/o nazionalisti.

No, signori miei, intorno a me non vedo nè patriottismo nè nazionalismo, ma solo conformismo e cervelli guidati dalla pubblicità.

Saluti,

Mauro.

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